Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Galli e Tiradritti: dieci anni di scoperte archeologiche in Egitto

Ultimo Aggiornamento: 20/05/2009 13:32
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20/05/2009 10:49
 
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Sabato scorso, alla Fiera del Libro di Torino, il giornalista Maurizio Assalto ha condotto l'incontro con gli archeologi Paolo Gallo e Francesco Tiradritti che aveva per tema "dieci anni di scoperte archeologiche italiane in Egitto".
Ha esordito Paolo Gallo, spiegando il motivo della scelta di siti “fuori mano”, ovvero lontani dal Nilo e quindi meno noti. Si tratta di zone a rischio, spesso oggetto di soprusi perché non sottoposte alla tutela dell'Autorità Suprema per gli scavi e la conservazione dei beni archeologici.
Appartengono a un Egitto “border line”, dove anticamente il paese dei faraoni incontrava e non di rado si scontrava con i vicini. Due di questi confini sono rappresentati dal mar Mediterraneo e dalla Libia. Nel primo caso Gallo ha scavato sull'Isola di Nelson (dal nome del celebre comandante della flotta inglese che in quelle acque sconfisse la flotta del generale Bonaparte), nel secondo invece si è occupato dello scavo del sito di El Bahrein a 130 chilometri dal confine libico.
L'oasi era tappa di intensi traffici carovanieri, mentre oggi è completamente disabitata. Gallo ha ricordato che per lui e la sua equipe è stata l'esperienza più difficile dal punto di vista fisico e logistico, basti pensare che hanno dovuto portare con loro ventimila litri di acqua per dissetarsi nei due mesi della campagna di scavi. "Detesto il deserto" si è lasciato sfuggire, forse non del tutto sinceramente. Si è però soffermato anche sulle difficoltà incontrate prima di scavare.
Sfiancati dalla compilazione dei documenti amministrativi e dalla ricerca dei fondi, gli archeologi sono già stanchi ancora prima di iniziare il lavoro per cui hanno studiato e continuano a farlo. Eppure non mancano le soddisfazioni e Gallo non ha saputo nascondere l'orgoglio (“perdonatemi la fanciullezza, chiede al pubblico in sala) per la musealizzazione dei pezzi portati via da El Bahrein; lasciarli in loco sarebbe stato impossibile perché il deserto li avrebbe inghiottiti di nuovo sotto la sua sabbia.
Tra le scoperte più interessanti si è soffermato sulla "propaganda" di un faraone libico che ebbe la bella idea di esaltare la propria autorità ricorrendo a tre cartigli di fila: una vera e propria spacconata, dato che nel linguaggio ufficiale egiziano i cartigli erano solo due.

Da parte sua Francesco Tiradritti ha illustrato in breve la genesi dei suoi scavi a Luxor, iniziati nel 1995, durante i quali è tornato alla luce il complesso funerario di Harwa e Akhimenru. Maurizio Assalto ha scherzato sull'identificazione dell'archeologo (peraltro curatore della mostra su Akhenaton ancora in corso a Palazzo Bricherasio a Torino; qui potete leggere la recensione della precedente tappa a Ginevra) con Luxor, svelando che Tiradritti ha soggiornato a Torino proprio in un hotel con quel nome.
Tiradritti ha ammesso di essere un po' “viziatello” rispetto al collega: in mezzo al deserto ha potuto infatti contare sul collegamento internet Adsl e su altre comodità impensabili per l'equipe di Gallo. Ma chi era Harwa, il proprietario dell'immensa sepoltura che lui ha scavato? Era un importante funzionario regio vissuto nel VII secolo a.C. e gestiva le risorse economiche di Luxor.
La sua tomba è grande quanto un campo di calcio. Scavarla e restaurarla ha significato prima di tutto rimuovere lo strato di guano di pipistrello che ricopriva tutto: non è stata un'operazione semplice e ha provocato negli scavatori fastidiosi problemi alle vie respiratorie. Gli architetti egizi realizzarono per il funzionario un complesso monumento la cui pianta si dipana come un percorso (chiamato da Tiradritti il cammino di Harwa) che va dalla vita alla morte e poi alla rinascita.
Uno dei pannelli più belli e significativi raffigura Harwa, ormai vecchio, condotto dal dio Anubi. Particolare è la resa della stretta della mano del dio, esempio del cosiddetto rinascimento artistico egiziano che imita il passato rinnovandolo. Molto bella è anche la scena di danza nella quale gli artisti sono riusciti con un rilievo di appena 2 millimetri a rendere in modo perfetto la tensione muscolare dei ballerini.

Gli archeologi hanno trovato anche testimonianze della presenza nel sito di soldati inglesi e italiani durante la seconda guerra mondiale (qui Tiradritti ha mostrato una diapositiva con la confezione dei biscotti Me ne frego della Lazzaroni, forniti in dotazione all'esercito) e un graffito con la firma di Rimbaud.
Affrontando infine lo scavo sull'Isola di Nelson, nella baia di Abukir, Gallo ha prima messo in evidenza il fatto che anticamente non si trattava di un'isola.

La necropoli sorgeva infatti sulla terra ferma. Ha poi scherzato dicendo che la gente allora viveva a Canòpo ed Herakleion "da Goddio" per poi venire a morire da lui, riferendosi agli scavi che il francese Franck Goddio conduce ormai da anni nei due siti sommersi, al centro della splendida mostra in corso a Venaria Reale (qui potete leggerne la recensione).

Foto e filmati: www.alibionline.it/biblioteca/1200-gallo-e-tiradritti-dieci-anni-di-scoperte-archeologiche-in-egi...

(Fonte: Alibi online)
[Modificato da -francis- 20/05/2009 10:56]
20/05/2009 13:32
 
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grazie per questa recensione; è molto interessante!
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