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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Musei: Tesori nascosti in "cantina"

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2011 13:01
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di ATON
Thiatj

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12/11/2011 11:22
 
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Riporto a seguire un interessante articolo pubblicato dal quotidiano "La Repubblica" (link) , che evidenzia quale sia la quantità smisurata di oggetti antichi che fanno parte delle più importanti Collezioni mondiali, ma che non sono a disposizione del pubblico. Particolare interesse è dato alla Collezione Egizia del Museo di Torino:



C'è un tesoro nelle cantine dei musei: ecco come farlo vedere a tutti

Come dappertutto nel mondo, anche a Torino ogni struttura espone solo una piccola, a volte piccolissima parte delle proprie collezioni. Un quinto all'Egizio, meno di un decimo a Palazzo Madama. E, sull'esempio del Met e dell'Ermitage, si fa strada l'idea di aprire al pubblico anche gli spazi di depositi e sotterranei
TORINO - Giacimenti custoditi con amorevole e scientifica cura, ricchezza consolidata nel tempo e capitale cui si attinge per ricerche, prestiti di opere e scambi tra le istituzioni. Oppure patrimonio negato agli occhi dei visitatori e riservato agli addetti ai lavori, dunque perdita per la collettività? Si accende a Torino il dibattito sui depositi dei musei e sulla quantità spesso smisurata di opere che contengono, in tempi in cui è all’ordine del giorno il problema della mancanza di spazi espositivi. Specialmente per l’arte contemporanea, dove tiene banco la questione delle ex Ogr, un tempo considerate possibile raddoppio per la Gam, mentre oggi si attende di conoscere se in quell’area che dovrebbe in un futuro prossimo passare dalle Ferrovie dello Stato alla Fondazione Crt, ci sarà posto anche per installazioni e sculture, magari quelle acquisite in via XX Settembre per i due musei cittadini.

I dati sono impressionanti, nel senso che ogni museo espone una parte molto limitata delle sue collezioni: si va da un quinto nel caso dell’Egizio (6mila i reperti esposti su 30mila), a meno di un decimo per Palazzo Madama (5mila su 70mila), per arrivare a proporzioni estreme, come succede per la Gam che ha raccolto in quasi 150 anni di vita circa 50mila opere, mentre al momento ne espone 250. Diverso il caso di Rivoli, museo nato solo nel 1984, che ha in dotazione cifre assai inferiori e mostra al pubblico una cinquantina delle 500 opere a disposizione, tra proprie e avute in comodato. O della Galleria Sabauda, che in via Accademia delle Scienze presenta ora 788 opere tra dipinti, sculture, arredamenti e oreficerie, su un totale di circa 8mila pezzi: ma si conta di aumentare il numero nella futura sede nella Manica nuova di Palazzo Reale, dove potrebbero comparire anche pezzi attualmente in magazzino.

Si fa strada anche qui, come nel resto del mondo, l’ipotesi di fare diventare i magazzini luoghi aperti al pubblico. Sulla scia di alcuni dei principali musei: dal newyorkese Metropolitan, che ha creato un “Visibile storage” e inserito parte dei depositi nel percorso di visita; all’Ermitage di San Pietroburgo, che ha dato vita fuori città allo “Storage facilities center”, un mega deposito delle raccolte aperto alle visite, divenuto anche un centro culturale frequentato dagli abitanti; mentre anche la Pinacoteca di Brera ha integrato un magazzino nell’itinerario di visita.

Qui la Fondazione Torino Musei aveva in animo, e si vedrà se i tempi magri lo permetteranno, di creare per Palazzo Madama un deposito aperto in periferia, magari in zona disagiata, in cui inserire attività culturali nel fine settimana. In attesa di capire se il progetto andrà in porto, il museo di piazza Castello ha collocato nel percorso di visita, nel sotterraneo Lapidario, un deposito di materiali fragili: per il resto ricorre a un caveau esterno per i dipinti e a una struttura in altra zona della città, il cui indirizzo è top secret. "Il deposito, occorre ricordarlo, non è una cantina per i materiali inservibili, ma un archivio di oggetti importante per costruire la storia del museo — dice la direttrice Enrica Pagella —. Dalla nascita del museo, nel 1934, i nostri magazzini non sono mai cresciuti quanto a metratura, ma le collezioni sono aumentate e il problema degli spazi dunque si pone. Avevamo proposto qualche tempo fa di creare con le altre istituzioni cittadine dei depositi unificati, ma poi non se ne è fatto nulla".

All’Egizio, il cantiere in corso prevede l’inserimento di magazzini praticabili nel percorso di visita, su due soppalchi al secondo piano, lato via Accademia delle Scienze: "Esporremo una campionatura divisa per temi e epoche, con vasellame, ritratti, “ushapti” e barche — dice la direttrice Eleni Vassilika —. Ma sarà solo una selezione, non è il caso di fare vedere troppo, come si tendeva a fare una volta. Non tutto quello che è nei depositi è interessante per il pubblico, se abbiamo 8mila vasi non é certo il caso di mostrarli tutti, la priorità è per me quella di non annoiare il visitatore. Mi rendo conto che questo è un aspetto che riguarda più l’antico che il moderno e il contemporaneo".

