Problema linguistico: Sneferu

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pizia.
00venerdì 20 novembre 2009 11:07
Ecco una prima domanda indotta dagli esercizi del Corso di Geroglifico.

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S29F35G43
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Il nome di Sneferu, lo conosciamo bene tutti per averlo visto un sacco di volte e per la sua relativa facilità, niente fronzoli né aggiustamenti, abbreviazioni o trabocchetti di vario genere per lo studente principiante.

Ma se è così chiaro, "s nfr w", anche ammettendo di inserire qualche lettera "e" convenzionale e de tutto opzionale per rendere leggibile la sequenza di consonanti, perché si leggono anche interpretazioni diverse, come Snefru o Snofru?
FrAnkh
00venerdì 20 novembre 2009 11:56

La lettura 'Snefru' è quella che risponde alle esigenze convenzionali di lettura, inserendo la 'e' fra le consonanti.
La lettura 'Snofru' risente della scrittura copta, dove 'bello, buono' si diceva 'nofre', forse più vicino alla pronuncia originale del nome.
Altro esempio, 'nfrt' , nome comune di donna (vedere, al proposito la bella statua di una principessa conservata al Museo del cairo assiema al marito Rahotep) c'è chi lo pronuncia 'Neferet', altri 'Nofret', per il motivo sopra addotto.

E poi, si dice (e scrive) Amenofi ( Amenophis, per dirla alla francese o all'inglese) oppure Amenhotep [SM=x822741] ?
ACUSinpw
00venerdì 20 novembre 2009 12:55
Credo che per Amenofi il discorso sia diverso. Amenofi è il nome "grecizzato" ma il geroglifico di Amenhotep è

imn
n
Htp


quindi foneticamente Htp è stato reso dai greci con ophis ...

quindi il dubbio parallelo a Snofru sarebbe: si legge Amenhotep o Imenhetep ... delle quali la seconda sarebbe una lettura "convenzionale", la prima "tradizionale" e più vicina al copto.. (hotep al posto di hetep...)
pizia.
00venerdì 20 novembre 2009 22:43
Ecco, è normale che ci entri di mezzo anche il copto, però, noi come possiamo comportarci?
Così, tanto per darci una regola, visto che stiamo affrontando lo studio dei geroglifici e della lingua.
Intuitivamente parlando il Medio Egizio è più vicino alla lingua parlata da Sneferu rispetto al Copto, abbiamo indizi sulla pronuncia della parola nefer, praticamente il vero centro del problema, senza ricorrere al Copto?
Abbiamo qualche ragione per fare un parallelismo fra la pronuncia di Amenhotep e di Amon (cioé stessa parola con suono diverso se accostata in un nome proprio ad altra parola) e di Sneferu/Snofru e nefer?

E vedendo il problema dall'altra prospettiva, se in Copto nefer si diceva nofr, e di ciò abbiamo anche un riscontro per la vocale utilizzata, presente nelle trascrizioni, perché non si è utilizzato lo stesso suono normalmente per indicare il segno F35?
ACUSinpw
00sabato 21 novembre 2009 10:30
Credo per via del fatto che si è dovuta cercare una convenzione che potesse mettere d'accordo tutti. Dopotutto la "e" è la vocale più "impersonale" (studiando Ebraico, lingua semitica, quindi non del tutto estranea al nostro antico egiziano, c'è questa "vocale", chiamata Sheva, che è fra le altre cose presente anche nell'antico indoeuropeo, che per l'antico ebriaco (biblico) si pronuncia oggi "e", una e molto veloce, che si può leggere o non leggere; in indoeuropeistica si studia che lo sheva storicamente avrà esiti diversi a seconda delle lingnue.. quindi la si può considerare come una vocale intermedia, che può trasformarsi in una delle altre vocali, più consistenti;) ... quindi, dicevo, credo che la "e" convenzionale abbia un po' questo valore, ovvero di rendere un suono intermedio;
FrAnkh
00domenica 22 novembre 2009 00:28
Come mai gli autori greci il segno 'htp' lo hanno reso con 'ofis'?

