Il sangue, ovvero snf

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-Kiya-
00mercoledì 31 dicembre 2008 02:00
Se teniamo conto delle conoscenze appurate in ambito chirurgico, sarebbe lecito ritenere che ne conoscessero l'importanza, ma non credo si possa ritenere operassero delle trasfusioni. Se anche fosse, si scontravano con un limite ben definito, ovvero la mancata consapevolezza delle diverse tipologie di sangue e le relative compatibilità.
Forse proprio in questo va cercata la ragione di possibili interventi chirurgici non andati a buon fine.

La pratica della mummificazione gli permise di osservare la composizione del corpo e, in buona parte, anche le sue funzionalità.
Conoscevano l'apparato circolatorio, questo è un dato di fatto, ed erano consci che il cuore fungesse da pompa per l'intero organismo. Ma ritenevano anche che vene e arterie veicolassero nel corpo umano qualunque tipo di liquido presente in esso, e non solo la "rossa linfa vitale".

Tra i 42 giudici presenti nel Tribunale Divino ve n'è uno, il cui nome è Unemsnef (letteralmente "divoratore di sangue"), tuttavia di questi si dice che "viene dal Mattatoio", pertanto non è possibile considerarlo un riferimento al sangue umano.

A vostro parere, in quale considerazione gli antichi egizi tenevano sangue umano e quanto ne sapevano a riguardo?

pizia.
00mercoledì 31 dicembre 2008 08:34
In un articolo apparso su una rivista di storia della medecina, di cui ho già scritto nel forum, gli autori osservavano come nei geroglifici fossero frequenti i segni indicanti parti del corpo umano essenzialmente esterne o viste dall'esterno, come testa, naso, occhio, bocca, piede, braccio, mano, ecc., mentre le parti interne, gli organi non visibili, fossero parti di animali, come il nefer, la placenta o lo stesso cuore.

Certamente gli egizi conoscevano l'interno del corpo umano abbastanza bene, grazie alle pratiche di mummificazione, ma non ne sfruttarono le parti nel liguaggio scritto forse per un tabù riguardante il corpo stesso, che lo rendeva cosa intoccabile e anche non rappresentabile, per non evocarlo con le immagini ripetute del segno abbinato al suono.
Le persone addette al trattamento dei cadaveri invece, erano tecnici ritualisti specializzati a cui era permesso eseguire le operazioni di rito, e così i medici specialisti.

Forse per il sangue vale la stessa considerazione, la prima conoscenza con questo liquido vitale avvenne tramite gli animali d'allevamento, dei quali, tra i popoli di pastori-allevatori seminomadi del Deserto Orientale, vissuti in epoca predinastica, si sfruttava principalmente il latte e il sangue, mentre la carne si utilizzava raramente per integrare la dieta, e solo in seguito a sacrifici religiosi.

pizia.
00lunedì 5 gennaio 2009 17:23
Nella traduzione che posseggo di alcune parti del Papiro Ebers, si parla di "vasi", come dei condotti cavi del corpo umano, indipendentemente da ciò che essi veicolano.

L'usanza, attestata nella medicina, di far distinzione anche di termine, fra i vari tipi di condotti, è tradizione più recente, ma era chiaro il tipo di materiale veicolato, pur non conoscendone la reale funzione nell'economia di tutto l'organismo.

Medici, macellai e imbalsamatori forse non scambiavano le proprie conoscenze a favore di una migliore comprensione della fisiologia animale e umana, ma avevano in comune la valenza magica del proprio mestiere.

Mentre i medici utilizzarono presto la scrittura per tramandare le conoscenze, per gli altri due mestieri valse più a lungo la tradizione orale e l'isegnamento pratico, diremmo oggi "di bottega", con ripercussioni negative sull'evoluzione delle conoscenze.

In certi casi, l'aver cominciato a scrivere le nozioni ha causato un "congelamento" delle stesse, mentre le conoscenze trasmesse oralmente hanno potuto continuare ad arricchirsi con i risultati dell'esperienza.
-Kiya-
00lunedì 5 gennaio 2009 18:09
Riallacciandomi a quanto ho riportato a proposito degli Shemsu Hor, nello specifico, al riferimento all'antropofagia, ritenete effettivamente possibile che anche gli egizi credessero (almeno fino a una determinata epoca) che il sangue veicolasse l'energia vitale, e che la stessa potesse essere assorbita, cibandosene?

