IL RAMESSEO
Alla morte di Sethi I gli successe sul trono delle Due Terre il figlio Ramses II che, in questo modo, divenne il terzo sovrano della XIX dinastia, il più grande faraone costruttore e sotto il suo regno lo splendore e la ricchezza d’Egitto raggiunsero l’apice.
Il primo obbiettivo di Ramses II appena incoronato fu quello di riconquistare i territori che erano stati dell’Egitto prima del regno di Akhenaton e persi per l’immobilismo ostinato di questo re, ma, soprattutto, era sua intenzione compiere l’impresa che non era riuscita neppure a suo padre: sconfiggere e sottomettere gli Ittiti, un popolo originario dell’Asia Minore e che in quel periodo rivaleggiava in potenza con l’Egitto.
Iniziò quindi una campagna militare e, dopo una serie di scontri minori, nel 1258 a.c. nei pressi di Qadesh, oggi nella Siria settentrionale, fu combattuta la battaglia che pose fine alla guerra e da ambo le parti cantata come vittoriosa, soprattutto da parte dello stesso Ramses II, ma in realtà lo scontro finì in un sostanziale pareggio e l’evidente equilibrio delle forze portò ad un trattato di alleanza tra le due potenze sancito con un matrimonio tra la figlia del re Ittita e il faraone.
Venuto meno l’avversario Ramses II accentuò l’attività edile che già aveva intrappreso per il completamento e il restauro dei monumenti paterni completando, tra l’altro, il Grande Tempio di Abido dedicato a Osiride che Sethi I aveva iniziato.
Tutto l’Egitto divenne un unico cantiere, le cave lavorarono ininterrottamente, templi, statue, edifici sacri e pubblici e obelischi furono innalzati, restaurati e in molti casi usurpati agli antichi sovrani e intestati a Ramses II il Grande.
Come tutti i faraoni del periodo anch’egli volle il suo Tempio di Milioni di Anni oggi conosciuto come Ramesseo; questo tempio fu iniziato nei primi anni di regno e completato, probabilmente, intorno al ventiduesimo anno; Ramses II fu, quindi, uno dei pochi sovrani a veder completato il proprio Tempio Memoriale.
Oggi, in un vasto campo cosparso di muriccioli, basi di colonne e scavi in corso, tre costruzioni in rovina sono quello che rimane dell’imponente tempio e la fama del complesso supera di gran lunga il suo aspetto.
Fin dall’origine il Ramesseo si componeva di un tempio centrale lungo il cui asse sorgevano due piccoli santuari dedicati alla madre del sovrano, la tegina Tuya, e alla consorte che da sempre fu la preferita tra le decine di spose che Ramses II ebbe: la Grande Sposa Reale Nefertari, alla quale il re dedicò anche un tempio ad Abu-Simbel; palazzi, edifici amministrativi e vaste aree adibite a magazzini e a servizi vari completavano l’area del sito che copriva una superficie dieci volte più vasta dello stadio di San Siro a Milano.
Ramses II non risparmiò su nessun lavoro e tanto meno lo fece sul proprio Tempio di Milioni di Anni che alla fine dovette presentarsi come uno dei più grandiosi monumenti mai realizzati; ma i sovrani delle dinastie che seguirono non furono rispettosi di tanta magnificenza e, poco per volta, iniziarono a smantellarne alcune parti per impiegarne i materiali nelle costruzioni di proprie opere.
Quello che non osarono fare gli uomini lo fece la natura; infatti, a causa di una scelta poco felice della località ove far sorgere il tempio, esso venne eretto sul margine delle terre coltivabili allagabili, quindi, dalle acque del Nilo allora non controllate dalla diga di Assuan, e le piene che si succedettero anno dopo anno provocarono smottamenti alla base su cui sorgeva il Ramesseo provocando il cedimento delle fondamenta e il crollo del tempio.
Anche i primi cristiani copti che ne occuparono le rovine apportarono danni a quanto rimaneva ricavandovi tra di esse anche una chiesa.
Le rovine, che si possono oggi visitare, facevano parte del corpo principale del Ramasseo; la sua struttura ispirò, senza dubbio, l’architetto che eresse il tempio di Medinet-Habu fatto costruire da Ramses III, grande ammiratore del suo omonimo predecessore, e varrebbe la pena visitare prima questa struttura per poter meglio ammirare l’opera di Ramses II.