Io penso che le cose siano andate pressapoco così. Innanzi tutto la 't' è una consonante debole il cui suono tendeva a cadere quando era sovrastato da un altro più forte, come avremo modo di considerare in seguito. Poi, la 'p' è una consonante che nelle lingue antiche talvolta si confondeva con la 'f'. Esempio: I 'Peleset' di Medinet Habu diventarono i 'Filistei' nella Bibbia, per poi ritornare i 'Palestinesi' nelle lingue moderne. Il 'Fenici' divennero i 'Punici' in epoca Romana. E poi, nell'alfabeto latino il gruppo 'ph' si legge 'f'. I Greci, inoltre difficilmente rinunciavano alle loro finali in 's' o in 'n' allorché scrivevano nella loro lingua parole straniere.

Ciò premesso, la pronuncia originale di ImnHtp poteva essere 'Amenof'.

E la 't' che fine ha fatto? Provate a pronunciare in fretta la parola 'Amenotf'. Vedrete che la 't', consonante debole, cade e non viene detta.

Quindi, gli autori greci, che scrivevano i nomi stranieri pressappoco come li sentivano pronunciare, probabilmente hanno trascritto come 'Amenofis' il nome che in egiziano veniva scritto ImnHtp.



ACUSinpw
00domenica 22 novembre 2009 02:08
Probabilmente, visto che ai greci non piaceva l'aspirazione all'interno di parola, questa per "facilità di pronuncia" in greco si è spostata sul gruppo tp -> thp -> tph -> tf -> f

Ipotesi.
roberta.maat
00domenica 22 novembre 2009 09:12
Molto interessante tutto questo e rappresenta,dopo i ragionamenti, un chiarimento fondamentale.
Non ho studiato greco e pertanto la struttura fonetica di questa lingua non mi è familiare, mi rendo conto pertanto che le convenzioni adottate per la pronuncia sono indispensabili se si affronta lo studio del geroglifico che rappresenta la parte visuale non udibile.
Conoscendo tutte le lingue morte il gioco sarebbe più facile........ma l'impresa sarebbe gigantesca !
Mi chiedo se gli studenti di lingua ebraica, semitica, e quelli di lingua araba possano essere agevolati.
ACUSinpw
00domenica 22 novembre 2009 10:48
Roberta, ho studiato ebraico lo scorso anno, e effettivamente (per fare un esempio: la divisione dei verbi) ci sono diverse analogie (dopotutto l'egizio è una lingua camito-semitica.) ... credo che si la conoscenza di altre lingue della grande famiglia camito-semitica sicuramente possa aiutare e contribuire a uno studio orizzontale, permettendo di fare collegamenti e allacciamenti sia sintattici sia grammaticali sia fonetici...
pizia.
00domenica 22 novembre 2009 22:48
Secondo me sono molto agevolati!
Non solo, sono anche agevolati tutti quelli che hanno una madrelingua con un alfabeto complesso, comprensivo di tutti i suoni usati anche nella lingua egizia, come ad esempio i tedeschi.
Invece noi italiani abbiamo una grande semplificazione dei suoni, non sappiamo distinguere tre tipi di "c" o due tipi di "a" ed i suoni vocali intermedi...

FrAnkh: ma i greci non hanno sentito pronunciare il nome di Amenhotep nella XVIII dinastia o giù di lì, loro lo hanno sentito molto più tardi, non potrebbe essere che ai tempi del contatto linguistico fra greci ed egizi, l'uso e la pratica avessero già apportato alcune modificazioni alla pronuncia del nome (fra l'altro inflazionato) di Amenhotep, evolvendolo vesro suoni più simili al loro Amenophis?
Il discorso della trasformazione dei suoni è valido comunque, p e f sono state spesso scambiate e le t sono altrettanto spesso cadute.

