Canone dei Re in revisione | Ultimo Aggiornamento: 01/04/2015 15:16 |
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20/02/2009 12:33 | |
A beneficio del nostro archivio, riporto l'articolo, tratto dal sito de "La Stampa" in versione integrale:
Un papiro di tremila anni fa, due inviati del British Museum, una riunione concitata di esperti durata un paio di giorni al Museo Egizio di Torino, per individuare i pezzi mancanti di un puzzle storico. E alla fine la soluzione, trovata molto più vicino di quanto non si pensasse: era da anni dimenticata nei sotterranei dell’edificio.
Sembra davvero un affascinante giallo archeologico la scoperta fatta sul «Canone Reale», il più importante documento che elenca le dinastie egizie: tutti gli indizi raccolti ci portano a pensare che i pezzi del reperto sono fuori posto, la cronologia è in buona parte sbagliata e all’elenco che conosciamo potremo aggiungere nomi di faraoni mai sentiti prima.
Il direttore del British Museum, Nial Mac Gregor, aveva annunciato la scorsa estate, durante un ricevimento all’Ambasciata italiana di Londra, di voler mettere a disposizione i suoi migliori esperti per il restauro del più importante documento conservato al Museo Egizio torinese. Conosciuto anche come il «Papiro di Torino», il reperto è talmente malridotto da risultare davvero poco interessante per i visitatori, che passano rapidamente oltre. Ma è così rilevante per la storia egizia che tutti i principali studiosi, da Champollion a Lepsius, da Ibscher a Gardiner, hanno trascorso giorni al museo di Torino per cercare di venirne a capo.
Se Bernardino Drovetti fosse stato un poco più attento quando lo scoprì intatto a Tebe nel 1822, ora gli studiosi dell’antico Egitto non avrebbero tutti questi problemi. Ma il diplomatico piemontese gettò irresponsabilmente il papiro in un baule assieme a tutti gli altri, e quando disfece i bagagli a Torino il documento era ridotto a un penoso cumulo di frammenti. Ci è voluto più di un secolo per rimetterli insieme in un ordine che sembrasse sensato e quella che vediamo adesso è la ricostruzione fatta dall’egittologo Giulio Farina, che sigillò i resti del documento tra due lastre di vetro nel 1938. Finora, nessuno aveva osato mettere in discussione il riposizionamento dei frammenti e la cronologia dei faraoni e delle dinastie che ne risultava. Ma quando l’inviato del British Museum Richard Parkinson, accompagnato dalla collega Bridget Leach (una delle tre persone al mondo che sa restaurare un papiro) è arrivato lunedì scorso a Torino, ha posto la domanda che ha cambiato tutto: «Potete farmi vedere i frammenti mancanti?». Intorno al tavolo della sala riunioni del Museo Egizio molti non hanno nascosto il loro stupore: se era evidente a tutti che molti frammenti mancavano, nessuno pensava che fossero stati conservati e che fosse ancora possibile trovarli da qualche parte.
È stato sfogliando il volume Royal Canon of Turin, scritto da Alan Henderson Gardiner nel 1959 per l’Oxford Griffith Institute e custodito nella biblioteca del museo, che si è trovata una prima conferma dell’esistenza dei pezzi mancanti del puzzle: alla Tavola IX, lo studioso inglese aveva minuziosamente riprodotto alcuni frammenti che non erano stati inseriti da Farina nella ricostruzione finale, forse perché non combaciavano con i vicini. Gardiner è stato uno dei più eminenti egittologi del XX secolo. Non era simpatico a Howard Carter, lo scopritore della tomba di Tutankhamon («Più lo conosco e meno mi piace»), ma sapeva il fatto suo e la grammatica egizia che scrisse è ancora indispensabile a chi vuole imparare i geroglifici.