Se sì, quale evoluzione potrebbe aver avuto tale pensiero, dopo la cessazione di una tale pratica?
roberta.maat
00lunedì 5 gennaio 2009 21:11
Il discorso è abbastanza complicato se facciamo un paragone con le attuali conoscenze scientifiche. Infatti, come già precisato da Kiya, gli egizi non avevano chiaro il sistema vascolare. Contavano 46 vasi che dipartono dal cuore e raggiungono ogni area del corpo veicolando tutti i liquidi compresa l'aria (primo trattato -papiro Ebers-. Questa cifra è arbitraria è non ha alcun riscontro anatomico e nel secondo trattato i vasi elencati, forse per errore dello scriba, sono 22.


Se teniamo conto delle conoscenze appurate in ambito chirurgico, sarebbe lecito ritenere che ne conoscessero l'importanza, ma non credo si possa ritenere operassero delle trasfusioni. Se anche fosse, si scontravano con un limite ben definito, ovvero la mancata consapevolezza delle diverse tipologie di sangue e le relative compatibilità.
Forse proprio in questo va cercata la ragione di possibili interventi chirurgici non andati a buon fine.



La conoscenza anatomica, strettamente inerente la circolazione sanguigna, era confusa e scarsa poichè l'esplorazione mediante dissezione dei cadaveri era ignota e nelle pratiche di imbalsamazione gli unici organi che potevano essere studiati erano quelli che si presentavano durante l'eviscerazione. Pertanto le arterie femorali o altre arterie e vene presenti altrove erano ignorate. Pare che l'unico dato riportato sulla base di uno studio anatomico sia quello relativo alla presenza di 4 vasi diretti al fegato, infatti ciò è visibile dopo l'asportazione dell'organo durante le pratiche imbalsamatorie.
La parola "metu" rappresentava non solo il sistema vascolare ma tutti i canali escretori sia che partano o sbocchino nel cuore.

In relazione al sangue è assai improbabile che si effettuassero trasfusioni poichè questo liquido che chiamiamo linfa vitale non era poi il responsabile della vita, anzi a volte era ritenuto portatore di patologie. Esso circola nel corpo insieme a tutti gli altri liquidi, comprese lacrime, sperma, aria e addirittura feci e pus. Era pensiero comune che spesso il sangue fosse responsabile di patologie le più disparate, come per esempio la sordità.

Ho tratto le mie informazioni dal testo di Leca, il quale ha analizzato l'argomento vasi e cuore, secondo me, in modo
corretto, spesso suffragato dalle traduzioni dei papiri (ebers, Berlino ecc) nonchè da alcuni testi delle piramidi.
Da quanto ne so, e non è moltissimo, credo che il sangue non avesse per gli antichi egizi il senso di "vita" ma che condividesse questa peculiarià insieme ad altri umori e talvolta addirittura fosse ritenuto nefasto.
Rifletto che sebbene il cuore fosse ritenuto anche la sede dell'anima nel senso delle emotivitè, la sua funzione di pompa non era chiara e soprattutto non luogo esclusivo del sangue. Pertanto l'importanza del
legame sangue-cuore era del tutto misconosciuta.
roberta.maat
00lunedì 5 gennaio 2009 21:34

Riallacciandomi a quanto ho riportato a proposito degli Shemsu Hor, nello specifico, al riferimento all'antropofagia, ritenete effettivamente possibile che anche gli egizi credessero (almeno fino a una determinata epoca) che il sangue veicolasse l'energia vitale, e che la stessa potesse essere assorbita, cibandosene?



