Museo Copto del Cairo

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-francis-
00martedì 9 dicembre 2008 19:30
Se qualcuno fosse interessato, e conosce l'inglese, ecco il link:
www.coptic-cairo.com/index.html
pizia.
00martedì 9 dicembre 2008 19:38
E' molto bello, ci sono stata qualche giorno fa, poi ve ne parlo, in italiano naturalmente!
pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:22
E' arrivata l'ora di parlarne, un po' in ritardo, ma meglio tardi che mai, no?
Riporto qui ciò che ho scritto nel mio Diario di Viaggio di Pizia 2008 a proposito della visita al Museo Copta del Cairo.

L'ingresso è presso la torre in muratura detta "Bastione di Babilonia".


Prendiamo il biglietto ed entriamo, espletando le solite formalità di sicurezza, passiamo il bagaglio a mano nello scanner e noi attraverso il portale metal-detector, naturalmente la macchina fotografica viene bandita subito quale strumento del demonio e stavolta non riesco a dissimularla, vogliono proprio trattenerla alla reception.

Speriamo bene!

Il giardino è bellissimo, architettura araba pura, anche nella scelta e disposizione del verde, perfettamente domato, per stare dentro ai ristretti spazi costruiti.

Il Museo è abbastanza nuovo, almeno nella sua forma attuale, tutto è nuovo e segnalato bene, con abbondanza di indicazioni, quindi troviamo facilmente l’accesso all’esposizione permanente dei reperti copti.

La raccolta è vastissima, si va dal periodo greco a quello romano, all’epoca cristiana per finire con l’inizio dell’era islamica.

Poche lampade integrano la luce naturale del sole, che filtra ben dosata attraverso le finestre arabescate dai treillage in legno, anche l’illuminazione è perfetta, sfruttando al meglio il contributo delle giornate eternamente serene, non potrei immaginare niente di meglio.

Le sale sono disposte su 2 piani, in un edificio dotato di 2 cortili interni, attorno ai quali si snoda il percorso espositivo.

In ogni sala una carta schematica dell’Egitto porta i nomi delle principali località della cultura copta, soprattutto le sedi dei grandi monasteri funzionanti dal secolo I al secolo VIII.

Una o più stanze consecutive sono dedicate ad una ordinata esposizione dei pezzi provenienti tutti dalla stessa località, il cui nome si ritrova opportunamente evidenziato sulla cartina.

Ci vorrebbe una giornata intera solo per vedere il Museo e invece stavolta mi sono presa troppo poco tempo per terminare la visita in modo sufficiente, riesco a malapena a vedere tre serie di stanze; mi sono lasciata ingannare dai programmi dei principali operatori turistici, che in un giorno visitano tutto e fanno anche lo shopping, e a me non basta nemmeno come aperitivo.



pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:23

I reperti copti sono per la maggior parte frammenti di rilievi.
Li classificherei nel seguente modo:

1) fregi con decorazione astratta, geometrica oppure fitomorfa molto stilizzata, con tipici elementi decorativi quali greche, croci uncinate ed ansate, volute e spirali, trecce e cordoni, losanghe e foglie, i quali sono ancora oggetto di studio durante i primi anni delle scuole di disegno, accademie, esami universitari …
Per la progettazione di questi motivi è evidente l’uso disinvolto, di certo risalente ai tempi più antichi, di squadre, compassi e altri strumenti del disegno tecnico, infatti, la maggior parte di essi risulta da una ritmica associazione di elementi geometrici semplici, come archi di cerchio, quadrati, triangoli…

