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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Il mercato: luogo di scambi

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2005 21:29
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31/08/2005 20:47
 
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In Egitto, i mercati erano fondamentali per la vita quotidiana. Uomini e donne di ogni ceto sociale li frequentavano per barattare le merci più svariate. Nelle grandi città, erano dislocati soprattutto in prossimità del porto e costituivano uno scenario vivace e colorato. Nelle pitture murali delle tombe spesso sono raffigurati i prodotti che venivano scambiati.
Il mercato costituiva un'occasione di incontro e gli Egizi vi si ritrovavano assai volentieri. Venivano barattati i prodotti più svariati: pesce fresco, verdure, carne, dolci, pane, bevande, ma anche tessuti, spezie e oggetti d'uso comune. L'individuo diretto al mercato si riconosceva dalla sacca che portava a tracolla: in essa erano contenuti i prdotti che intendeva scambiare.
Gli spazi destinati al baratto erano situati in prossimità dei porti, dove erano all'ancora imbarcazioni cariche di mercanzie. In base alla maggiore o minore agitazione che regnava intorno a un battello attraccato si poteva valutare il pregio del suo carico. I marinai scaricavano otri di vino e di olio, spezie, bestiame e metalli preziosi. Contemporaneamente alle operazioni di scarico un ispettore e i suoi scribi annotavano scrupolosamente la consistenza del carico dell'imbarcazione; nel frattempo i venditori allestivano le bancarelle. In questi piccoli negozi ambulanti, i mercanti, seduti su sedie pieghevoli, offrivano agli acquirenti tessuti grossolani o birra, esponendoli su cavalletti in legno di sandalo. I marinai scesi dalle imbarcazioni si mescolavano tra la folla cui proponevano di scambiare il grano ricevuto come salario.

I mercati egizi costituivano parte integrante dell'economia del paese. Fino al Regno Nuovo, le transazioni si effettuavano sulla base del semplice gradimento: grano in cambio di amuleti, buoi in cambio di tessuti, sandali in cambio di olio o spezie, vasellame in cambio di pesce. questo procedimento di scambio abituale era regolato da convenzioni stabilite, che non sempre gli Egizi rispettavano scrupolosamente. Talvolta capitava che un oggetto non avesse la medesima valutazione per i clienti e per i venditori. Questi ultimi decantavano con enfasi la qualità dei loro prodotti al cospetto di sfaccendati che facevano cerchio attorno alla loro bottega. Altri si servivano di strattagemmi più sottili: un compare mostrava di interessarsi ai prodotti offerti da eventuali clienti ancora esitanti. Qui, un egizio proponeva ventagli in cambio di una coppa. Là, una donna scambiava una brocca con dei fichi. "Dammi il contenuto del tuo sacco in cambio i queste belle verdure", proponeva altrove un mercante. Le contrattazioni avvenivano sempre per mezzo del baratto, poichè gli Egizi, prima del IV secolo a. C., non battevano moneta. Un prodotto trovava con buona approssimazione il suo equivalente in un altro prodotto.
Durante il Regno Nuovo fece la sua apparizione la bilancia. Da quel momento gli egizi cominciarono a contrattare per accordarsi su un giusto prezzo, stabilito attraverso pesi, che si rifacevano ad una unità di misura astratta: non erano ancora in uso monete sonanti, dunque, ma vi era una valutazione oggettiva dei prezzi. Un papiro risalente a Ramses III ci indica, per esempio, che una pelle non lavorata valeva 8 deben, una canna di legno lavorato 4 deben, una zappa 2 deben. E così ancora, un bue di un valore intrinseco di 120 deben, venia scambiato con una canna con lavorazioni di particolare pregio, giare d'olio, canne semplici e pezze di lino.

Alcuni soldati nubiani sorvegliavano i mercati per scoraggiare i ladri e prevenire le liti che potevano verificarsi. Erano più numerosi lungo i moli a cui approdavano le imbarcazioni, dove la folla era meno disciplinata. I mercati egizi, coloratissimi, somigliavano in tutto e per tutto ai bazar orientali, vere e proprie torri di Babele: ricchi mercanti Siriani, al riparo dalle pesanti tende delle loro botteghe, vendevano tessuti e spezie; i commercianti fenici offrivano vasi e statue in ferro battuto, mentre quelli egizi ponevano sul tavolo che serviva loro da bancone oggetti in avorio o in ebano, giunti direttamente dalla Nubia. Una scimmia tenuta al laccio suscitava l'ilarità dei passanti, tentando di sottrarre loro un frutto. In realtà, il suo padrone l'aveva addestrata a mordere coloro che tentavano di rubare. Più lontano, un commerciante giunto dall'Asia esibiva tagli di stoffa. Pescherie, macellerie, banchi di frutta e verdura, punti di vendita di pane, di dolci e di birra (il vino era invece riservato all'élite) erano i principali centri di animazione di un mercato che offriva di tutto: natron, sale, pietre semipreziose, stoffe, armi, utensili da cucina, bestiame, mobili e suppellettili.

I mercati rivestivano un ruolo primario nell'andamento dell'economia egiia per tutti gli strati sociali: grandi proprietari terrieri che intendevano commercializzare i prodotti in eccedenza, piccoli proprietari che volevano rifornirsi di un mobile o di qualche oggetto di lusso, mercanti speculatori che acquistavano all'ingrosso per poter rivendere a miglior prezzo, oppure, più semplicemente, contadini che esponevano i frutti del loro lavoro in sacchi o in cesti per scambiarli con prodotti di prima necessità. In un paese dove il baratto era la prassi abituale, le attività commerciali trovavano in questi luoghi così frequentati uno sbocco immediato e diretto.



Kiya

[Modificato da -Kiya- 25/01/2006 20.34]

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