Non penso che cibarsi del sangue potesse valere come assorbimento di energia per quanto ho scritto nel precedente post, però non saprei dire se nei miti dei semidei ci fossero conferme del contrario.
-Kiya-
00lunedì 5 gennaio 2009 21:47
Grazie Roby, per l'interessante approfondimento, davvero esauriente ;)

Mi sorge tuttavia spontaneo chiedermi quale fosse la prassi in caso di amputazioni.
Fino ad oggi mi pare che l'unico riscontro in proposito sia la mummia che presenta l'arcaica protesi in legno al posto dell'alluce, ma ritengo plausibile che si presentarono numerose occasioni per praticare quell'atto.
pizia.
00lunedì 5 gennaio 2009 22:23

La parola "metu" rappresentava non solo il sistema vascolare ma tutti i canali escretori sia che partano o sbocchino nel cuore


Forse "metu" è la parola che cerchiamo, quella che i traduttori dell'Ebers chiamano "vasi".
Il testo del Leca è "La medicina egizia ai tempi dei faraoni", ed. Ciba-Geigy SpA, 1992?

E' specificato come è scritto, con quali segni?
Perché ho trovato una parola, "medu", scritta esattamente con il segno del bastone utilizzato anche per indicare i geroglifici, ma non per indicare i vasi, bensì la mummia, immagino non sia la stessa parola.



gli unici organi che potevano essere studiati erano quelli che si presentavano durante l'eviscerazione


Però l'eviscerazione rituale era effettuata dagli imbalsamatori, operatori non certo privilegiati, i quali non erano medici, né conducevano studi simili o assieme agli allievi di questi.
Inoltre non si sa quando si iniziò ad eviscerare i cadaveri per mummificarli, ma dalle notizie piuttosto tarde, che di questa pratica ci sono giunte, si potrebbe dedurre che essa sia ben posterire alla "fondazione" della medicina da parte di Imhotep e anche alle prime notazioni ufficiali di medici professionisti (III Dinastia).
I primi involti canopici mi sembra siano quelli di Hetepheres, IV Dianstia dunque, ma è possibile che a quel tempo l'eviscerazione non fosse ancora praticata sistematicamente, ma riservata solo ad alcune persone dell'élite, (famiglia reale? re e Grande Sposa?) quindi pratica non utile ai fini dello studio di organi e sistemi interni.
Poco rispettoso inoltre eseguire studi ed esperimenti sul corpo del dio o di sua madre...
-Kiya-
00lunedì 5 gennaio 2009 23:17
"medu", traslitterato mdw, come parlare? quali segni lo compongono?


A proposito di "metu", nel testo di John F. Nunn, "Ancient Egyptian Medicine" leggo che il significato non fosse preciso e che il termine potesse comprendere non solo i vasi sanguigni, ma anche muscoli e tendini. Forse è per questo che si riscontrano numeri differenti a loro carico.
In ogni caso egli riferisce sia scritto semplicemente con i due segni m e t (al singolare)
-Kiya-
00lunedì 5 gennaio 2009 23:27
Il contenuto del testo che ho citato merita di essere letto, soprattutto perchè riporta i nomi egizi delle parti del corpo umano, compresi gli organi interni, conosciute.

Potete consultarlo qui:


pizia.
00martedì 6 gennaio 2009 00:18
Sì, "medu" come parlare, con il segno S43; adesso ho anche individuato i vasi, "metu" con il segno D52 e X1, sul catalogo della mostra Ur-sunu, anche qui ci sono tavole anatomiche degli apparati con i nomi delle varie parti.

Ok, sono due cose diverse, la spoglia e i vasi, medu e metu.

Non sono sicura però che il sangue avesse connotazioni solo impure: come ho già scritto più sopra rappresentò nutrimento per i primi pastori e offerta per gli dei in seguito ai sacrifici.
Dovrebbero essere motivi sufficienti per metterlo in relazione con la vita e il suo mantenimento, mentre il cibarsene non rappresenta un riferimento diretto al cannibalismo, visto che, quando usato come nutriemnto, era di origine animale (T. Wilkinson, "La Genesi dei Faraoni").

Andando indietro nel tempo, ma molto indietro, forse il sangue fu il primo colore usato per truccarsi la faccia: l'uomo sazio, il predatore, con le mani sporche di sangue si tingeva la faccia, segno molto eloquente per dichiarare di aver preso una preda a caccia e di essersene cibato per primo, privilegio destinato al capo.
Potrebbe essere un segno talmente intuitivo da essere compreso anche nel mondo animale, indicherebbe colui che ha mangiato.
roberta.maat
00martedì 6 gennaio 2009 09:58
E' evidente che la trattazione dell'argoento cuore-sangue cui ho fatto rifermento, riguarda l'aspetto medico e pertanto non troviamo una completa descrizione del significato dato al sangue nelle epoche precedenti l'attestazione "ufficiale" della scienza medica.

