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Egitto: se l'emergenza è archeologica

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2013 12:08
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20/01/2013 12:08
 
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Durante e dopo la rivoluzione sono moltissimi gli episodi di razzie, saccheggi, scavi illegali e probabilmente anche commercio di antichità sul mercato nero. Le aree più a rischio si trovano delle vicinanze del Cairo e di Alessandria, perché interessate dalle proteste e dalla violenza connessa all'incerta situazione politica. Intervista a Ilaria Incordino*.

di Marco Di Donato

Cosa sta accadendo nell'area di Dhashur?

In queste ultime settimane nell'antico sito di Dahshur (IV dinastia, 2575-2494 a.C. circa.) si sono concentrate alcune attività illecite di costruzione di un nuovo cimitero musulmano da parte di alcuni abitanti del vicino villaggio di Manshiet Dahshur.

I promotori di questa iniziativa sostengono di non avere ricevuto dal governo della nuova terra per seppellire i propri morti ed avendo esaurito lo spazio già esistente hanno iniziato lo scavo di tombe nell'area archeologica protetta dall'UNESCO.

Sono partiti dalle vicinanze della Piramide Nera di Amenemhat III giungendo fino a 150 metri dal cosiddetto Tempio a Valle del faraone Snefrw.

La polizia turistica ed alcuni ispettori per le antichità hanno tentato di fermare lo scempio, ma senza risultati poiché non avevano abbastanza uomini e mezzi per bloccare l'azione di massa condotta dai locali.

Nonostante l'ordine di sgombero immediato emesso dal ministro per le Antichità, finora non si è proceduto per mancanza di fondi del ministero degli Interni, mentre il presidente Morsi non si è ancora espresso a riguardo.

In seguito agli eventi del 25 gennaio 2011, come è cambiata la politica di protezione dei beni culturali?

Durante e dopo la rivoluzione si sono registrati moltissimi episodi di razzie, saccheggi, scavi illegali e probabilmente anche commercio di antichità sul mercato nero.

Uno dei casi che la stampa ha seguito di più ha riguardato alcuni reperti sottratti al Museo Egizio del Cairo. Purtroppo le forze dell'ordine non sono state in grado di proteggere i siti antichi, soprattutto l'area menfita (Giza, Saqqara, Dahshur, Abusir), probabilmente perché impegnate a mantenere l'ordine tra la popolazione.

La zona meridionale del paese sembra aver subito meno danni, forse perché più lontana dal teatro degli scontri politici.

Subito dopo lo scoppio della rivoluzione, inoltre, molte missioni archeologiche internazionali impegnate nella sessione invernale di scavi sono state invitate a lasciare il paese per motivi di sicurezza. Alcuni tuttavia hanno preferito restare e continuare il proprio lavoro.

Successivamente il Supreme council of antiquities (SCA) - istituzione addetta alla gestione del patrimonio culturale egiziano - ha subito varie vicissitudini legate all'ex ministro Zahi Hawass e ciò ha causato un clima di incertezza ed il blocco quasi totale delle attività sul campo.

Seppur con alcuni problemi connessi alla mancanza di scorte militari necessarie per lavorare in alcune zone del paese, come ad esempio il deserto orientale o il Medio Egitto, ad oggi molte missioni internazionali hanno ripreso le loro attività archeologiche.



Quali sono oggi le aree maggiormente a rischio e quali i beni da proteggere con più attenzione?

Le aree maggiormente a rischio sono certamente tutte quelle che si trovano delle vicinanze del Cairo e di Alessandria, zone particolarmente interessate dalle proteste e dalla violenza connessa all'incerta situazione politica.

Tra queste certamente Dahshur, Saqqara, Abusir, Zawiet el-Aryan e in parte anche Giza, sono tutte regioni che hanno molto sofferto.

Questi siti archeologici, che hanno attratto migliaia di visitatori in passato, non sono mai stati ben recintati e questa mancanza di protezione è saltate all'occhio proprio a seguito della rivoluzione, quando i controlli della polizia si sono allentati fino a scomparire quasi del tutto per settimane creando l'opportunità per saccheggi e scavi illeciti.ù

Tuttavia sono a rischio anche alcuni edifici storici pre-islamici all'interno del Cairo, soprattutto nel quartiere copto, anch'essi oggetto di episodi di saccheggio e vandalismo.



Recentemente l'ex ministro della Cultura Farouq Hosni è stato dichiarato non colpevole rispetto ad alcune accuse di corruzione. In base alla sua esperienza sul campo quanto è forte la corruzione nel suo ambito di lavoro?

La corruzione in Egitto è sempre stata un elemento costante della pubblica amministrazione: anche in ambito dei beni culturali.

Spesso molti “guardiani” di siti o tombe disseminati su tutto il territorio chiedevano somme di denaro per permettere al turista di entrare in zone chiuse al pubblico, fotografare dipinti che dovevano invece essere preservati dai flash delle macchine fotografiche, fino ai massimi episodi di corruzione che hanno interessato esponenti di spicco dello SCA, tra cui lo stesso Hawass, che chiedevano grosse somme di denaro per appalti o servizi giornalistici da parte di importanti testate internazionali.

Spesso la corruzione dilaga quando il potere centrale non crea le circostanze affinché la popolazione abbia un lavoro e sia tutelata, oppure quando manca del tutto un potere politico forte e la situazione precipita nel caos.


Quali sono prospettive per il futuro?

Sul futuro del patrimonio culturale egiziano aleggiano purtroppo molti dubbi e preoccupazioni soprattutto da parte della comunità scientifica internazionale che non vede protetti a dovere i siti archeologici e chi lavora sul campo.

Anche l'opinione pubblica egiziana, soprattutto negli ambienti meno borghesi, ritiene che il governo Morsi difenda gli interessi islamici più radicali, dando poco valore al patrimonio storicamente precedente che non sembra essere particolarmente tutelato neanche secondo la costituzione recentemente adottata.

Nemmeno la ricaduta economica del turismo internazionale sembra poter agire da spinta per la cura del patrimonio culturale, poiché è opinione diffusa che questi vantaggi economici ricadano solo su alcune classi sociali egiziane e non sull'intero paese.

La speranza è che il coro di proteste e le petizioni a difesa dell'eredità culturale egiziana della comunità scientifica internazionale, che nelle ultime settimane si stanno diffondendo soprattutto online, possano smuovere le acque e provocare un intervento da parte degli organismi internazionali come l'UNESCO a favore della salvaguardia di questo patrimonio che giorno dopo giorno rischia di essere distrutto.



*Ilaria Incordino è Dottore di Ricerca in Egittologia, Cultore della Materia presso la cattedra di Egittologia dell'Universita' degli Studi di Napoli "L'Orientale" dal 2007, ha organizzato il primo convegno napoletano di Egittologia (Napoli 2008) e il master di I livello in "Egittologia. Metodologie di ricerca e nuove tecnologie" (2010) presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", membro dell'International Association of Egyptologists (IAE) e della missione archeologica a Mersa/Wadi Gawasis dell'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e della Boston University.

(Fonte: Oswrvatorio Iraq)




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