I visitatori del Ramesseo entrano direttamente nel secondo cortile del tempio; dall’ingresso originario, costituito dal primo pilone, si entrava nel primo cortile sul cui lato destro era eretta un’unica fila di colonne a sezione quadra mentre sul lato sinistro una doppia fila di colonne papiriformi si ergeva davanti all’ingresso del santuario della regina Tuya.
Sulla sinistra dell’attuale ingresso, nel secondo cortile, si vedono i resti del secondo pilone e quattro statue addossate ad altrettanti pilastri a base quadra e raffiguranti Ramses II nei panni di Osiride con i simboli del potere tra le mani.
Tutto il resto del cortile era circondato da una doppia fila di colonne di cui rimangono solamente le basi.
Accanto al secondo pilone, nell’angolo opposto a quello d’attuale entrata, si trovano i resti di un colosso di Ramses II, ora crollato e a pezzi, sulla cui spalla destra è ben in vista il cartiglio del sovrano; i piedi e il basamento della statua sono piantati ancora oggi nel primo cortile ove, in origine si ergeva.
Si stima che il peso della statua sia stato oltre le mille tonnellate e che l’altezza originaria superasse i sei piani e che quindi si tratti della scultura ritta, priva di sostegni, più grande mai realizzata dall’umanità; sembra, inoltre, che un progetto sia allo studio per il recupero ed il restauro di questo colosso; da notare, inoltre, che il blocco litico nel quale fu intagliata la statua proviene dalle cave di Assuan e che fu trasportato per duecentoquaranta chilometri circa per via fluviale.
Si presume che il colosso sia crollato a causa di un grande terremoto che colpì l’Egitto nel 27 a.c. riducendo ad un cumulo di macerie il pilone esterno del primo cortile mentre subì pochi danni il pilone interno.
Nel secondo cortile si trovano altre quattro colonne osiriache ai piedi delle quali si trova una testa di Ramses II in granito nero che apparteneva a una delle due statue che si ergevano ai lati della scala che conduce alla Sala Ipostila; il busto della sua gemella fu asportato da Giovanni Battista Belzoni e ora è esposto al British Museum di Londra mentre la parte inferiore si trova ancora al suo posto.
La Sala Ipostila che si apre appena salita la breve scalinata che parte dal secondo cortile era costituita da quarantotto colonne papiriformi, in sei file di otto colonne ciascuna, di cui solamente ventinove sono ancora ritte e le decorazioni dei capitelli portano ancora i colori originali.
Le pareti e le colonne della Sala Ipostila illustrano le vittorie militari di Ramses II, in particolare la battaglia di Qadesh, sul muro di fondo a destra della porta, la “firma” di Belzoni completa di data.
Entrando in questa porta si accede in una sala, originariamente a otto colonne, detta Camera Astronomica per le decorazioni del soffitto che raffigurano un calendario astrale probabilmente utilizzato per la cadenza delle festività e altri eventi quali l’inizio dell’inondazione.
Nel registro raffigurante la personificazione di varie stelle, mostrate in forma umana con testa di stella, c’è un’immagine con un globo in una barca da cui fluiscono fiumi di stelle.
Si propone, da alcune parti, che si tratti dell’esplosione di una supernova; essa avrebbe avuto luogo in un decano (la divisione egizia del cielo che ne rappresenta 10°) in cui ricorre, anche in altri testi, la rappresentazione di una supernova; la scena è unica in Egitto.
Sulla parete di fondo della sala ipostila è ripetuta una scena spesso raffigurata nei templi del Nuovo Regno: il re è rappresentato sotto un albero mentre Amon, alla presenza di Thot, scrive il nome del sovrano su un frutto dell’albero.
Teofrasto, il botanico e filosofo che succedette ad Aristotele a capo della scuola peripatetica di Atene (IV secolo a.c.), descrive un albero sacro, da lui chiamato Persea, di cui alcuni studiosi hanno tentato di determinare l’identità.
Si sostiene che l’antica descrizione greca corrisponda a un tipo di albero di avocado nativo dell’Egitto, i cui frutti hanno una caratteristica particolare: se si pone una pezzuola di lino sul nocciolo del frutto e vi si scrivono delle lettere o dei disegni, le lettere o i disegni appariranno di colore rosso sangue e indelebili.
Da ciò il significato simbolico di questo albero sui cui frutti Amon, alla presenza di Thot, dio della scrittura e della saggezza, scrive il nome del sovrano per l’eternità.
Questa è la terza parte dei miei viaggi; attendo vostre valutazioni ed eventuali domande.
Ciao, BATA.