Sarebbe indispensabile, a mio parere, prima di rivolgere l'attenzione al sangue, cercare di comprendere a fondo l'interpretazione che diedero gli antichi al "cuore" scindendo per quanto possibile le due connotazioni e cioè quella strettamente anatomica necessaria all'apprendimento della fisiologia e quella che vede questo organo alla luce dell'influenza liturgica e magica.
Mi sono interessata maggiormente al cuore inteso come muscolo cardiaco e,seguendo il testo di Leca (sì è proprio quello), ho voluto vedere proprio il tentativo di comprensione dall'anatomia e della fisiologia umana.
Attualmente disponiamo di un inico trattato monografico di anatomia,diviso in due parti - primo e secondo trattato -.

Metu è la parola che indica i vasi ma dobbiamo riferisci alla loro visione per cui il sistema non è un sistema vascolare ma piuttosto "tubulare". Questo concetto egizio ha una somiglianza con quello descritto da Charaka , un celebre medico indiano vissuto nel primo secolo dopo Cristo ma per qualcuno collocato in epoca molto più antica.
Attraverso questi metu passano gli "ukhedu" il cui significato riguarda strettamente la patogenesi.

Tornando al sangue snf, nel papiro di Berlino n.3027, nell'esposizione di un incantesimo, esso è definito fratello del pus che è detto "sciacallo dell'alto egitto" , quindi affiancato agli elementi dannosi per l'organismo. In contraddizione con questo esistono però rimedi medici a base di sangue animale che ci inducono a pensare che nel sangue siano racchiuse le qualità fisiche individuali e che possano essere trasmesse attraverso lo stesso.

Un altro motivo che mi induce a ritenere che il sangue non fosse fisiologicamente ritenuto elemento indispensabile per la vita è che questo, spesso, non viene neanche nominato. Per es. sono citati (Eb.854) quattro vasi diretti ai polmoni che portano acqua e aria, fonte di vita, alla milza e dove il sangue è ignorato totalmente.

Tutto l'argomento è interessantissimo e si potrebbe dedicare una intera discussione, limitandola all'esame dello studio sulla nascita del pensiero scientifico che seppure imperfetto dimostra lo sforzo di comprensione dell'anatomia e fisiologia umana.



-Kiya-
00martedì 6 gennaio 2009 11:08
Credo che quella che, a questo punto, possiamo anche definire l'apparente scarsa rilevanza data al sangue, possa dipendere dal fatto che, avendo approfondito i loro studi anatomici su cadaveri, non ebbero la possibilità di comprenderne e apprezzarne la reale funzione. Ragion per cui esso venne considerato alla stregua degli altri liquidi presenti e prodotti dal corpo umano. Ma questo non esclude, a parer mio, che ne avessero compreso l'importanza ai fini della vita stessa.
La presenza dei "metu", distribuiti in tutto il tronco e nella testa (non mi è ancora chiaro se riconoscessero la loro presenza nell'intero corpo), dovette suggerirgli che i fluidi che vi circolavano avevano certamente un nesso con l'impronta individuale. Essi si originavano dal cuore, secondo loro, quindi dovevano essere collegati all'anima.

Testi non scientifici, reperiti in rete, riferiscono di episodi in cui il sangue (quello animale, però) fosse impiegato come rimedio e come rinvigorente. Esso veniva somministrato, ad esempio, per via orale, al faraone, con l'intento di limitare l'azione del tempo, con lo scopo di ringiovanirlo. Si accenna a situazioni in cui, attraverso bagni nel sangue, si cercasse di curare anche la lebbra.
Non ho però certezza che quanto riferito sia attendibile, poichè non ho ancora individuato fonti certe.