Dopo ore di discussioni è stata Elvira D’Amicone, egittologa del ministero, ad avere l’intuizione giusta: se il papiro era arrivato in frammenti al museo, le parti mancanti non dovevano essere troppo lontane. Forse bisognava cercarle nei sotterranei, in quel misterioso magazzino che custodisce abbastanza reperti da allestirci un altro museo, il giorno che ci saranno i soldi per occuparsene seriamente. E infatti erano lì, dimenticati da più di mezzo secolo in un armadio: una mano pietosa ne aveva persino inseriti alcuni tra due lastre di vetro, perché si conservassero senza danni. Ma prima di studiarli c’era un altro ostacolo da superare. Secondo la legge, ogni reperto non appartiene al museo che lo custodisce, ma allo Stato italiano e niente si sposta senza un timbro e una autorizzazione. Informata dell’importanza della scoperta, la sovrintendente alle Antichità Giovanna Maria Bacci ha però subito concesso tutti i visti necessari ad un primo esame.
Ieri mattina il «Papiro di Torino» era su un tavolo del laboratorio all’ultimo piano del museo, di fianco a una mummia in attesa di restauri, e il professor Parkinson lo guardava come ne fosse innamorato. «Grazie a questa scoperta - spiegava - possiamo dire che la ricostruzione fatta da Farina è sbagliata. I pezzi andranno ricollocati in un modo diverso, utilizzando anche le tecnologie delle quali disponiamo a Londra. Siamo in grado di fare un lavoro migliore di quello che era possibile più di 70 anni fa». Bridget Leach osserva le fibre con occhiali dotati di lenti di ingrandimento e già immagina gli interventi da fare: «Il papiro è stato restaurato nell’antichità. Vede questi fili di seta? C’è colla di origine animale, che può fare molti danni». Eleni Vassilika, la direttrice del museo, è raggiante: «È una scoperta importantissima. È possibile che si debbano rivedere le date delle dinastie e aggiungere nomi di faraoni». Se ci saranno tutte le autorizzazioni, se nessuno si opporrà, se non nasceranno polemiche, il papiro dovrà ora essere portato a Londra, dove resterà per mesi. Al suo ritorno sarà completamente diverso. E bisognerà riscrivere molti libri di storia egizia.
Un documento storico finito in mille pezzi
Il «Papiro di Torino» è uno dei pochi documenti esistenti che elencano le dinastie dei faraoni egizi e ha una rilevante importanza storica. È stato scritto durante il regno di Ramesse II (1297-1213 a. C.) sul retro di un papiro già usato. Ritrovato intatto a Tebe da Bernardino Drovetti all’inizio dell’800, si è frammentato in centinaia di pezzi durante il trasporto in Italia ed è stato faticosamente ricostruito solo in parte.
L’elenco dei faraoni coincide parzialmente con analoghe liste di sovrani, come quella scritta dallo storico Manetone in epoca ellenistica o quelle rinvenute ad Abydos o a Saqqara. L’importanza del papiro custodito al Museo Egizio di Torino risiede però nel modo neutrale con il quale le dinastie sono riportate. A differenza degli altri elenchi, questo non è stato fatto per celebrare un particolare faraone rispetto agli altri, ma riporta i nomi di tutti i sovrani, anche di quelli poco importanti o considerati «usurpatori».
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| | | OFFLINE | | Post: 7.073 Post: 6.865 | Registrato il: 12/02/2006 | Colei/Colui che siede alla destra della Sacerdotessa | Capo del Tesoro | - ShemsetRa - Architetto Reale | |
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20/02/2009 15:07 | |
Hatshepsut76, 19/02/2009 23.24:
Beh, se fosse stato lui sarebbe stato molto previdente... e avrebbe fatto un lavoro senza dubbio encomiabile....