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:24

2) ankh, sì proprio quello, l’elemento “vita” della scrittura sacra egizia, amuleto carico di grande potere, ricorre con una inaspettata frequenza.
Probabilmente, la grande fortuna di questo segno è stata la sua diffusione e il successo ottenuto presso il popolo.
Se vogliamo dare qualche credito all’ipotesi della sua derivazione da una stilizzazione della figura umana avvenuta migliaia di anni fa in ambito sahariano, possiamo anche comprendere l’immediatezza mediatica del segno.
La tradizione cristiana degli inizi accoglie subito questo segno e lo consacra al pari della croce detta “greca” (tutti i bracci uguali), dal cui modello si evolverà in seguito quella cristiana propriamente detta (braccio di base più lungo), per conservarla e tramandarla fino ai giorni nostri.
Proprio per la confidenza con l’uso degli strumenti di cui si diceva prima l’ansa dell’ankh tende a diventare perfettamente circolare, collegata al punto di incrocio delle braccia con un piccolo tratto rettilineo.
Le braccia assumono un aspetto svasato verso le estremità e i loro margini si incurvano alla ricerca dell’arco di cerchio perfetto.

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:24

3) fregi naturalistici derivati non solo dalla più pura tradizione ellenistica, ma anche dalle raffigurazioni simboliche egizie.

L’acanto è la pianta tipica della decorazione artistica greca del periodo della maturità; il capitello delle colonne in stile corinzio rappresenta un cesto di foglie di acanto e anche lo stile romano detto “composito” adotta spesso particolari di questa pianta.
Per la vicinanza spazio-temporale della cultura copta a quella classica, ma anche per la grande disponibilità di edifici in disuso da spogliare per il riutilizzo dei materiali, gran parte di queste decorazioni vanno a finire nei conventi e nei monasteri.

La vite è un’altra pianta di grande successo nell’antichità classica, ma ha dalle radici molto profonde (e non solo in senso figurato) nella cultura locale egizia.
Sarebbe interessante indagare quanto la tradizione egizia dinastica, molto amante dei frutti e del vino dati da tale pianta, sia responsabile della sua diffusione e fortuna durante il periodo cristiano.
Già dai tempi di Kagemni, come possiamo vedere nella sua mastaba, compaiono scene campestri con l’illustrazione del ciclo del vino, ma è certamente da molto prima che la pratica colturale e la lavorazione del frutto erano applicate.
Tutto questo complicato procedimento ha ispirato il pensiero simbolico dalla notte dei tempi, con i suoi procedimenti complessi e le trasformazioni misteriose, così facilmente paragonabili alla vita, alla rinascita ai più grandi misteri dell’uomo.
Ricordate quella tomba famosa per il suo soffitto insolitamente decorato a vigna, con grappoli appesi? Forse il disegno è ingenuo, si potrebbe definire “naif”, e per questo solleva sempre la compassione dei critici d’arte di matrice classicista, ma possiamo giudicare se l’intento dell’artista fosse ancora una volta quello di allontanarsi dalla realtà trascendendola, aborrendo la fedeltà fotografica, per avvicinarsi ancora una volta alla forma pura, quella geometrica.
Come ogni oggetto reale, una volta disegnato e stilizzato,perde la sua fisicità, tende sempre di più al simbolo, al punto di diventare segno geroglifico, poi ieratico, infine demotico, trasformazione a cui abbiamo assistito variamente durante i millenni di storia, culminante con la genesi di altri segni dei quali ormai si è perduta la matrice egizia.

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:25

4) Scene di mitologia greca e/o romana, sempre a causa della vicinanza culturale e della disponibilità pratica di materiale sfruttabile, proveniente da antichi edifici in rovina, oppure oculatamente, con atti di sincretismo studiati, alcuni miti trovano posto nella tradizione teologica cristiana.
Teatro di tali accorpamenti non è Roma, non è la Grecia, ma l’Egitto copto.
Troviamo bassorilievi con Veneri che nascono dalle acque, motivi adottati come metafora di bellezza nascente dalla purificazione; ricordiamo come il concetto di “bello” e di “buono” siano molto vicini per gli antichi, per gli egizi in particolare esisteva una sola parola in grado di esprimere entrambi i concetti: “nefer”.
Solo molto più tardi si punta il dito sulla differenza, spiegando come il “bello” può essere ingannevole, celando qualcosa di “non buono”.
Orfeo è un altro personaggio molto rappresentato; nel culto funerario classico si ricorre spesso alla raffigurazione del suo mito, ma in ambito cristiano egli viene assunto a simbolo del Cristo stesso, come pastore a capo del suo gregge, affascinante guida in grado di capire la musica, simbolo dell’armonia dell’universo.
Dioniso e Bacco si possono ricondurre al ciclo della vita attraverso il ciclo della vigna, essi sovrintendono mentre gli uomini lavorano e si divertono.

