Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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New York - Brooklyn Museum: A Woman’s Afterlife: Gender Transformation in Ancient Egypt

Ultimo Aggiornamento: 22/12/2016 11:37
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20/12/2016 10:24
 
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"L'Aldilà di una donna: trasformazione di genere (sesso) nell'Antico Egitto" è il titolo di una mostra a lungo termine (fino al 2018) inaugurata qualche giorno fa, presso il Brooklyn Museum di New York.

L'esposizione affronta il tema della morte, da un punto di vista prettamente femminile e spiega le ragioni per cui talvolta le donne nell'Antico Egitto, in seguito al decesso, venissero rappresentate con attributi maschili.
La mostra è incentrata sui risultati emersi da una recente ricerca condotta da Kathlyn M. Cooney (University of California, Los Angeles), Heather McCarthy (New York University), Gay Robins (Emory University), e Ann Roth Macy (New York University). Alcuni reperti significativi, 27 pezzi, sono la chiave dell'allestimento. Essi rivelano come talune donne siano state intenzionalmente rappresentate al maschile e consentono di comprendere quale fosse la logica dietro queste inspiegabili trasformazioni ritenute, fino a qualche tempo fa, dei semplici errori.

Gli antichi Egizi credevano che, nella riproduzione umana, fosse l'uomo a generare il feto e a trasferirlo alla donna, durante il rapporto. Pertanto la rinascita sarebbe stata impossibile per una donna, senza l'intervento maschile. Allo scopo di consentire a una donna di completare il suo percorso nell'Aldilà e generarsi a nuova vita, un sacerdote trasformava ritualmente una mummia femminile in maschile, per il tempo necessario a concepire un feto. Da qui la mummificazione secondo i canoni solitamente riservati agli uomini, la rappresentazione, su alcuni sarcofagi femminili di volti ed estremità dipinti di rosso - colore che abitualmente identificava individui di sesso maschile (mi vengono in mente alcune statue raffiguranti Akhenaton) - e l'uso nei testi rituali di pronomi al maschile.
Le donne dovevano quindi mutare la loro natura al maschile, per il breve tempo necessario alla loro rigenerazione, poi tornare al loro stato originale per portare avanti la gestazione e quindi rinascere.









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20/12/2016 14:57
 
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Molto interessante...peccato che Brooklin non sia proprio dietro l'angolo...
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20/12/2016 16:00
 
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I reperti che fanno parte dell'esposizione non sono molti, chissà che magari non riusciamo a comporre un album fotografico.
L'argomento è di indubbio interesse e andrebbe approfondito, poichè fornirebbe risposte a interrogativi che in passato ci siamo posti, come ad esempio la postura delle braccia in alcune mummie. Mi pare che anche gli ospiti della KV 35 avessero sollevato interrogativi a riguardo. Non solo.... spiegherebbe anche le rappresentazioni androgine, tanto discusse, di Akhenaton, confermando la teoria della 'fusione' uomo/donna nella statuaria raffigurante il Re. Trattandosi di uno studio recente e di recenti conclusioni, non è detto che tale pratica non sia stata estesa anche all'arte in genere in determinati periodi, come quello Amarniano. Lo studio, infatti, parla di circostanze 'occasionali' non definite al momento, quindi non di regole ferree e imprescindibili

Peraltro, prima accennavo ad alcune statue di Akhenaton, con la pelle dipinta di rosso. Una di queste fa parte della selezione di questa mostra. La allego in coda
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20/12/2016 22:41
 
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Questo argomento è molto molto interessante, mi piacerebbe conoscere di più.
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20/12/2016 23:19
 
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Ecco il link del sito.

www.brooklynmuseum.org/exhibitions/womans_afterlife_ancie...

Qualche immagine in più è presente.

A questo link invece credo che il problema lo affronti abbastanza a fondo, ma i miei limiti
dell'inglese non mi permettono di capire molto. (spero di non aver fatto confusione)
Confido in Kiya e Hotep. per qualche piccola traduzione se la riterranno utile.
Il testo è scaricabile.

www.academia.edu/998725/Gender_Transformation_in_Death_A_Case_Study_of_Coffins_from_Ramesside_Peri...

