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Il difficile cammino dell'Archeologo

Ultimo Aggiornamento: 28/02/2008 16:53
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di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
S3t n m3't -
14/02/2008 00:21
 
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Mi sono imbattuta in una serie di articoli, scritti da Michele Tosto per una rivista online [www.rivistaonline.com], che trattano sulla professione dell'archeologo. L'autore ci cala in una realtà che, per quanto non certo inaspettata, ha del sorprendente.
Li riporto qui, a seguire, per contribuire in minima parte, affinchè gli venga data la meritata attenzione:



Chi almeno una volta nella sua vita non ha sognato di fare l'archeologo? Nell'immaginazione collettiva, infatti, l'archeologia rappresenta un mondo fatato di relitti, cimeli, ricordi, antichità, reperti e l'archeologo è una sorta di Indiana Jones che percorre stretti cunicoli e schiva intrepidamente trappole, inforca aperture segrete, scova tesori nascosti. Chissà che un tempo l'archeologia effettivamente non sia stata realmente questo: basti pensare alle imprese di Schliemann, scopritore di Troia, o a Bingham con Machu Picchu o ancora a indagini più recenti nel vicino Oriente non meno sensazionali. Eppure l'archeologia non è - fortunatamente - questo.

Oggi col termine archeologia si intendono nella pratica un milione di piccoli interventi volti non solo alla tutela del patrimonio esistente quanto soprattutto alla salvaguardia del patrimonio potenziale. Archeologia d'emergenza è l'ambito nel quale moltissimi giovani laureati in discipline archeologiche esercitano la professione per i primi anni, spesso fino a quando non decidono, stremati, di abbandonare ogni speranza e rivolgersi altrove. L'Italia vanta il patrimonio artistico e archeologico più vasto del Mondo e basterebbe questo perché una serie minuziosa di attenzioni e criteri regolamentassero questo delicato compito. Eppure - come noto - l'Italia è così incline a farsi sfuggire di mano le proprie risorse che non stupisce né fa scalpore il fatto che istituti di ricerca stranieri vengano, a proprie spese, a scavare e studiare il nostro sottosuolo.

Per i giovani laureati, invece, la strada è spesso lunga e in salita e le loro possibilità di riuscita talmente vaghe che viene lo sconforto solamente a pensarlo. I giovani Jones - spesso laureati e altamente specializzati - divengono facilissima preda di certe cooperative archeologiche (società a scopo di lucro alle quali le sovrintendenze affidano spesso la direzione dei lavori sul territorio dei municipi a rischio archeologico) che senza pietà e stima di alcuna dignità scientifica li sfruttano e condannano ad un lavoro poco qualificante e massacrante. Il lavoro di chi si trova in questa posizione solitamente consiste nell'osservazione dello svolgimento dei lavori edili e infrastrutturali di vario genere. L'orario è lo stesso di un operaio, straordinari eventuali compresi, ma ovviamente non pagati. La differenza sostanziale sta però nello stipendio: un archeologo mediamente guadagna intorno ai 40 euro giornalieri con contratti spesso fasulli (collaborazioni o progetti). Quando invece va peggio addirittura le cooperative sciacalle arrivano a chiedere al malcapitato di attivare una partita iva, nel qual caso la parcella resta identica e il guadagno si riduce vistosamente.

Il problema principale sta nel fatto che anche se il lavoro certo non manca, la richiesta è altissima. Inoltre molte cooperative insospettabili arrivano a reclutare addirittura studenti non ancora laureati (affidandogli resposabilità peraltro spropositate con accordi in nero) che gli permettono di tenere i prezzi bassi. Gli archeologi italiani, uniti in associazioni, a gran voce e da tempo chiedono una rivoluzione del settore a partire dalla costituzione di un albo professionale. Ma almeno al momento non pare esserci a livello istituzionale nessuna intenzione di regolamentare questo mercato del lavoro. La situazione pertanto resta drammatica perché ovviamente in assenza di tutele, gli archeologi restano preda di chi li immette sul campo attraverso contratti debolissimi con scadenza a uno/due mesi e rinnovo non sempre automatico e certamente mai continuativo. Una situazione insostenibile soprattutto se si pensa a quanto invece sia importante questo mestiere di cui tanto avrebbe bisogno e da cui tanto potrebbe guadagnare il nostro Paese.

...

Brevemente avevamo già accennato alla difficile condizione dell'archeologo, il quale rappresenta solamente l'ennesimo tassello nella lista dei precari italiani. Eppure fosse solamente una questione di precariato si potrebbe anche dire che tutto rispetta la norma e non ci si stupirebbe più del dovuto. Il giovane archeologo, invece, oltre al danno del lavoro precario subisce la beffa delle forme contrattuali di incerta definizione, di diritti calpestati o inesistenti, di orari di lavoro massacranti, e - più d'ogni altra cosa - il disprezzo da parte di chi gli sta sopra di ogni forma di dignità scientifica per le mansioni da lui svolte. Ci siamo per questo appassionati alla vicenda degli archeologi italiani, rappresentanti perfetti di un non tanto celato malcostume che caratterizza i beni culturali di questa nazione.

