Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.



 
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Omaggio a Champollion: Una passeggiata sulla stele di Rosetta

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2007 00:34
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di ATON
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20/06/2007 00:34
 
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Il 23 dicembre 1790, in piena rivoluzione a Figèac, nel dipartimento della Lot, situato nel sud ovest della Francia, nacque colui che, a tutti gli effetti, venne riconosciuto come il padre dell’odierna Egittologia: Jean-François Champollion.



Ultimogenito di una famiglia numerosa (composta da 7 fratelli), ebbe la fortuna di iniziarsi precocemente alla lettura grazie alla professione di suo padre, titolare della prima libreria di Figèac. Ciò gli permise di imparare a leggere all’età di 5 anni. Nonostante questo però i suoi risultati scolastici lasciavano un po’ a desiderare nelle materie matematiche (più tardi si fece aiutare da suo fratello per il calcolo della cronologia faraonica).
Le materie letterarie, soprattutto lo studio delle lingue antiche e orientali invece lo appassionarono a tal punto che a 11 anni leggeva Virgilio e Omero senza l’ausilio della traduzione. A 14 anni pubblicò l’opera “Remarque sur la fable des géans”, dedicata allo studio dei miti greci, e già a quell’epoca Champollion ricercava nell’antico Egitto l’etimologia dei nomi propri che si trovano nella mitologia greca. Due anni dopo decise di dedicarsi totalmente allo studio dell’Egitto antico e l’incontro con un monaco copto fu fondamentale per introdurlo allo studio di questa lingua.
In questo periodo scrisse un dizionario copto e iniziò lo studio sulla riproduzione della Stele di Rosetta. Certo Champollion non avrebbe mai immaginato che la Stele, scoperta nel 1799 ad opera di un ufficiale francese dell’esercito di Bonaparte, sarebbe divenuta quasi la sua unica ragione di vita.
Per le sue opere ottenne una cospicua serie di riconoscimenti. Questi contribuirono ad aprire la via che gli permise di raggiungere il traguardo tanto agognato: “Je veux savoir l’egyptien comme mon français”.
Champollion, nel 1822, con l’ausilio della Stele di Rosetta, o, per meglio specificare, di alcune riproduzioni della stessa (l’originale non la vide mai!), riuscì a tradurre i geroglifici e a dare un significato ben preciso a tutto quello che fino ad allora veniva interpretato come simbologia magica e religiosa. Comprese il segreto dei geroglifici, intuendo che si trattava di un sistema complesso, costituito da segni determinativi, ideografici e fonetici.



I segni incisi sulla stele, già al momento della scoperta, incuriosirono immediatamente gli ufficiali, alcuni dei quali conoscevano il greco e furono quindi in grado di decifrarne una parte.
La frase di chiusura fu quella che attirò maggiormente la loro attenzione. In chiusura, la stele, infatti, diceva: “Questo decreto sarà inciso in caratteri sacri, indigeni e greci su stele di pietra dura, che saranno erette in ogni tempio di primo, secondo e terzo ordine, accanto all’immagine del re eternamente vivente.”
Si intuì quindi immediatamente che essa poteva rappresentare la chiave di lettura per i geroglifici, che fino ad allora erano considerati un autentico mistero.
Ben presto furono fatte tre riproduzioni, ma fin dall’inizio ciò rappresentò un problema: ogni piccolo particolare doveva essere preciso come l’originale, pena l’alterazione del testo e l’impossibilità di decifrarlo. Ma i mezzi dell’epoca erano ancora limitati
Si idearono quindi nuove tecniche e le copie furono preparate con tre procedimenti diversi.
Nello stesso periodo vennero scoperte altre due stele: una a Menuf, dove era stata utilizzata come panca, e l’altra in una moschea di Nasriye, impiegata come soglia. La prima presentava un testo scritto in greco e in corsivo egizio (la parte in geroglifico probabilmente era stata tagliata); sulla seconda, come per quella di rosetta, si ritrovarono i tre testi.
Una serie di vicissitudini negative dei francesi, e infine la loro capitolazione, gli causò la perdita della stele, che passò nelle mani degli inglesi come bottino di guerra, e vi si trova tuttora.
Champollion si dedicò per anni allo studio dei geroglifici, ma il lavoro di decifrazione risultò più complesso del previsto anche a causa del cattivo stato della riproduzione su cui lavorava, sulla quale erano presenti una serie di inevitabili imperfezioni.

Je tiens l'affaire !


L’illuminazione giunse il 14 settembre 1822, quando a Champollion venne un’idea che di primo achito poteva sembrare banale: contare i segni! Quattordici righe di geroglifico corrispondono a 18 righe di testo greco. Ossia: 1419 geroglifici per 486 parole greche….Impossibile se davvero ogni geroglifico corrisponde a un’idea. Ma se invece si trattasse anche di suoni?