Sto meditando anche su un'altra bivalenza linguistica, esistente tutt'ora nel greco moderno, cioé l'interscambiabilità fra "b" e "v", tenendo presente che nell'egizio antico il suono "v" non c'è...
roberta.maat
00domenica 22 novembre 2009 23:35
Nell'aspetto fonetico una "lingua viva" si modifica nel tempo e nello spazio, pensiamo a come si parlava nel medio evo da noi e come parlerebbe un bergamasco con un calabrese DOC.
Per le "lingue morte"invece lo studio si rivolge ad un momento particolare non riproducibile se non procedendo a ritroso e costruendo deduzioni che però non possono darci certezze, ripenso all' "ae" dei latini e che oggi tranquillamente diciamo "e" mentre non sapremo mai se Calpurnia, parlando del marito dicesse Caesar o Cesar.
I suoni sono un problema e riconoscerli in una lingua che non si scrive più è veramente arduo.
ACUSinpw
00martedì 24 novembre 2009 21:57
Quello che dice pizia è assolutamente vero: ad esempio il Copto non si può considerare una risposta certa alle valenze fonetiche dell'antico egiziano: è un'evoluzione e come ha detto più volte la Dottoressa Piacentini è una lingua che si estende per quattro mila anni e per quanto la scrittura geroglifica sia molto conservativa, l'aspetto fonetico non può esimersi dal modificarsi notevolmente, soprattutto per quanto riguarda le vocali, che in generale sono i foni più suscettibili di cambiamenti (anche CONTEMPORANEI; pensiamo ai vari dialetti! anche in Egitto c'erano moltissimi dialetti - pensiamo all'estensione non indifferente del territorio e soprattutto all'atavica divisione fra il Giunco e l'Ape...); la differenza che intercorre fra Copto e Antico Egiziano è paragonabile a quella che intercorre, se vogliamo, fra Portoghese moderno e il Latino (con una distanza in anni molto meno estesa!)
FrAnkh
00martedì 24 novembre 2009 23:33
Le mutazioni delle parole che si sono verificate attraverso i secoli ritengo che potessero avere interessato i nomi propri solo in minima parte. Faccio un esempio in italiano. Io credo che il nome 'Dante Alighieri' si pronunciasse 700 anni fa così come lo pronunciamo oggi, anche se la lingua in questo tempo è mutata in modo sensibile. Lo stesso vale per Leonardo, Ludovico Sforza, Emanuele Filiberto, e così via. Fra Amenofi III e Manetone è intercorso più o meno un migliaio di anni e, per i motivi appena addotti, penso che il nome del faraone della XVIII dinastia che il sacerdote greco ha sentito pronunciare fosse abbastanza vicino a quello originale. Senza, però, rinunciare alla 's' finale.
ACUSinpw
00mercoledì 25 novembre 2009 00:49
Hai ragione FrAnkh, però non diciamo Caesar, ma Cesare...
pizia.
00mercoledì 25 novembre 2009 07:34
Hai scelto degli esempi ad hoc FrAnkh, comunque sotto certi aspetti è vero, i nomi propri, in particolare se legati a personaggi molto conosciuti hanno una tendenza a rimanere abbastanza stabili, e credo che il fenomeno della stabilità sarà sempre più apprezzabile da quando la scrittura è diventata una codificazione vera e propria e adottata da tutti, grazie alla scolarizzazione.
Ma ai tuoi esempi se ne possono accostare altri altrettanto famosi: Michelangelo Buonarroti, chiamato così forse solo da noi, ai suoi tempi veniva registrato negli atti molto variamente, da Michelangiolo a Michelagnolo, e su Raffaello Sanzio abbiamo dubbi sia sul nome (Raffaele) che sul cognome, (Santii, Sanctio, Sancti).
Negli ultimi secoli sono state fatte anche delle traduzioni azzardate, tipo Tommaso Moro/Thomas Moore, oppure attribuzioni di nomignoli, come René Descartes/Cartesio.

In fondo questo è un fenomeno simile a quello della lingua egizia, in cui la scrittura e la lingua più antica permane in certi ambienti come l'unica possibile, pur subendo anch'essa qualche cambiamento, e proprio i più istruiti si legano a doppio filo con la tradizione usando versioni antichizzanti del proprio nome.

Non so se questa spiegazione sia giusta, non ricordo nemmeno dove l'ho letta, ma se ci sono indizi di una diversa lettura di un singolo nome quando usato da solo e quando invece compare in composizione con altre parole, come ad esempio Amon e AmenHotep, Montu e Mentuhotep, allora nefer e Snofru potrebbero rientrare nella stessa tipologia, ma non ne sono sicura.
Anzi, è proprio ciò che mi stavo domandando all'inizio del topic [SM=x822718]

Dunque sono giuste e accettabili entrambe le vesioni?
E noi, studiando il geroglifico, che regola ci diamo?
roberta.maat
00mercoledì 25 novembre 2009 08:10
Daccordo, apprezzo e condivido i vostri pensieri immaginando quanti altri se ne possano aggiungere quando rivolgiamo l'attenzione ai suoni propri delle lingue.
Proprio per questo , come Pizia, trovo fondamentale per noi che cominciamo a studiare darsi delle regole che consentano la massima uniformità delle espressioni. Non è difficile infatti orientarsi fra i nomi famosi e riconoscerli anche se letti e scritti in modo diverso ma penso che difficoltà potrebbero nascere quando l'oggetto dell'attenzione non sono i nomi propri.

