Le osservazioni formulate non possono che essere condivise. Ed il discorso, ovviamente, potrebbe essere applicato anche a collezioni non riguardanti la storia egizia.
Riguardo agli scambi definitivi, nutro serie perplessità. Franco Brussino, nel suo libro riguardante l'epopea di Amenofi II, ci racconta di due reperti in calcare cristallino, uno rappresentante la testa del sovrano, l'altro il corpo, conservati rispettivamente nel Museo of Fine Arts di Boston e nel Museo del Louvre. Tenuto conto della rispondenza di numerosi elementi, comuni ai due lavori, gli studiosi fecero i dovuti approfondimenti e fu deciso di produrre un calco in gesso della testa, che, portata al Louvre, si scoprì corrispondere perfettamente al corpo lì conservato. Ora, per quanto mi risulta, non credo siano state poste in atto azioni di scambio, mirate alla riunificazione delle parti divise e ci sarebbero tutte le condizioni per farlo.
In ogni caso i ritrovamenti archeologici vanno a finire negli scantinati quasi esclusivamente a causa di mancanza di fondi e di spazio.
Mi permetto di raccontare un'esperienza diretta risalente a diversi anni fa. Un mio conoscente durante uno scavo nel suo terreno, aveva estratto da suolo una stele (molto povera) con delle incisioni in una lingua antica, debbo dire che la scritta, a mio modesto avviso, era molto appassionante, anche perché indecifrabile nel suo giusto significato. Avvisato il competente organo di zona, vennero gli incaricati, che svolsero gli opportuni accertamenti. A conclusione, dopo aver ricevuto il logico rifiuto all'affido da parte del ritrovatore, portarono via il reperto; pubblicarono comunque un articolo su rivista specializzata formulando alcune ipotesi e cosìi la stele andò a dormire, immagino per sempre, negli scantinati di un piccolo museo presso la città più vicina al luogo di ritrovamento. Purtroppo non c'era altra strada da percorrere; specie in Italia, ogni giorno si registra una nuova scoperta. Immagino che cosa possa essere stipato negli scantinati dei musei pubblici di tutto il mondo.
Ne ho già accennato tempo fa, personalmente, per quanto riguarda l'Italia, sono convinto che se valutasimo la possibilità di vendere al “mondo” qualche nostra opera tripla, quadrupla, quintupla, dopo aver svolto tutti i necessari approfondimenti, magari da parte di qualificati e giovani esperti, pagati con parte del ricavato della vendita, potremmo forse evitare l'imminente dismissione di chissà quanti beni storici ed artistici ancora e per poco nelle mani del nostro Stato (che siamo noi).