Partendo da questo presupposto, riuscì a decifrare il nome di Tolomeo, e, grazie all’analisi su altri documenti, sui quali compariva il nome di Cleopatra, confrontando i segni, trovò la conferma che le sue supposizioni avevano un fondamento. Scrisse così la lettre a M. Dacier, nella quale l’autore rese nota solo la scoperta di un alfabeto dei geroglifici fonetici applicato innanzi tutto ai soli monumenti egizi dell’epoca greca e romana. Ora non restava che entrare nel cuore del problema: l’egiziano vero e proprio.
Due anni dopo la lettera, Champollion pubblicò il suo Precis du systeme hiéroglyphique des anciens Egyptiens. Qui spiegò che i geroglifici esprimono sia idee, sia suoni.
A tal proposito, nulla si deve aggiungere alle parole di Champollion, il quale disse: ”La scrittura geroglifica è un sistema complesso, una scrittura nello stesso tempo figurativa, simbolica e fonetica, in uno stesso testo, in una stessa frase, direi quasi nella stessa parola.”
Ormai l’essenziale era stato detto.
Grazie al successo dei suoi studi, nel 1831 Champollion fù chiamato a ricoprire la cattedra di Archeologia appena istituita. Ma non insegnò a lungo: morì il 4 marzo 1832.
La sua Grammaire Egyptienne venne pubblicata postuma dal fratello nel 1836.
Come già accennato, ad oggi la Stele si trova al British Museum di Londra, in una nicchia, poggiata su un basamento di granito e metallo, protetta da un cordone. Intoccabile. E’ stata ripulita e in seguito a questa pulizia si è scoperto che non è di basalto nero, bensì di granito grigio con venature rosa sui bordi.
In duecento anni la stele ha lasciato l’Inghilterra una volta soltanto, per essere trasferita al Louvre di Parigi, dove è rimasta per un mese, in occasione del centocinquantesimo anniversario della lettre a M. Dacier, grazie a un intervento diretto della regina Elisabetta.
La città di Figèac, ancora oggi, benchè siano passati più di 200 anni, si presenta agli occhi dei turisti così come Champollion la conosceva: città d’arte e di storia, di concezione prevalentemente medievale e forte di una posizione altamente strategica, commercialmente parlando, ci racconta il suo tempo. Attraverso vie strette e tortuose, le stesse per le quali passeggiava Champollion, accompagna i visitatori, seducendoli con le sue architetture che, siano esse modeste o sontuose, tanto hanno da raccontare sulla loro storia e quella dei loro abitanti.
Ma c’è qualcosa che Champollion non ha potuto ammirare. Qualcosa che nonostante il suo genio, probabilmente non poteva nemmeno immaginare e che forse gli avrebbe regalato soddisfazioni alle quali ha invece dovuto rinunciare anche a causa di un destino nefasto che gli tolse la vita poco più che quarantenne. Nel 1991 Figèac, in occasione del bicentenario della nascita del ricercatore, ha commissionato a un artista americano, Joseph Kossuth, una stele da 11 x 8,5 metri, di dimensioni quindi pari a 200 volte l’originale. Ricostruita nei minimi dettagli grazie a un procedimento fotografico, la lastra ricopre una piazzetta pedonale al centro della città. Segue la pendenza naturale del terreno e i suoi tre gradini, ognuno dei quali con un’iscrizione, simboleggiano il passaggio da una scrittura all’altra.
La si può ammirare nella sua interezza da un “giardino egiziano”, dove crescono papiri, tamerici e piante officinali, oppure passeggiandoci sopra, risalendo fisicamente i tre gradini, permettendo di ripercorrere idealmente il cammino di Champollion nel suo percorso di decifrazione.



Ma i riconoscimenti della città nei confronti del genio a cui diede i natali furono già esplicitati precedentemente. Figèac ha praticamente integrato l’opera di Champollion nella vita sociale e nella cultura locale.
Non c’è da stupirsi se entrando da un ottico di Figèac accanto al classico tabellone per l’esame della vista se ne trovi un altro con caratteri geroglifici!



Già nel 1986, inoltre, venne inaugurato il Museo Champollion, situato nella casa in cui visse, ripercorre la vita e il lavoro del giovane ricercatore attraverso ritratti, che evocano momenti importanti della sua vita, come la decifrazione e il suo viaggio in Egitto; manoscritti del ricercatore e di suo fratello; edizioni originali appartenute al decifratore e proiezioni audio-visive. Al secondo piano, attorno al calco che riproduce l’amata Stele, è possibile ammirare alcune pagine della sua Grammaire.



Una esposizione permanente questa, che illustra i due temi principali della ricerca di Champollion: il mistero dei geroglifici e le credenze e i riti funerari dell’Egitto faraonico attraverso stele, basso-rilievi, statuette, papiri, mummie, sarcofagi e arredi funerari.
Un omaggio, quello di Figèac, indubbiamente all’altezza di un grande genio che, grazie ai suoi concittadini, oggi può finalmente ammirare dall’alto ciò che in vita non potè mai nemmeno accarezzare con lo sguardo.




Fonti bibliografiche:
Solè – Valbelle “La Stele di Rosetta” – ed. Pratiche per le informazioni su Champollion e la scoperta della stele;
www.ville-figeac.fr per le informazioni riguardanti la città di Figeèac
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