[SM=g999100] ...Nec.
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21/12/2016 12:57
 
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Grazie Nec, mi metto subito all'opera!
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21/12/2016 16:49
 
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Prima Parte

TRASFORMAZIONE DI GENERE IN MORTE:
un caso di studio di sarcofagi dal Periodo Ramesside Egizio


Secondo i testi antichi, gli Egizi colti e istruiti ritenevano che la creazione e in particolar modo la rigenerazione fossero prerogativa del genere maschile. Gli uomini erano coloro che davano la vita, tramite l'unione sessuale, non le donne. Di conseguenza anche i miti egizi riferiti alla rinascita post mortem sono stati mascolinizzati. Nel pensiero Egizio soltanto le divinità di genere maschile, come Atum, Osiride, Ra, erano connessi a poteri di creazione e risurrezione. Le divinità femminile avevano invece funzione contenitiva e protettiva.
Atum di Eliopoli generò il mondo intero attraverso un atto sessuale con sé stesso.
La più antica statuaria colossale Egizia raffigura un dio nell'atto della masturbazione, ritenuto il momento più sacro della prima creazione. Si tratta di statue provenienti da un centro di culto pre-dinastico (più di 5mila anni fa), sito a Coptos (Fig. 1). Un atto sessuale maschile ritenuto così potente da indurre gli Egizi ad adottare la pratica di amputazione di mani e falli dei nemici morti, affinché fosse loro negato di tornare a nuova vita e nuocere ai loro esecutori (Fig. 2).


MORTE E RIGENERAZIONE MASCHILE

Il passo successivo fu quello di introdurre la nozione di potenza maschile in ambito funerario.
Se divinità quali Atum, Osiride e Ra erano garanti della creazione e della rinascita, evidentemente i defunti dovevano divenire loro manifestazione ed acquisire il potere della maschile sessualità affinché fosse loro concesso di rinascere nell'Aldilà. Una trasformazione che per gli uomini Egizi poteva ritenersi naturale, in quanto già latori del potere generativo, ma presentava un limite per gli individui di sesso femminile. Ragion per cui fu necessario adottare soluzioni per aggirare quel limite.
Seppur risulti facile ipotizzare che l'assimilazione tra una donna Egizia e una potente dea, quale Iside o Hathor, fosse cosa scontata, in realtà nella mentalità egizia non fu così. Questa assimilazione trova riscontro soltanto in Epoca greco-Romana. Nel periodo Dinastico, gli Egizi ritenevano che una defunta avesse essa stessa la necessità di trasformarsi in una divinità dalla virilità maschile, dal momento che una divinità femminile mancava della scintilla creativa necessaria per rinascere.
La conseguenza di ciò fu che le donne dell'antico Egitto dovettero accettare una serie di adattamenti e innovazioni nel processo funerario che le avrebbe riguardate al momento del decesso. In sostanza, affinché fosse loro concesso di accedere ai Campi Iarw e all'Aldilà, sarebbe stato necessario rinunciare alla condizione femminile e quindi mascolinizzarsi. Tale trasformazione si concretizzava nel corredo funerario, in particolare nel sarcofago che si prestava perfettamente ad assumere i connotati di Osiride, Ra e Atum, modificando l'essenza del suo occupante.
Il defunto, indipendentemente dal suo genere (maschile o femminile) era assimilato ad Osiride nei testi sacri, gli stessi testi che gli artigiani utilizzavano per inscrivere i sarcofagi (Testi dei Sarcofagi durante il Medio Regno e Libro dei Morti, durante il nuovo Regno). Il loro contenuto assimila in modo esplicito il defunto agli dei della creazione e gli indica la via e come superare i pericoli che incontrerà durante il viaggio.
I sarcofagi così concepiti concessero ai defunti di sesso femminile una temporanea trasformazione affinchè potessero a loro volta essere assimilate con gli dei della rinascita e avvalersi del loro potere per divenire un eterno, un essere puro – un Akh. L'Akh era il beato, colui che aveva superato con successo il tribunale e infine giunto come spirito effettivo e protetto nell'Aldilà. Giunta finalmente a questo stato di beatitudine, come suggeriscono le immagini funerarie, la donna rientrava in possesso della sua femminilità, mantenendo la sua forma originale per l'eternità. Di fatto, lo stesso poteva dirsi degli uomini, divenuti temporaneamente Osiride per divenire uno spirito Akh e quindi tornare alla loro forma trascendente, simile a quella umana.
Partendo da tali presupposti, in questo articolo si esaminerà il profondo legame tra genere e rinascita nella mentalità egizia e come gli oggetti funerari, in particolare i sarcofagi, hanno espresso questo sistema di credenze. I sarcofagi di Epoca Ramesside saranno utilizzati come esempio
.