Come si regolano allora alla Gam, che dispone di collezioni sterminate, di cui solo una minima parte esposta? Il resto sta in magazzini super attrezzati, climatizzati, dotati di strutture di sicurezza, luoghi in fondo affascinanti, in cui le opere ricoverate sono tutte catalogate e assicurate (una curiosità, i massimali più alti riguardano i pezzi firmati da Picasso, Twombly, Fontana e Burri). "Occorre intanto ricordare che non tutto ciò che sta nei depositi può essere esposto, su 47mila opere, tanto per fare un esempio, 39mila appartengono ai fondi grafici. Si tratta dunque di materiali fragili, per lo più disegni e incisioni, che non possono restare troppo alla luce, infatti vengono esposti a rotazione nella Wunderkammer al secondo piano", dice il vicedirettore Riccardo Passoni.

Proprio a partire dai depositi Danilo Eccher, dal 2009 alla guida in via Magenta, ha concepito progetti alla base delle attuali linee guida del museo: "Partendo dal presupposto che più forti sono i depositi e più forte è l’istituzione, e se non fosse così non potremmo come stiamo facendo prestare opere al Moma e al Reina Sofia, ho ideato i recenti allestimenti a tema delle collezioni proprio per permettere una circuitazione delle opere e mostrare al pubblico quelle magari da tempo non esposte".

Tra le novità della Gam c’è poi l’apertura il prossimo anno del Gabinetto della grafica, che consentirà l’accesso del pubblico a quelle smisurate raccolte: "Proprio come in una biblioteca, e come già avviene in musei come il Louvre, i nostri fondi grafici saranno consultabili da studiosi, ricercatori e semplici interessati, naturalmente con la cautela richiesta da quelle carte e nel rispetto delle misure di sicurezza"




Grazie a TMT per la segnalazione [SM=x822713]
[Modificato da -Kiya- 12/11/2011 11:23]
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Scriba Guardiano
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Akhu-en-inpu
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Gemet-ef-reh-neb
16/11/2011 10:15
 
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Volendo ben vedere, anche a Milano la situazione è allucinante! Nei magazzini c'è una quantità enorme di reperti (molti dei quali mai nemmeno studiati) che non finisce più.. Mi pare si parlasse di almeno 3000 oggetti, dei quali esposti penso non ci sia nemmeno il 10%.
Certo, moltissimi di questi sono frammenti o amuleti/ushabti di non particolare "bellezza" o interesse (che appesantirebbero solamente il numero di quelli già esposti), ma molti altri potrebbero essere reperti sicuramente interessanti da esporre...
Ricordo che la prof. Piacentini raccontava un aneddoto piuttosto divertente (o deprimente... Dipende dal punto di vista!):
Un addetto ai magazzini aveva letto su una falsa porta l'etichetta di "falsa porta", per questo la mise in un angolo ritenendola per l'appunto "falsa", e se non sbaglio per un bel po' di tempo (e forse, ma non ricordo, quindi non predetela per verità, anche tutt'ora) se ne sono perse le tracce all'interno del magazzino stesso.

Un altro esempio lampante dell'accumulo di antichità è il museo del Cairo (e i recenti progetti per i nuovi musei sia al Cairo sia in giro per l'Egitto non riusciranno nemmeno una volta riempiti ad esaurire la scorta).. Addirittura oggi si accumulano i nuovi reperti non ancora studiati/catalogati nei corridoi stessi del museo, in scatoloni nascosti dietro statue, stele e dove, in sostanza, c'è spazio.
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EgiTToPhiLo/a
Artista del Re
16/11/2011 10:27
 
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Faccio una proposta. Non so quanto percorribile, ma sempre proposta è.

Se è vero che esistono in ogni museo molti esemplari degli stessi oggetti, non sarebbe utile scambiarli con altri oggetti di altri musei egittologici per diversificare le collezioni ?
La differenza di "valore" storico, artistico (eventualmente anche venale) dei vari oggetti, potrebbe essere valutata da una commissione di esperti.

Sarebbe una "rivoluzione" semplice, indolore, ma molto utile che rinnoverebbe l'interesse per i vari musei che partecipassero a questa operazione.