Anche nelle lingue moderne esiste la particolarità che una lettera,o un gruppo di lettere, vada pronunciata diversamente a seconda della posizione che occupa nella parola (vedi la e inglese o il gl dell'italiano, ecc.).
C'è da augurarsi che queste regole diventino per noi molto familiari e che non esistano molte eccezioni.

La parola "familiare" in italiano io la scrivo senza g ,come in latino, quando è aggettivo e invece con la g quando è sostantivo. Questa è una regola che ho adottato da sempre tuttavia non so poi se chi me la ha inculcata avesse una sua idea o fosse la consuetudine della maggioranza.

Altra cosa sono la pronuncia dello stesso segno che derivano dai dialetti e che con l'abitudine non ingenerano di solito grosse confusioni. I Francesi si portano dietro l'uso di accentare le vocali ma noi ci affidiamo al contesto..........per es. "io vado a pesca", "io mangio una pesca", si scrive allo stesso modo ma..........!

[SM=x822744] In conclusione, dopo queste riflessioni, aspetto con ansia di trovare semplice quello che a prima vista mi sembra complicatissimo. [SM=g1621246]
FrAnkh
00mercoledì 25 novembre 2009 11:02

No, Roberta, la faccenda della pronuncia dei nomi egizi non è poi così complicata. Basta adottare un metodo e seguirlo costantemente [SM=x822750] .

Prendiamo il caso Amenofi(s)Amenhotep. Per dirimere la questione bisogna riferirsi agli egittologi che ci hanno preceduti e che hanno scritto il nome di questi faraoni.

Hanno scritto Amenhotep: Petrie, Breasted, Grimal, Cimmino, Tosi, Grandet, Mathieu, Dodson, Baines, Malek, ecc…., ecc….

Hanno scritto Amenofi(s) (o Amenophis per dirla all’inglese o alla francese o alla tedesca): Gardiner, Kitchen, Loret, Posener, Sauneron, Romer, Curto, Donadoni, Hannig, Reeves, Wilkinson, ecc…, ecc….

Singolare è il caso di Marc Gabolde che in un primo tempo lo ha chiamato Amenophis, per poi passare ad Amenhotep. Anche da notare è il caso del monumentale ‘Egitto – La terra dei faraoni’, ed. Könemann che nell’indice alla voce Amenhotep ha scritto: ‘si veda Amenofi’.

Io ho scelto, per averlo visto nelle mie prime letture, ‘Amenofi’, e sono in buona compagnia. Ma altrettanto in buona compagnia sono coloro che preferiscono ‘Amenhotep’.

Quanto a te, bé, fa come vuoi, che va bene in ogni caso [SM=x822712] …..
ACUSinpw
00mercoledì 25 novembre 2009 13:50
Credo che da un punto di vista di "storia dell'egittologia" sarebbe bene conoscere entrambe le versioni, per Amenhotep, come per altri faraoni... per quanto riguarda "imparare la lingua" credo sia più "utile" impararsi un amenhotep, così da imparare che il geroglifico presente nel nome di Amenhotep, htp, abbia appunto questo valore fonetico...
-Kiya-
00mercoledì 25 novembre 2009 13:59
Io, per preferenza meramente personale, prediligo i nomi Egizi, non grecizzati.

Vi sono circostanze in cui mi accade di utilizzare i nomi derivati dal Greco, ma perchè maggiormente impiegati e quindi mi lascio trascinare dalla consuetudine, come nel caso di Khufu, che diventa Cheope, Khafra, che diventa Chefren e Menkaura, più noto come Micerino.
Hatshepsut76
00mercoledì 25 novembre 2009 14:02
Anche io preferisco i nomi Egizi, non grecizzati
FrAnkh
00giovedì 26 novembre 2009 00:00

D'accordo, è allora solo una questione di preferenza [SM=g999103] .....

Però anche chi preferisce i nomi egiziani a quelli 'grecizzati', dirà comunque Thutmosi e non Djehutymes, dirà inoltre Psusennes invece di Pasebekhaemniut, dirà Apries invece di Wahibra......

