Il computer al servizio dell'Archeologia

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-Kiya-
00domenica 2 novembre 2008 12:32

Archeologia e informatica, ovvero usare il computer per scoprire i segreti del passato. E’ questo il tema al centro del convegno internazionale promosso dai ministeri dei Beni Culturali e dell'Istruzione, Università e Ricerca che si svolge oggi presso l'Accademia dei Lincei a Roma (Video). Un binomio su cui si fa il punto, a trent’anni dalle prime applicazioni, quelle che l’archeologo Sabatino Moscati realizzò con l’IBM. Poi, grazie agli sviluppi di questa disciplina, che unisce le tecnologie più avanzate ai segni più antichi dell’uomo e della sua storia, si sono raggiunti risultati inimmaginabili fino a pochi anni fa. Dalla ricostruzione in 3D di manufatti e strutture architettoniche, all’utilizzo delle mappe GIS, che si basano sull’informatica per la gestione complessa delle informazioni geografiche, aiutando l’archeologo nella scoperta dei siti e negli scavi. Per non dimenticare le nuove possibilità dei database dedicati alla catalogazione dei reperti e alla loro conservazione ‘digitale’.

Secondo Edoardo Vesentini matematico, già vicedirettore della Normale di Pisa, ''il primo a sottolineare l’importanza e gli sviluppi possibili del calcolatore nella ricerca in Italia fu Enrico Fermi''. Il fisico italiano scrisse nel ’53 al rettore di Pisa, Enrico Avanzi, chiedendogli di ‘’investire in un calcolatore, e anzi invitandolo a farlo costruire dagli stessi utilizzatori’’. ''Un ultimo regalo all’Italia del suo Nobel'', aggiunge Vesentini. Ma fu Paola Barocchi, storica dell’arte, la prima ad usare nella ricerca un calcolatore informatico. ''Al suo laboratorio, presso la Normale, furono assegnati i primi tecnici laureati. Lavoro che prosegue tuttora'', conclude il matematico.

‘’L'uso del pc nelle discipline umanistiche -spiega poi Tito Orlandi, professore all'Università La Sapienza di Roma, tra i primi in Italia a occuparsi di informatica umanistica- vede ora nuovi scenari, che aprono per tutte le discipline 'letterarie' campi di attivazione senza confini.''. Per questo, spiega Orlandi ''serve una presa di coscienza nuova. Bisogna andare oltre, non fermarsi ai risultati user friendly, alla facilità del nuovo software: oggi bisogna finalmente capire come le stesse discipline umanistiche cambiano col cambiare degli strumenti informatici''

Julian Richards dell’Università di York, in Gran Bretagna, sottolinea l’importanza degli standard per comunicare e classificare il lavoro che gli archeologi fanno al computer. ''Trovare standard condivisi non è facile -spiega lo studioso britannico-. Ma dobbiamo puntare al web semantico archeologico, intendendo in questo senso la trasformazione della rete internet in un ambiente dove i documenti pubblicati (file, immagini, multimedia) ''siano associati ad informazioni e dati (metadati) che ne specifichino il contesto semantico, in un formato adatto all'interrogazione e in generale all'elaborazione informatica''. ''Altrimenti -avverte Richards- si rischia la 'dannazione' degli stessi dati che vogliamo conservare''.

Al convegno internazionale di oggi, promosso dai professori Vesentini, Orlandi, Paolo Sommella e dalla dottoressa Paola Moscati, partecipano inoltre studiosi delle università di Parigi, Oxford, Atene, Barcellona, del Salento oltre a esperti del CNR e del Politecnico di Milano.




Hatshepsut76
00domenica 2 novembre 2008 12:38
interessante... sarebe interessante saperne poi i risvolti...
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