Mi piacerebbe conoscere l'opinione degli EgittoPhili...
Un saluto circolare a tutti.
MaVir
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16/11/2011 13:35
 
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L'aneddoto raccontato da ACUS introduce quello che è l'aspetto più grave che emerge da questo problema. Perchè di problema si tratta.
E' già di per sé un peccato che oggetti antichi di grande valore e regolarmente catalogati risultino non accessibili al pubblico e, il più delle volte, non studiati e non collocati nel contesto di appartenenza. Chissà a quante domande potrebbero fornire risposta e chissà quanti tra quegli oggetti che siamo convinti di non possedere, in realtà sono già emersi dalle sabbie...
La mancata catalogazione.... quella non si configura solo come un "rammarico", ma reca danni inestimabili, se consideriamo che un reperto non catalogato/registrato corrisponde a un reperto potenzialmente perduto. Vi siete mai chiesti quanti pezzi siano andati irrimediabilmente perduti, seppur già facenti parte di una Collezione? E per perduti, intendo anche che non si trovino più, fisicamente, nei magazzini Museali....

La proposta avanzata da Mavir è senz'altro interessante, ma temo che non trovi facile applicazione, essenzialmente per motivi burocratici. Se già un semplice passaggio di proprieta' privo di spostamenti innesca un iter che richiede tempi biblici, come e' tutt'ora nel caso della Collezione del Museo di Torino, non oso immaginare a cosa si andrebbe incontro, laddove fosse necessario un trasferimento fisico.
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Scriba Guardiano
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Akhu-en-inpu
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Gemet-ef-reh-neb
16/11/2011 13:58
 
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La cosa "imbarazzante" è che la fuori ci sono tantissimi laureati che sarebbero competenti per almeno un lavoro di catalogo e atchiviazone cone dio comanda e, sono sicuro, lo farebbero anche sotto stipendiati... Ma si trovano invece a fare tutt'altro nella vita......
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La Divina Cantatrice
- HdjetmeMaat
MerytAton Sitenjterw -
16/11/2011 14:03
 
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La cosa più impressionante è la mancanza di catalogazione.
I musei dovrebbero aprire agli studiosi le porte dei sotterranei con regolarità e serietà.
Immagino quanti frammenti con iscrizioni potrebbero far luce su epoche e personaggi.
Poco importa, a mio parere, se una grandissima quantità di oggetti è sottratta alla vista degli appassionati, altra cosa e più grave è sottrarre i reperti allo studio.
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16/11/2011 17:11
 
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Le osservazioni formulate non possono che essere condivise. Ed il discorso, ovviamente, potrebbe essere applicato anche a collezioni non riguardanti la storia egizia.

Riguardo agli scambi definitivi, nutro serie perplessità. Franco Brussino, nel suo libro riguardante l'epopea di Amenofi II, ci racconta di due reperti in calcare cristallino, uno rappresentante la testa del sovrano, l'altro il corpo, conservati rispettivamente nel Museo of Fine Arts di Boston e nel Museo del Louvre. Tenuto conto della rispondenza di numerosi elementi, comuni ai due lavori, gli studiosi fecero i dovuti approfondimenti e fu deciso di produrre un calco in gesso della testa, che, portata al Louvre, si scoprì corrispondere perfettamente al corpo lì conservato. Ora, per quanto mi risulta, non credo siano state poste in atto azioni di scambio, mirate alla riunificazione delle parti divise e ci sarebbero tutte le condizioni per farlo.

 

In ogni caso i ritrovamenti archeologici vanno a finire negli scantinati quasi esclusivamente a causa di mancanza di fondi e di spazio.

 

Mi permetto di raccontare un'esperienza diretta risalente a diversi anni fa. Un mio conoscente durante uno scavo nel suo terreno, aveva estratto da suolo una stele (molto povera) con delle incisioni in una lingua antica, debbo dire che la scritta, a mio modesto avviso, era molto appassionante, anche perché indecifrabile nel suo giusto significato. Avvisato il competente organo di zona, vennero gli incaricati, che svolsero gli opportuni accertamenti. A conclusione, dopo aver ricevuto il logico rifiuto all'affido da parte del ritrovatore, portarono via il reperto; pubblicarono comunque un articolo su rivista specializzata formulando alcune ipotesi e cosìi la stele andò a dormire, immagino per sempre, negli scantinati di un piccolo museo presso la città più vicina al luogo di ritrovamento. Purtroppo non c'era altra strada da percorrere; specie in Italia, ogni giorno si registra una nuova scoperta. Immagino che cosa possa essere stipato negli scantinati dei musei pubblici di tutto il mondo.

 

Ne ho già accennato tempo fa, personalmente, per quanto riguarda l'Italia, sono convinto che se valutasimo la possibilità di vendere al “mondo” qualche nostra opera tripla, quadrupla, quintupla, dopo aver svolto tutti i necessari approfondimenti, magari da parte di qualificati e giovani esperti, pagati con parte del ricavato della vendita, potremmo forse evitare l'imminente dismissione di chissà quanti beni storici ed artistici ancora e per poco nelle mani del nostro Stato (che siamo noi).

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Scriba Guardiano
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Akhu-en-inpu
Haw-erhefetkher-netjeru
Gemet-ef-reh-neb
17/11/2011 13:01
 
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Il problema è che, unito a tutto ciò, tutto ciò nasce con la nascita delle prime collezioni. E' una "malattia" costitutiva...ormai
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