Pare che fra i nomi dei re egizi che hanno una corrispondenza greca, il solo Amenofi venga pronunciato all'egiziana [SM=x822719] .....
roberta.maat
00giovedì 26 novembre 2009 00:34
FrAnkh ha sempre ragione !
ACUSinpw
00giovedì 26 novembre 2009 08:53
Khufu rakhaef menkaura, per quel che mi riguarda... Djehutymes pure.. Il punto è più che altro un problema di pubblico.. Se parlo con compagni di corso non ho alcun problema a saltare fuori con uno djehutymes, senza il problema di venire capito o meno.. Il fatto è che se parli al "pubblico", non solo quello profano, ma anche quello più interessato, per quanto non specializzato, per farti capire devi usare il linguaggio più comune possibile.. Da cui va da sé che Thutmosi è certamente più noto di djehutymes, appunto... Così come un Cheope lo è più di un khufu e, per andare ancora più in la, uno zoser lo è più di uno djoser.. È una qustione di pubblico e come si sa, non sto certo scoprendo l'acqua calda, l'egittologia vive molto di "pubblico" .. Propinare in un articolo su una rivista nomi egizi in toto, renderebbe difficile la "lettura" la comprensione e la memorizzazione, abbassando notevolmente l'interesse.. E soprattutto leggere il nome "grecizzato" permette al lettore medio, psicologicamente, di sentirsi più vicino a una cultura, che, altrimenti, con i suoi nomi incomprensibili di difficile lettura e memorizzazione, apparirebbe fin troppo lontana e ostica..

Secondo me, per uno studioso, è bene conoscere e utilizzare entrambe le letture, non solo quindi per amor di tradizione come ho detto più sopra, ma anche per capacita comunicativa: se dovessi in futuro scrivere un articolo in un journal specializzato per un pubblico di colleghi egittologi non mi sognerei mai di scrivere thutmosi, quando dovrò scrivere su una rivista come archeo o storica o via dicendo scriverò il nome egizio fra parentesi affiancato a quello grecizzato (o viceversa) se scriverò su focus o sul corriere della sera mi dimenticherò del nome egizio e mi avvarrò solo del nome grecizzato..

Sperando che un giorno dovrò davvero scrivere articolo da egittologo :)
FrAnkh
00giovedì 26 novembre 2009 21:39


I personaggi che ho menzionato nel mio intervento del 25.11 (Gardiner, Kitchen, Hannig, ecc...,ecc...) sono (o sono stati) fra i massimi esponenti dell’egittologia mondiale, ed i loro scritti (specialmente quelli sulle riviste altamente specializzate) sono rivolti ad un pubblico profondamente preparato sulla materia dell’egittologia.

E non si sono mai posti problemi nel chiamare ‘Amenophis’ il faraone che nei testi egizi viene scritto come ‘ImnHtp’.
ACUSinpw
00giovedì 26 novembre 2009 22:52
FrAnkh, so bene di chi hai parlato, ma mi hai frainteso. Io ho esposto un modus operandi teorico personale! Non ho messo in dubbio le scelte altrui. Ho solamente espresso come io mi comporterei...
-Kiya-
00domenica 29 novembre 2009 14:46
Un'ulteriore "assonanza" tra la pronuncia egizia e il nome attribuito dai greci, la riscontriamo in Upuaut, ovvero l'"Apritore di strade". Colui che per gli Egizi era wp-w3wt divenne, per i Greci, Ophois.
Un possibile esempio di errata pronuncia da parte nostra?
franco.brunoro
00giovedì 17 dicembre 2009 11:28
Snefru o Snofru
L'uso delle vocali aggiuntive mi sembra sia legato alla differenziazione fra la scuola francese e quella tedesca:
i francesi utilizzano la "e" da cui per es. Beki, i tedeschi usano lo "o" .

Franco
emilioraffaele
00giovedì 17 dicembre 2009 15:48
Bè non sapevo proprio che Thutmosi si potesse chiamare anche Djehutimes, sicuramente il mio livello di conoscenza è più basso del livello medio degli altri partecipanti, oltretutto non ho studiato il greco. Però, oltre ad essere fiducioso nella grande pazienza dei nostri professori (già abbondantemente dimostrata), sono certo che, proseguendo nel progetto, ogni volta ci darete la giusta "dritta" per non fare confusione. Comunque sono d'accordo nell'uso dei termini non "grecizzati"
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