La tilapia contro la malaria

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-Kiya-
00giovedì 27 settembre 2007 00:32
Si distingueva già nell'antico Egitto, dove il Tilapia era un simbolo delle virtù rigenerative proprie dell’ambiente liquido; un simbolo di rigenerazione e rinascita legato al particolare comportamento della femmina di questo pesce, che conserva le uova nella cavità orale finché non si schiudono. Anche una volta nati se i piccoli avannotti si trovano in pericolo si rifugiano nella bocca della mamma.
Gli Egizi pensavano che il Tilapia nascesse dalla bocca ed interpretavano questo come un simbolo del potere di creazione di Atum. Per via della sua colorazione rossastra, era connessa anche alla simbologia solare. Il Latus niloticus (aha in egizio), perciforme di colore azzurro, fu venerato e mummificato. Naturalmente rientrava anche nell'alimentazione, eppure non venne mai raffigurato sulle tavole d'offerta dei rilievi tombali. Il motivo è sconosciuto, ma si ritiene che tale assenza potesse essere ricondotta a motivo di venerazione. Secondo alcune versioni del mito, infatti, la tilapia potrebbe essere il pesce che inghiottì l'organo sessuale di Osiride.

Oggi è ancora abitante del Nilo e del lago Nasser, dove è stata inserita "artificialmente" per ricreare l'habitat faunistico, in seguito all'erezione della diga di Assuan.





Tutti sanno che per sconfiggere la malaria si devono sconfiggere le zanzare che portano il parassita. Si potrebbe provare a farsi aiutare da un pesce affamato?

Secondo un recente rapporto, risulta che nei bacini d’acqua popolati dal pesce tilapia ci sia una drastica riduzione delle larve di zanzara che trasmettono la mortale malattia. Rimane da dimostrare se questa tecnica possa essere valida per combattere la malaria.

Per il loro esperimento, Francois Omlin dell’International Centre of Insect Physiology and Ecology di Nairobi (Kenya) e i suoi colleghi hanno selezionato tre bacini che si trovano nella zona occidentale del paese e che hanno un numero estremamente elevato di larve di zanzara. Hanno introdotto il pesce tilapia del Nilo (Oreochromis niloticus) in due dei bacini selezionati e hanno tenuto il terzo come controllo.

Dai campioni di acqua prelevati sembra che il numero di larve della zanzara Anopheles gambiae si sia ridotto di oltre l’80% in 15 settimane nei due bacini sperimentali dove la tilapia è stata introdotta. Il numero di larve nel bacino di controllo è invece triplicato nello stesso periodo. Contemporaneamente il numero di zanzare Anopheles funestus, un altro vettore della malaria, è rimasto stabile nei due bacini con la tilapia, mentre è cresciuto enormemente nel bacino di controllo.

Secondo i ricercatori introdurre la tilapia nei bacini non popolati da pesci può contribuire a ridurre la popolazione di zanzare e quindi a combattere la malaria, che nel mondo causa la morte di oltre un milione di persone all’anno, la maggior parte bambini. Come beneficio aggiunto i pesci stessi che si riproducono ogni alcune settimane potrebbero diventare una fonte di proteine e di guadagno per la popolazione locale.

Omlin i suoi colleghi hanno detto che le preferenze gastronomiche della tilapia per le larve di zanzara si conoscevano da molto tempo, fin dal 1917, e dichiarano che: “Per quanto ne sappiamo non è stata pubblicata nessuna ricerca sull’uso della tilapia per il controllo delle zanzare”.

La diminuzione delle larve di zanzare grazie alla tilapia è notevole, sostiene Peter Atkinson, un entomologo dell’Università della California a Riverside (USA), esperto di vettori della malaria. Tuttavia aggiunge che “il controllo delle zanzare attraverso l’introduzione di pesci predatori è da considerarsi un’azione complementare” ad altri approcci come i pesticidi, la bonifica delle pozze stagnanti ed eventualmente l’introduzione di organismi geneticamente modificati che impediscano la riproduzione delle zanzare. È anche importante, continua Atkinson, tenere conto dell’impatto ecologico dell’introduzione di un pesce in un nuovo habitat.

Inoltre, molte zanzare portatrici di malaria in Africa hanno una predilezione per le piccole pozzanghere fangose, come quelle prodotte dalle impronte, sostiene Clive Shiff della Johns Hopkins Bloomberg School of Health di Baltimore (Maryland, USA). Questo siginifica che l’introduzione di pesci nei bacini non porti effettivamente all’eliminazione dell’ambiente di riproduzione delle zanzare più pericoloso.
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