[Modificato da -Kiya- 21/12/2016 16:57]
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21/12/2016 17:58
 
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Grazie mille Kiya, la lettura è interessante [SM=g999105] .

[SM=g999100] ...Nec.
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21/12/2016 20:23
 
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Si, vero! lo è parecchio. Ora anche tutte quelle mani mutilate ai nemici che abbiamo visto tante volte nei rilievi Egizi acquisiscono un significato simbolico molto forte.
In serata dovrei riuscire a pubblicare la seconda parte
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22/12/2016 03:38
 
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Seconda parte


I CICLI SOLARI E OSIRIACI

Perché gli antichi Egizi collegavano la mascolinità così intimamente alla creazione e resurrezione? E perché alla dee mancavano questi poteri? Fin dalle origini della civiltà Egizia, sia la creazione che la rinascita divina avevano un profondo significato sessuale. Già nel 3000 a.C. una statua del dio creatore itifallico (ovvero con il pene eretto) fu innalzata nell'antico luogo di culto di Coptos. Già nell'Antico Regno (2686 – 2125 a.C.) il dio Atum è stato descritto in letteratura funeraria come 'auto-creato' attraverso un atto esplicito di masturbazione e si ritiene abbia generato la successiva generazione di dei attraverso atti di eiaculazione, starnuti e sputando. Un'entità femminile – la sua mano, djeret in Egiziano, e una parola femminile – aiutò Atum a creare se stesso agendo come stimolante e contenitore. Atum era la prima divinità creatrice conosciuta nel pantheon Egizio, ma era anche una divinità solare ed il ciclo giornaliero del sole può essere visto come una sessualizzata creazione maschile attraverso l'unione con il cielo – la dea Nut.
Atum era considerato una manifestazione del sole serale, che sarebbe morto ma con piena potenzialità di rinascita.
Quando il sole tramontava ad occidente, Atum veniva inghiottito dalla dea del cielo Nut, il cui corpo si riteneva contenesse la Duat - l'oltretomba. Questo essenzialmente piantava il seme del concepimento e della autorinascita di Atum all'interno della propria madre (Fig. 3).
Gli antichi Egizi interpretarono questi dei come modelli per la loro morte. I deceduti necessitavano cioè di diventare Atum o il dio solare Ra e questa sacra trasformazione è stata concepita per garantire ai morti l'abilità di creare la loro rinascita dalla morte.
Questa rivendicazione divina è fatta molto chiaramente nel capitolo 79 del Libro dei Morti, nel quale il defunto dichiara: 'Io sono Atum che ha fatto il cielo e ha creato ciò che esiste, che uscì dalla terra, che ha creato il seme, Signore di Tutti, che ha plasmato gli dei, il Grande Dio, che ha creato se stesso, il Signore della Vita, che ha fatto prosperare l'Enneade'.
Un altro dio-creatore, Osiride, si riteneva avesse la stessa potenzialità di resurrezione. Dopo il suo assassinio e smembramento ad opera di suo fratello Seth, la sua consorte e sorella Iside riunì il suo corpo. Osiride era dunque in grado di ricrearsi attraverso un atto sessuale con se stesso, lo stesso atto di masturbazione usato da Atum nel primo momento della creazione. Iside ha provveduto all'eccitamento sessuale, ma fu Osiride colui che essenzialmente resuscitò se stesso dalla morte (Fig. 4). Iside creò il contenitore per la rinascita di Osiride – l'involucro della sua mummia – e funse a sua volta da contenitore per il concepimento di loro figlio, Horus. Iside non riportò Osiride alla vita, ma creò il presupposto nel quale egli potesse resuscitarsi. In considerazione della capacità di Osiride di tornare a vita dalla morte, gli antichi Egizi associarono la rinascita della morte umana al ciclo Osiriaco.

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