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:25

5) Madonna con bambino Gesù in braccio, spesso mentre allatta.
Inutile dilungarsi su questo, ne abbiamo parlato in molte occasioni, l’iconografia della mamma con bambino ha un potere davvero eccezionale, gli esperti di propaganda di tutti i tempi lo sanno e lo sfruttano.
Sicuramente derivata dalle analoghe immagini di Iside col piccolo Horus e ancora prima dalle statue delle regine madri col giovane erede in braccio.

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:26

6) Nuova iconografia cristiana. Santi, martiri, Cristo in gloria in cielo racchiuso in mandorle di luce, gli apostoli, la Madonna, gli Evangelisti.
Questi ultimi talvolta assumono le sembianze dei loro simboli, cioè un angelo, un leone, un’aquila e un toro.
A dir la verità non potrei giurare che pure questa sia iconografia cristiana pura, a me ricordano tanto i 4 figli di Horus…

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:28

Oltre alla decorazione a bassorilievo, su cui mi sono dilungata fin troppo, ci sono anche decorazioni pittoriche e a commesso litico.

I motivi ricorrenti sono circa gli stessi; la pittura è una tecnica molto più rapida della scultura, ma non solo, essa permette anche dei ripensamenti, maggiore flessibilità nella scelta di scene e soggetti, quindi amplia le possibilità dell’artista, aprendo a una vasta gamma di varianti.

L’Egitto fu certamente una terra fertile anche per il fiorire delle arti; grazie alla sua lunga tradizione permise lo sviluppo di particolari capacità artigianali, sia nella lavorazione delle pietre, anche le più dure, sia per la produzione delle polveri colorate da usare come pigmento in pittura e per la colorazione delle fibre tessili.

Infatti un materiale molto sfruttato fu la stoffa, infatti tessuti preziosi come le stoffe copte se ne vedono raramente nella storia; qui i motivi descritti trovano nuove ed interessanti applicazioni.

Il lino è sempre il più diffuso, ma la lana non è più un tabù, riabilitata grazie alla simbologia pastorale, strumento favorito dalla nuova religione.

La fibra può essere tinta in filo, quindi usata per la trama o l’orditura delle pezze; come nei telai moderni, l’alternanza dei fili colorati realizza l’effetto del disegno.

Per ottenere un disegno in “bianco e nero” è sufficiente usare due tinte a contrasto.

Esistono anche esempi di ricamo a ritaglio: le stoffe colorate a “bagno”, cioè monocromatiche, vengono ritagliate secondo il disegno, quindi montate con ago e filo su una stoffa di supporto, generalmente più robusta, di colore neutro o bianca.

Le basi del ricamo moderno, come noi lo conosciamo, erano già state gettate, qui, in Oriente, in Egitto.
Il filo, e quindi la stoffa risultante, possono essere molto fini, come un tulle o un voile, in modo da poter essere lavorate in “piastrelle” da applicare sui vestiti o da comporre in fregi a striscia.

Venivano applicate ad ago sopra a tuniche più grossolane, creando una grande quantità di nuovi tipi di abito, gli antenati degli attuali paramenti sacri dei religiosi.

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:28

La carta è certo il materiale della sapienza egizia per eccellenza.

In questo periodo al papiro si accostano carte ricavate da altre fibre vegetali e si diffonde la pergamena.

Il perché non lo saprei dire, non ho ancora ragionato molto sui motivi che portarono ad un così largo uso del nuovo supporto quando invece già ne esistevano di tanto comodi ed economici.

Forse il papiro non è una pianta facilmente coltivabile al di fuori dell’Egitto, essa necessita di un clima molto caldo e di molta acqua sia per la crescita della pianta che per la lavorazione della carta, ingredienti difficili da combinare al di fuori della Valle del Nilo.