Sì Hat, effettivamente lui era uno contro corrente, non mi meraviglierei se fosse stato davvero lui, anche se visse in un'altra epoca, era molto sensibile a certi argomenti
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| | | OFFLINE | | Post: 2.316 Post: 1.739 | Registrato il: 22/05/2007 | EgiTToPhiLo/a | Scriba | |
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20/02/2009 16:11 | |
Mi sapete spiegare l’ultima frase dell’articolo:
L’elenco dei faraoni coincide parzialmente con analoghe liste di sovrani, come quella scritta dallo storico Manetone in epoca ellenistica o quelle rinvenute ad Abydos o a Saqqara. L’importanza del papiro custodito al Museo Egizio di Torino risiede però nel modo neutrale con il quale le dinastie sono riportate. A differenza degli altri elenchi, questo non è stato fatto per celebrare un particolare faraone rispetto agli altri, ma riporta i nomi di tutti i sovrani, anche di quelli poco importanti o considerati «usurpatori».
Non vedo quale sovrano abbia voluto celebrare l’opera di Manetone e perché si vogliano considerare dei semplici elenchi di sovrani celebrativi del faraone che commissionò l’opera.
E’ pur vero inoltre che nella tavola di Abydos fatta incidere da Sethy I mancano Hatshepsut e i faraoni del periodo eretico (Akhenaton, Smenkhkara e Ay), ma il papiro di Torino, almeno nell’attuale decodifica, trascura completamente la XVIII dinastia.
Il papiro di Torino, così come Manetone, riporta un numero esagerato di sovrani della XIII-XIV e XV dinastia, fatto che ha creato non pochi problemi agli studiosi della cronologia egizia.
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| | | OFFLINE | | Post: 7.073 Post: 6.865 | Registrato il: 12/02/2006 | Colei/Colui che siede alla destra della Sacerdotessa | Capo del Tesoro | - ShemsetRa - Architetto Reale | |
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20/02/2009 16:26 | |
Secondo me l'unico vantaggio della lista contenuta nel Canone Regio rispetto a quella fornita da Manetone è che quella torinese è più vecchia.
Ovviamente contiene meno dati rispetto a quella posteriore, ma alcuni indizi più antichi risultano meno "maneggiati" perché più vicini nel tempo alla fonte.
Per il resto è chiaro che qualche correzione di tipo critico può darsi sussista nell'una e nell'altra. |
| | | OFFLINE | | Post: 41.058 Post: 22.720 | Registrato il: 24/08/2005 | Sacerdotessa di ATON | Thiatj | - ḥtm mr r ry.t '3.t wts rn n ՚ḫ n itn, S3t n m3't - | |
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20/02/2009 16:54 | |
Non possiamo, infatti, affermare con certezza che la XVIII dinastia sia stata trascurata.
L'inizio e la fine del papiro risultano attualmente mancanti, ma alla luce dei nuovi fatti, qui esposti, non possiamo escludere che la sua ricostruzione restituisca dati relativi alla XVIII dinastia.
Con la frase evidenziata da Antonio, credo si intenda riferire che, al contrario delle liste note, come quella di Seti I ad Abido, il Canone Regio non avesse alcun fine politico o una rilevanza particolare, non essendo stato stilato con il preciso intento di celebrare un sovrano.
Anzi, proprio il fatto che sia da considerarsi una mera lista di nomi di Re, utilizzata come esercizio per gli scribi (unica giustificazione al fatto che sia stato trovato sul retro di un papiro recante dati di altra natura), lo rende unico nel suo genere, e quanto mai obbiettivo, e lascia sperare che possa contenere (come di fatto è dimostrato per i sovrani Hyksos) i nominativi di tutti i sovrani che si sono avvicendati sul trono d'Egitto fino all'epoca di Ramesse II, senza censure di sorta. [Modificato da -Kiya- 20/02/2009 16:55] |
| | | OFFLINE | | Post: 4.090 Post: 4.089 | Registrato il: 04/04/2007 | | Scriba Reale | La Divina Cantatrice - HdjetmeMaat MerytAton Sitenjterw - | |
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22/02/2009 08:50 | |
La notizia divulgata da La Stampa ha provocato un grandissimo interesse ma purtroppo leggo che si sta portando dietro una serie di critiche, peraltro forse non infondate, sul nostro museo, in campo internazionale. Sospetti e disappunto per una cattiva gestione e attenzione ai preziosi reperti. Probabilmente, alla luce dei fatti,dovremmo augurarci che la branca dell'archeologia si arricchisca di un'altra specializzazione molto delicata, cioè "gli scavi" con palette e pennelli nei magazzini disordinati di tutti i musei del mondo.