Tenuto conto che la scoperta del sistema circolatorio e delle sue funzioni risale a un periodo molto più recente (siamo nel 1658) e sapendo che furono eseguiti, nell'antico Egitto, interventi chirurgici di un certo tipo (anche operazioni al cervello, mi pare di ricordare), mi chiedo se abbiano potuto tentare di sopperire alla perdita di sangue magari attraverso la somministrazione orale, unica possibilità, considerata possibile all'epoca, di introdurlo nel corpo.
roberta.maat
00martedì 6 gennaio 2009 12:30
Siamo nel campo, purtroppo, delle illazioni, nel senso che noi vorremmo sempre riordinare le notizie che apprendiamo a frammenti per avere poi una visione delle loro conoscenze il più possibile assimilabile alle nostre.
Il fatto che riusciamo, grazie alle fonti, ad individuare un argomento estrapolandolo dalla loro cultura magico-mistica-scientifica ci avvicina alla comprensione di questa civiltà.

Per quanto riguarda l'informazione di Kiya circa la possibilità che il sangue, in una particolare epoca, potesse essere stato identificato come "terapia" per ingestione, non mi trovo molto daccordo. Questo perchè mi sembra di non aver mai incontrato questa pratica, nei testi che conosco, ma piuttosto di aver spesso trovato medicamenti per uso topico sottoforma di unguenti e impiastri che prevedevano l'uso di sangue animale.
Credo di poter dire che per la sacralità del corpo umano mai si sarebbe potuta usare la pratica della dissezione cadaveri a scopo di studio e ancor meno a scopo didattico.
Penso che la conoscenza dell'anatomia si sia arricchita per esperienza casuale. La ripetitività delle pratiche imbalsamatorie e l'osservazione delle ferite,comprese quelle derivanti da gravi incidenti a tutte le parti del corpo, abbiano fornito molti elementi
per un abbozzo di fisiologia . Mancò comunque quella parte di conoscenza del tutto acquisibile con la pratica settoria specificadelle singole parti del corpo umano.
roberta.maat
00martedì 6 gennaio 2009 18:18
Ho consultato il testo suggerito da Kiya e m'è presa la voglia di procurarmelo ! Comincio a darmi da fare.
Hatshepsut76
00martedì 6 gennaio 2009 20:57
siamo in due [SM=g999103]
pizia.
00martedì 6 gennaio 2009 22:52
Re:
-Kiya-, 06/01/2009 11.08:

Credo che quella che, a questo punto, possiamo anche definire l'apparente scarsa rilevanza data al sangue,
...




A me sembra, come ho già detto più sopra, che al sangue non fu affatto data scarsa rilevanza, tutt'altro.
Dalla lettura dell'Ebers possiamo obiettare che venne data troppa importanza ad altri canali, che noi riteniamo superflui dal punto di vista della sopravvivenza, ma il fatto che i condotti pieni di sangue vennero riconosciuti originanti dal cuore, come ha osservato Kiya, quindi non potevano essere tenuti in second'ordine.

Ma gli egizi compresero anche come alcune parti del corpo alle quali si dà minore importanza siano fondamentali per mantenerlo in vita, al punto che una loro "ribellione" avrebbe potuto compromettere le parti più "nobili".
Questo aspetto viene narrato in una fiaba, ad esempio, se vi interessa ve ne faccio un riassunto.



Esso veniva somministrato, ad esempio, per via orale, al faraone, con l'intento di limitare l'azione del tempo, con lo scopo di ringiovanirlo.
...mi chiedo se abbiano potuto tentare di sopperire alla perdita di sangue magari attraverso la somministrazione orale, unica possibilità, considerata possibile all'epoca, di introdurlo nel corpo


Come ho già scritto sopra ho trovato riscontro dell'usanza di cibarsi di sangue (animale), peraltro comune alle culture pastorali e dei primi allevatori di tutto il mondo; ad un certo punto però l'uomo smette di farlo sistematicamente, forse subentrano dei tabù, per cui, ove si continua a fare, acquisisce valenza rituale.

-Kiya-
00mercoledì 7 gennaio 2009 00:33
Re: Re:
pizia., 06/01/2009 22.52:



A me sembra, come ho già detto più sopra, che al sangue non fu affatto data scarsa rilevanza, tutt'altro.
Dalla lettura dell'Ebers possiamo obiettare che venne data troppa importanza ad altri canali, che noi riteniamo superflui dal punto di vista della sopravvivenza, ma il fatto che i condotti pieni di sangue vennero riconosciuti originanti dal cuore, come ha osservato Kiya, quindi non potevano essere tenuti in second'ordine.



per questo ho aggiunto il termine "apparente" [SM=g999103]

Per quanto numerosi siano i testi di medicina egizia giunti fino a noi, sono sempre troppo esigui per permettere di comprendere quale fosse la reale valenza del sangue, in quella cultura.