Per quanto riguarda le capacità artigiane credo non sia richiesta maggiore abilità per la produzione della carta di papiro rispetto al foglio di pergamena, non dal punto di vista tecnico (so che sono due lavorazioni ben differenti), ma dal punto di vista dell’impegno.

Questi sono i primi libri a forma di “libro” e non di “rotolo”.

Ne ho visto uno molto apprezzabile del II secolo, ma immagino se ne conoscano di più antichi.

Ecco gli antenati delle pagine miniate dai monaci amanuensi dei monasteri italiani ed europei (tutto ciò fa un po’ “Nome della Rosa”…).

Vangeli, Atti degli Apostoli, Lettere di Paolo e Apocalisse variamente scritti in greco, ebraico, copto e arabo, decorati con scene tratte dagli scritti come illustrazioni del testo (e non viceversa come nelle scritture sacre egizie!), incorniciati da fregi con gli stessi motivi già descritti.

pizia.
00sabato 27 novembre 2010 18:29

Infine oreficeria ed ebanisteria.

L’arte di lavorare metallo, legno, pietre, avorio e altri materiali più o meno preziosi per ottenere oggetti di grande valore, trova posto nei monasteri, uniche sedi in grado di fornire una certa sicurezza e garanzia, in maniera analoga a quanto accadeva in epoca dinastica presso i grandi templi.

Qui le gerarchie si rafforzano, aprendo ancora una volta la strada alla conquista del potere temporale da parte degli ecclesiastici.

Gli oggetti preziosi sono realizzati in stile bizantino e in stile arabo.

Ho potuto solo vedere al volo queste cose deliziose, passando nei corridoi alla ricerca dell’uscita, perché il tempo a disposizione per la visita al quartiere copto era terminato e il nostro taxista ci aspettava sul luogo dell’appuntamento e non volevamo farlo aspettare troppo.

NEFERNEFERURE
00domenica 28 novembre 2010 10:28
Brava Pizia e grazie, è tutto interessantissimo, come vorrei essere stata là... [SM=g999097] [SM=g999097]










[SM=g1621242] [SM=g1621242]
-francis-
00domenica 28 novembre 2010 10:52
Io purtroppo non l'ho potuto visitare perchè poco prima avevo avuto una crisi di vertigine sul minareto di Ibn Tulun, avevo la nausea e non me la sentivo di entrare in un museo. Ho aspettato fuori, nel giardino, i visitatori.
Però, allora (parlo del 1983) il museo era in ristrutturazione e mi dissero che si vide ben poco...
La cosa che però più mi piacque fu la gita a piedi per arrivarci, passando nei vicoli della parte vecchia copta, piena di vicoletti e con alle pareti delle case immagini sacre...
pizia.
00domenica 28 novembre 2010 21:46
Passeggiare per la città vecchia è molto suggestivo, c'è una tranquillità che sembra quella dei villaggi delle campagne, nonostante la presenza dei turisti sia massiccia.
Il giardino è meraviglioso, sembra di entrare nella reggia di un pasha, però prima o poi devi andare a vedere l'esposizione, perché ne vale la pena.

Di arte copta non ne sapevo nulla, ma grazie alle spiegazioni scritte nelle sale e sulle etichette dei reperti sono riuscita a farmene un'idea, sono pochi (anche da noi) i musei fatti così bene.
Anche l'edificio è fiabesco, sembra un teatro da mille e una notte: al piano terra si passeggia nelle sale allineate attorno ai cortili interni, da ognuna si gode di una vista diversa, sembra di scoprire giardini sempre nuovi, usciti dalle leggende sull'oriente; al primo piano si guardano dall'alto gli spazi verdi racchiusi fra mura e porticati, ma ci sono anche apprezzabili affacci all'esterno, con grandi finestre rifinite con imposte di legno meravigliose, indescrivibili a parole, che formano ognuna un gioiello di salottino in cui sedersi a guardare fuori non visti.

Ovviamente non si può fotografare, ma ho qualche foto fatta col cellulare, mi perdonerete la qualità nemmeno passabile?
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