Non mi sento di criticare chi nutre sospetti di sottrazioni quando l'incuria e la distrazione sono così evidenti......pare infatti che la presenza dei frammenti non fosse poi tanto un segreto museale. [Modificato da roberta.maat 22/02/2009 08:54] |
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22/02/2009 11:48 | |
.pare infatti che la presenza dei frammenti non fosse poi tanto un segreto museale.
Questo è ancora più grave perchè dimostra quanta poca importanza abbiano dato i curatori (o altri esperti) del museo a questo prezioso documento...
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22/02/2009 14:05 | |
Ci sono questioni di un certo peso che, inevitabilmente, verranno a galla, a carico delle gestioni museali.
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| | | OFFLINE | | Post: 7.597 Post: 2.478 | Registrato il: 12/01/2008 | | Scriba Reale | = Useret mes en Ra, Sepet em-bah Aton =
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02/03/2009 15:26 | |
Il direttore del British Museum, Nial Mac Gregor, aveva annunciato la scorsa estate, durante un ricevimento all’Ambasciata italiana di Londra, di voler mettere a disposizione i suoi migliori esperti per il restauro del più importante documento conservato al Museo Egizio torinese. Conosciuto anche come il «Papiro di Torino», il reperto è talmente malridotto da risultare davvero poco interessante per i visitatori, che passano rapidamente oltre. Ma è così rilevante per la storia egizia che tutti i principali studiosi, da Champollion a Lepsius, da Ibscher a Gardiner, hanno trascorso giorni al museo di Torino per cercare di venirne a capo.
Se Bernardino Drovetti fosse stato un poco più attento quando lo scoprì intatto a Tebe nel 1822, ora gli studiosi dell’antico Egitto non avrebbero tutti questi problemi. Ma il diplomatico piemontese gettò irresponsabilmente il papiro in un baule assieme a tutti gli altri, e quando disfece i bagagli a Torino il documento era ridotto a un penoso cumulo di frammenti. Ci è voluto più di un secolo per rimetterli insieme in un ordine che sembrasse sensato e quella che vediamo adesso è la ricostruzione fatta dall’egittologo Giulio Farina, che sigillò i resti del documento tra due lastre di vetro nel 1938. Finora, nessuno aveva osato mettere in discussione il riposizionamento dei frammenti e la cronologia dei faraoni e delle dinastie che ne risultava. Ma quando l’inviato del British Museum Richard Parkinson, accompagnato dalla collega Bridget Leach (una delle tre persone al mondo che sa restaurare un papiro) è arrivato lunedì scorso a Torino, ha posto la domanda che ha cambiato tutto: «Potete farmi vedere i frammenti mancanti?». Intorno al tavolo della sala riunioni del Museo Egizio molti non hanno nascosto il loro stupore: se era evidente a tutti che molti frammenti mancavano, nessuno pensava che fossero stati conservati e che fosse ancora possibile trovarli da qualche parte.
È stato sfogliando il volume Royal Canon of Turin, scritto da Alan Henderson Gardiner nel 1959 per l’Oxford Griffith Institute e custodito nella biblioteca del museo, che si è trovata una prima conferma dell’esistenza dei pezzi mancanti del puzzle: alla Tavola IX, lo studioso inglese aveva minuziosamente riprodotto alcuni frammenti che non erano stati inseriti da Farina nella ricostruzione finale, forse perché non combaciavano con i vicini. Gardiner è stato uno dei più eminenti egittologi del XX secolo. Non era simpatico a Howard Carter, lo scopritore della tomba di Tutankhamon («Più lo conosco e meno mi piace»), ma sapeva il fatto suo e la grammatica egizia che scrisse è ancora indispensabile a chi vuole imparare i geroglifici.