Vogliamo quindi raccontare attravero alcune puntate la vita che un archeologo fa, il suo modo di rapportarsi ad una società che non solo si prende gioco della sua professionalità ma che spesso senza remore offende e sgretola l'intero patrimonio archeologico e artistico del Paese più ricco del mondo - almeno e per il momento - da questo punto di vista.

Seguire la strada dell'archeologia in Italia non è cosa facile, ma nemmeno impossibile come tende a credere l'opinione comune. L'unica strada è ovviamente costituita dall'Università. Il cammino inizia attraverso le Facoltà di Lettere, molte delle quali offrono la possibilità di seguire indirizzi archeologici che a seguito della riforma degli ordinamenti universitari del 1999 si sono concretizzati in veri e propri corsi di laurea a se stanti (classi di laurea 13 e 2/S in beni culturali). Inutile dire che chi intende seguire questo campo se ne fa ben poco di una laurea triennale e che molto spesso anche la specialistica appare limitante. Questo è un campo, infatti, all'interno del quale sovente domina la iper qualificazione che si materializza attraverso scuole di specializzazione, master e dottorati.

Ad ogni modo, al giovani apprendista Indiana Jones, all'Università viene data la possibilità di cimentarsi in numerose discipline archeologiche, che vanno dall'archeologia classica alla medievale, dall'epigrafia alla numismatica. Accanto a queste attività di tipo teorico molte Facoltà ne offrono numerose di tipo pratico: non solo laboratori ma anche e soprattutto veri e propri scavi archeologici. Esemplari i casi della Sapienza di Roma con i cantieri di scavo (unici al mondo) direttamente nel cuore di Roma antica, al Palatino e ai Fori. La carriera di ogni archeologo a questo punto sembrerà risplendere di una luce limpida e la passione scoppiare.

Ben presto però la realtà rivelerà la propria faccia, più ruvida del previsto. Al giovane laureato, infatti, si prospetterà una carriera non sempre florida ma piuttosto oscura. Appena fuori dall'ambiete universitario il mondo del lavoro non sarà per niente facile e accogliente. Se tutto va per il meglio troverà immediato impiego come assistente archeologo, presso una cooperativa operante nel settore dell'archeologia d'emergenza. La sua mansione consisterà nel seguire il cantiere affidatogli, supervisionando il corretto svolgimento dei lavori di scavo (spesso si tratta di banali lavori di alloggiamento tubature o cavi in trincee poco profonde) sperando che non venga fuori nessuna evidenza archeologica. Nel caso succedesse qualcosa del genere, il suo compito sarà chiamare il superiore, comunicare l'evidenza e attendere che intervenga qualcun altro (della cooperativa o direttamente dalla soprintendenza).
La giornata di un giovane archeologo comincia la mattina presto. La sveglia è puntata intorno alle cinque e mezza, perché i cantieri iniziano alle sette e spesso, rispondendo probabilmente ad una legge di Murphy, si trovano in una posizione geografica diametralmente opposta alla residenza del giovane. Alle sette tutti in cantiere. Gli operai cominciano i lavori di scavo e l'archeologo osserva, attende, osserva, attende. In questo modo passa la mattinata che è intervallata di tanto in tanto da una foto alla trincea appena scavata, una scheda compilata. Dopo la pausa pranzo, allo stesso modo passa anche il pomeriggio fino a sera quando gli operai staccano e l'archeologo se ne torna a casa con la consapevolezza che gli eventuali straordinari non gli verrano pagati. Già, perché questi archeologi sono spesso legati ai propri aguzzini da contratti a progetto a dieci/venti giorni che non prevedono certo una retribuzione per straordinari o in caso di assenza giustificata dal lavoro.

In pratica, si tratta di contratti a progetto a breve scadenza, attraverso i quali si stabilisce con l'archeologo che osserverà e renderà conto di un determinato cantiere per la durata del contratto. Ma spesso accade che i lavori vengono bloccati per pioggia o per ragioni burocratiche e allora si va a scalare, nel senso che i giorni di assenza non sono pagati e si recuperano in seguito. Ovviamente trattandosi di contratti debolissimi, il contraente non ha il minimo supporto sia di tipo assicurativo (spesso viene chiesto agli archeologi di stipulare autonomamente una assicurazione contro gli infortuni) sia di altro genere: buoni pasto, rimborsi carburante, ecc. Ma la cosa più grave è che le cooperative, trincerandosi dietro la scusa che il committente impiega troppo per stanziare i finanziamenti, rinviano i pagamenti degli archeologi di ben sei mesi rispetto all'esecuzione degli stessi!

...

I giovani e spesso ingenui archeologi si rispondono che se riusciranno a tenere duro, al termine dei sei mesi cominceranno a vedere uno stipendio continuativo ma il periodo è ricco di insidie. Naturalmente la forma contrattuale non racchiudendo in sé alcuna certezza, fa sì che spesso il datore di lavoro faccia intercorrere alcuni giorni tra un contratto e l'altro. Eppure l'indecenza in questo campo non ha limiti. Infatti diventano spesso insopportabili le angherie di certe cooperative. Tra queste spiccano spunti di ingegno che sfiorano la truffa: il cosìdetto fondo pioggia, per esempio, che alcune cooperative istituiscono a scapito dell'archeologo e che servirà a rimborsargli eventuali giornate non lavorative appunto per pioggia. In pratica, dallo stipendio già basso viene trattenuta una parte che servirà a rimborsare le giornate di mancato lavoro a causa delle condizioni atmosferiche contrarie. E se non dovesse piovere? Semplice, il fondo resta nelle casse della cooperativa. E questo è solamente uno dei tanti stratagemmi elaborati alle spalle dei giovani archeologi.