Sottolinea bene pizia: i metu avevano origine nel cuore. E' vero che ritenessero questi "canali" potessero veicolare anche sostanze nocive, ma è anche vero che ciò valeva per lo stesso cuore. Infatti, come sede dell'anima, poteva custodire i peccati commessi in vita. Eppure conosciamo tutti quale importanza gli fosse riconosciuta.
Siamo sempre di fronte al dualismo tipico a cui l'Egitto ci ha abituato: il bene che senza il male perde di significato.
In base a questo ragionamento, sono ancora del parere che il sangue non potesse avere valenza negativa, e continuo a cercare indizi che lo riconoscano come possibile "latore" di energia vitale.



Questo aspetto viene narrato in una fiaba, ad esempio, se vi interessa ve ne faccio un riassunto.



attendo di leggerti [SM=g999103]


Come ho già scritto sopra ho trovato riscontro dell'usanza di cibarsi di sangue (animale), peraltro comune alle culture pastorali e dei primi allevatori di tutto il mondo; ad un certo punto però l'uomo smette di farlo sistematicamente, forse subentrano dei tabù, per cui, ove si continua a fare, acquisisce valenza rituale.




parli di termine per l'uomo in generale o per la civiltà egiziana?
te lo chiedo perchè ho trovato riferimenti in proposito al fatto che nell'antica Roma si ritenesse che il sangue fosse un'ottima cura per l'epilessia e si racconta che coloro che ne erano affetti si recassero ai giochi, soltanto per poter approfittare del sangue dei gladiatori uccisi. Sapreste dirmi se è vero o se si tratta di pura leggenda?


roberta.maat
00mercoledì 7 gennaio 2009 17:31
Abbiamo fatto un pò di confusione, anzi sono io che ho fatto confusione per la mia mania di schematizzare e scindere sempre il materiale dall'immateriale.
Dunque il cuore è espresso col termine "haty" più frequentemente nei testi anatomici per indicare il muscolo cardiaco. L'altro termine "ib" viene impiegato piuttosto nei testi liturgici per indicare una entità morale. Questo stesso termine si ritrova in tutte le espressioni che indicano emozioni, sentimenti e sapienza. Per questo motivo il cuore che è insieme haty ed ib non viene estratto dal corpo e, se accade per incidente, il sacerdote che legge i riti di mummificazione ha cura di proclamare che è stato rimesso al suo posto. Esiste pertanto un profondo legame tra il cuore e l'anima.
Ciò non toglie che si possa, basandosi esclusivamente su "il trattato sul cuore e sui vasi", tentare di estrapolare il significato anatomico ed addentrarsi in quello che fu il primo tentativo di spiegare la natura, come nascita del pensiero scientifico e come sforzo di comprensione dell'anatomia e fisiologia umana.

Precisato quanto sopra vorrei aggiungere che le mie risposte precedenti non hanno tenuto conto dell'interpretazione morale e spirituale, comunque dovuta e riscontrabile negli scritti antichi.
Di conseguenza va da se che il sangue, oggetto della discussione, nel contesto da me esaminato, non è visto come linfa vitale se non alla stregua di acqua e aria che circolano e partono dal cuore. Altra cosa è per noi dire che il sangue è vita giacchè sappiamo perfettamente i suoi compiti quando entra o esce dal cuore.
Probabilmente il numero dei vasi contati, 22, nella seconda parte del trattato, sono proprio quelli strettamente sanguigni mentre nella prima parte, i 46 comprendono vasi canali escretori tendini ecc.

Credo inoltre che la pratica di nutrirsi di sangue (animale), proprio perchè nota fin dai primordi delle civiltà pastorizie, non contenga aspetti taumaturgici se non in epoche tarde quando questo sangue attenne a riti sacrificali e poi propiziatori.

Riletto quello che ho scritto....non sono proprio certa di aver espresso bene il mio pensiero ! Perdonate.
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