Dopo ore di discussioni è stata Elvira D’Amicone, egittologa del ministero, ad avere l’intuizione giusta: se il papiro era arrivato in frammenti al museo, le parti mancanti non dovevano essere troppo lontane. Forse bisognava cercarle nei sotterranei, in quel misterioso magazzino che custodisce abbastanza reperti da allestirci un altro museo, il giorno che ci saranno i soldi per occuparsene seriamente. E infatti erano lì, dimenticati da più di mezzo secolo in un armadio: una mano pietosa ne aveva persino inseriti alcuni tra due lastre di vetro, perché si conservassero senza danni. Ma prima di studiarli c’era un altro ostacolo da superare. Secondo la legge, ogni reperto non appartiene al museo che lo custodisce, ma allo Stato italiano e niente si sposta senza un timbro e una autorizzazione. Informata dell’importanza della scoperta, la sovrintendente alle Antichità Giovanna Maria Bacci ha però subito concesso tutti i visti necessari ad un primo esame.
Ieri mattina il «Papiro di Torino» era su un tavolo del laboratorio all’ultimo piano del museo, di fianco a una mummia in attesa di restauri, e il professor Parkinson lo guardava come ne fosse innamorato. «Grazie a questa scoperta - spiegava - possiamo dire che la ricostruzione fatta da Farina è sbagliata. I pezzi andranno ricollocati in un modo diverso, utilizzando anche le tecnologie delle quali disponiamo a Londra. Siamo in grado di fare un lavoro migliore di quello che era possibile più di 70 anni fa». Bridget Leach osserva le fibre con occhiali dotati di lenti di ingrandimento e già immagina gli interventi da fare: «Il papiro è stato restaurato nell’antichità. Vede questi fili di seta? C’è colla di origine animale, che può fare molti danni». Eleni Vassilika, la direttrice del museo, è raggiante: «È una scoperta importantissima. È possibile che si debbano rivedere le date delle dinastie e aggiungere nomi di faraoni». Se ci saranno tutte le autorizzazioni, se nessuno si opporrà, se non nasceranno polemiche, il papiro dovrà ora essere portato a Londra, dove resterà per mesi. Al suo ritorno sarà completamente diverso. E bisognerà riscrivere molti libri di storia egizia.
Un documento storico finito in mille pezzi
Il «Papiro di Torino» è uno dei pochi documenti esistenti che elencano le dinastie dei faraoni egizi e ha una rilevante importanza storica. È stato scritto durante il regno di Ramesse II (1297-1213 a. C.) sul retro di un papiro già usato. Ritrovato intatto a Tebe da Bernardino Drovetti all’inizio dell’800, si è frammentato in centinaia di pezzi durante il trasporto in Italia ed è stato faticosamente ricostruito solo in parte.
L’elenco dei faraoni coincide parzialmente con analoghe liste di sovrani, come quella scritta dallo storico Manetone in epoca ellenistica o quelle rinvenute ad Abydos o a Saqqara. L’importanza del papiro custodito al Museo Egizio di Torino risiede però nel modo neutrale con il quale le dinastie sono riportate. A differenza degli altri elenchi, questo non è stato fatto per celebrare un particolare faraone rispetto agli altri, ma riporta i nomi di tutti i sovrani, anche di quelli poco importanti o considerati «usurpatori |
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30/01/2015 17:39 | |
...Adesso c'è solo da aspettare che si sappia qualcosa in più, e su un'ipotetica, ma credo attendibile, revisione dei sovrani...
Questa è la frase terminale dell’intervento di Hatshepsut76 nella pagina precedente.
Il post è del “lontano” 2009, e mi sono chiesto: chissà a che punto è la revisione del “papiro reale o canone reale” di Torino ?.
Se qualcuno ha notizie, lo/la pregherei di condividerle con i lettori del forum.
Grazie …Nec
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