...



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Artista del Re
14/02/2008 20:13
 
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L'articolo ti fa venire qualche dubbio [SM=x822741] ...Diciamo che ad alcuni potrebbe far passare l'idea di intrapendere gli studi archeologici...io però non sono tra quete persone [SM=g999108]
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- Waenra,
MerytWaenRa, Semenet -
14/02/2008 21:10
 
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In effetti l'articolo è molto disfattista. Per fortuna che ci sono anche casi opposti.
14/02/2008 21:34
 
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Si parla proprio di questo nell'attuale numero di ARCHEOMagazine...
18/02/2008 16:32
 
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Quando mi sono iscritta all'università, in effetti io avevo intenzione di intraprendere l'indirizzo archeologico,poi mi fu sconsigliato in quanto gli sbocchi sarebbero stati limitati solo a quello. Ho scelto l'indirizzo dei Beni Mobili e Artistici poi, perchè più ampio come campo (area medievale).L'articolo non è che incoraggi, io penso che come tutte le cose ci voglia passione e determinazione.
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- ShemsetRa -
Architetto Reale

18/02/2008 18:17
 
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C'è sempre il C E P U. [SM=g999108]
(speriamo che scritto così non venga riconosciuto!)
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- ShemsetRa -
Architetto Reale

27/02/2008 20:07
 
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Sì, l’articolo è disfattista, però è inutile piangersi addosso invocando interventi divini o statali.

Attenzione, il discorso sta prendendo una piega politica…
Il malcostume non è diffuso solo nel campo archeologico, esiste dappertutto, in tutte le discipline, investe lavoratori vecchi e giovani, ex studenti freschi di laurea, diplomati di vario tipo e giovani che hanno appena finito la scuola dell’obbligo.

Potrei annoiarvi a morte raccontandovi tante cose poco edificanti che ho visto alla facoltà di architettura dove ho studiato, ma ve le risparmio, perché tra l’altro, sono già abbastanza OT, ma l’ingresso nel mondo del lavoro devo proprio.

Studiavo ancora nel 1989, dovevo iniziare il quarto anno, ma decisi di lavorare, almeno un pochino, tanto per pagare gli studi e qualche vizio.
Le molte domande fatte presso studi di professionisti e ditte del settore ebbero infine un riscontro, così passai un periodo di prova in una S.R.L. operante nell’edilizia.

Il periodo di prova regolare credo sia di un mese, anche se in realtà dal primo disegno già il datore di lavoro può giudicare se ha trovato la persona che fa al caso suo, quindi mi dissero subito di restare e di avere pazienza finché non fosse “arrivato” il contratto.

Studente ingenua alla prima occupazione non potevo certo immaginare come dovesse “arrivare” un contratto: in treno? per posta? via fax?
Mah!

Passati i tre mesi estivi “arrivò” il contratto, ma prima di firmare, mi dissero che in quell’azienda era uso normale per il primo anno di assunzione percepire lo stipendio decurtato di una somma variabile (da 300 a 500mila lire, su circa un milione), non riscontrabile da listino, a titolo di risarcimento per compensare l’inesperienza dei primi tempi.

Allora non firmai, dissi solo che avrei chiesto ai miei genitori se accettare questa tacita clausola e mi risposero che se non avessi accettato per loro non era un problema perché avevano una lista lunghissima di persone che avevano fatto domanda di assunzione.

Però il giorno dopo, mentre io temporeggiavo ancora perché non avevo avuto il coraggio di dire ai miei familiari che razza di…, mi chiamò il capo e mi disse che per me avrebbero avuto un occhio di riguardo perché ero molto capace, e sviolinate simili, dunque firmai e ricevetti davvero lo stipendio intero dal primo mese.

Lavorai lì un anno e mezzo, lascio perdere il seguito. [SM=x822736]
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EgiTToPhiLo/a
Scriba Reale
27/02/2008 23:02
 
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Non per generalizzare, ma conoscete forse un campo in cui non si verifichino cose analoghe?Personalmente ne ho toccati con mano diversi, e dei più disparati, proprio recentemente e...tutto il mondo è paese!
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- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
S3t n m3't -
28/02/2008 09:18
 
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non tocchiamo tale tasto proprio oggi...

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- ShemsetRa -
Architetto Reale

28/02/2008 14:24
 
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Dappertutto, dappertutto [SM=x822743]
Kiya, chi non ti vuole non ti merita. [SM=x822748]
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Dedico EgiTToPhiLìa a colui che ha saputo insegnarmi che cos'è l'umiltà, senza parole, ma coi gesti e con l'esempio quotidiano.
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