Quello che è più semplice e naturale è che i primi colori fossero ricavati solamente dalle pietre.
Fin dall’epoca predinastica gli Egizi si sono distinti per la loro maestria nel realizzare manufatti in pietra, come vasi, tavolette per le offerte e per il trucco, suppellettili varie, utensili..
Per le cose di uso comune certo si impiegavano materiali poveri, cioè pietre molto comuni, ma sempre più dure in rapporto all’evolversi della maestria degli artigiani, ma per gli oggetti di pregio, quindi destinati al culto, alla corte e alla gioielleria, venivano ricercati materiali sempre più singolari, innanzi tutto nel territorio dello stato, poi in quello delle zone limitrofe colonizzabili, ed infine sui mercati esteri.
Così si iniziarono a lavorare pietre dure (come il serpentino, il basalto, il granito, la malachite, la diorite) e semipreziose (come agata, lapislazzuli e corniola).
La lavorazione ovviamente produce materiali di risulta, che possono venire raccolti e reimpiegati (lo sapete che ancora adesso gli orafi di Valenza Po hanno dei banchi da lavoro lisci lisci e con spondine per poter recuperare tutta la polvere d’oro risultante dalla limatura dei gioielli?), in particolare le polveri colorate: si prestano ad essere impastate, con olio, acqua o resine, e possono essere usate per colorare qualcosa (non stoffe), per truccarsi o (udite udite che grande invenzione!) per dipingere.