Che cosa c’è di più affascinante dello sfavillio di uno smeraldo? La sua stessa luce, dono della terra ed esaltazione dell’uomo, fredda, impunemente arrogante, parla di potenza, di ricchezza, di forza. Questa pietra, come le altre preziose - il diamante, il rubino, lo zaffiro - ci arriva da milioni di anni fa, quando i vari componenti naturali hanno cominciato ad aggregarsi nelle viscere della terra. Miniere di pietre preziose si trovano in Africa, in America del Sud, in Asia ed in Russia. E in tutti e cinque i continenti quelle di smeraldo la, pietra verde”, appartenente al gruppo del berillo, minerale famoso per le sue molteplici varietà gemmifere quali lo smeraldo appunto, l’acquamarina (blu), l’eliodoro (giallo), la morganite (rosa) e il berillo incolore.
Lo smeraldo deve la sua caratteristica colorazione alla presenza del cromo e del vanadio che, unita alla sua rarità, lo rendono una delle pietre preziose più appetibili subito dopo il diamante.
La magia del suo colore fin dai tempi più antichi ha ammaliato i potenti: per fare un esempio, se non abbiamo prove che l’estrazione degli smeraldi in Egitto risalga a 3000 anni a.C., è però probabile che sia iniziata intorno al 1500 a.C. durante il regno del Faraone Thutmosis III per arrivare al massimo splendore ai tempi di Alessandro il Grande e della regina Cleopatra, che pare avesse l’abitudine di offrire ai dignitari in visita una sua immagine incisa su uno smeraldo. Smeraldi egiziani venivano anche montati sui gioielli della Roma imperiale secondo quanto evidenziato da ritrovamenti a Roma e nell’area vesuviana.
Della provenienza geografica degli smeraldi archeologici che decorano gioiellerie antiche si occupa una Unità Operativa del Progetto Finalizzato “Beni Culturali” del CNR, attiva presso la Sezione di Roma dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa, di cui è responsabile il dr. Carlo Aurisicchio. Attraverso l’uso di tecniche non distruttive quali le analisi gemmologiche, la microscopia (SEM), la microanalisi elettronica (EMPA) e la microspettrofotometria dell’infrarosso (Micro-FTIR) si possono ricavare parametri utili alla caratterizzazione delle diverse miniere d’origine. Tali ricerche affiancano gli studi storico-archeologici tendenti ad individuare le vie di comunicazione e/o commerciali utilizzate nelle varie epoche per l’approvvigionamento di tali merci.
Autrice: Isabella Vannutelli / Fonte: Carlo Aurisicchio, sezione di Roma dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, Pisa
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