Enûma Eliš

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ACUSinpw
00giovedì 22 luglio 2010 15:29
Da Wikipedia:



Enûma Eliš

« Quando in alto il cielo ed in basso la terra non avevano ancora ricevuto il loro nome, niente esisteva se non Apsu e Tiamat: essi contenevano tutto, e le loro acque si univano nel corpo di Mummu »
(da Piergiorgio Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza)


L'Enûma Eliš (in italiano: Quando in alto - dal nome delle due parole in apertura del poema -) è un poema mesopotamico che tratta il mito della creazione e le imprese del dio Marduk. Veniva recitato durante l'akītu, la festa del capodanno di Babilonia. L'opera risale probabilmente al XIII o al XII secolo a.C., al tempo della prima dinastia di Babilonia; se ne conoscono alcune versioni assire del VII secolo a.C. trovate ad Assur e a Ninive.

Apsû e Tiāmat, personificazioni divine delle acque dolci e delle acque salate, si mescolarono dando origine a nuovi dei che, a loro volta, ne generarono altri. Questi giovani disturbavano il sonno di Apsû che decise di ucciderli, contro il parere di Tiāmat, ma venne invece ucciso da uno di loro, Ea/Enki.
Tiāmat, irata per il destino del suo sposo, mosse guerra agli altri dei alleandosi con il mostro Kingu e con altre divinità; soltanto Marduk, figlio di Ea/Enki, osò affrontarla, chiedendo in cambio di diventare re di tutti gli dei, e la uccise con una freccia. Poi ne tagliò in due il corpo: una parte diede origine al cielo e l'altra alla terra.

Con il sangue di Kingu formò gli uomini perché servissero gli dei.

Bibliografia: L. Cagni, La religione della Mesopotamia, in "Storia delle religioni. Le religioni antiche", Laterza, Roma-Bari 1997, ISBN 9788842052050





Qui è possibile trovare parte del testo dell'Enuma Elish tradotto in italiano: xoomer.virgilio.it/bxpoma/akkadita/enuma1_trans.htm

Dunque i protagonisti di questo mito sono Apsû, Ti'amat, Mummu (nella pagina inglese di Wikipedia viene citata e viene detto "vizir" di Apsû, che lo consiglia nella sua decisione di uccidere gli dei),Marduk, Ea/Enki e Kingu.

Mi ricorda molto tutta la vicenda di Zeus che sale al trono degli dèi uccidendo il padre, che mangiava tutti i suoi figli per paura di essere detronizzato...
gizidda
00giovedì 22 luglio 2010 20:15
Avrei qualche dmanda... l' analisi del' enuma elish può generare almeno uan decina di diverse diramazioni... si possono seguire tutte qui o dovrà essere spezzetato ulteriormente?
Sopratutto, in che maniera dovremmo discutere qui dell' enuma elish? IN maniera relegata al mito e alle sue interpretazioni classiche, o se ne può uscire?
ACUSinpw
00giovedì 22 luglio 2010 20:23
Per quanto mi riguarda, direi che in un primo momento sarebbe bene che ci permettessi di capire cos'è e come è intesto l'Enuma Elish, nel modo più "classico" possibile.. in seguito credo che non ci siano problemi ad aprirsi a interpretazioni meno "ortodosse".
gizidda
00giovedì 22 luglio 2010 20:54
ah bon allora passo la palla a voi
ACUSinpw
00giovedì 22 luglio 2010 20:59
Re:
gizidda, 22/07/2010 20.54:

ah bon allora passo la palla a voi

Sarai pur partito da questo prima di passare ad altre "tesi"... basterebbe che ci spiegassi meglio di che si tratta... fonti, dati archeologici, storici...

Tranquillo però... se non hai voglia/tempo vedrò se riesco a informarmi io... solo che in internet, specie in italiano, si trova veramente poco... per questo sarebbe stato bello se qualcuno che se ne intende potesse dirci qualcosa in più... :)


Hatshepsut76
00domenica 25 luglio 2010 01:43
Riporto qui la traduzione di un testo di Tim Chaffey, reperito un bel po' di tempo fa su internet, riguardante la possibile presa in prestito di miti della Bibbia dal poema pagano Enuma Elis:


Agli scettici piace affermare che i racconti della creazione e del diluvio all’interno della Genesi siano stati presi in prestito dalle circostanti tribù pagane. Probabilmente, la più comune affermazione è che l’autore ebreo della Genesi elaborò le sue idee dal resoconto intitolato Enuma Elis. Sebbene ci siano molte somiglianze, tra l’ Enuma Elis e la Bibbia ci sono anche notevoli differenze. Forse, la differenza più sostanziale consiste nel fatto che l’ Enuma Elis ha un punto di vista politeistico, mentre quello della Bibbia è monoteistico.
I critici e gli scettici ritengono che questo sia un supporto per la loro credenza che la Bibbia prese in prestito dall’epica Babilonese. Poiché credono che le pratiche religiose dell’uomo si sono evolute dal politeismo al monoteismo, ritengono che l’autore della Genesi abbia semplicemente alterato l’epica babilonese per soddisfare le proprie credenze. Non c’è alcun supporto per questa tesi, sia dal punto di vista storico, che da quello archeologico. La Bibbia in realtà dipinge un quadro differente. La religione dell’uomo è passata dal monoteismo al politeismo e al paganesimo. Nel Deuteronomio 6,4 il monoteismo è chiaramente impartito: “Ascolta, Israele: il Signore nostro Dio, il Signore è uno” Isaia 45, 5 comunica lo stesso pensiero: “ Io sono il Signore, e non c’è nessun altro: nessun altro Dio oltre me”
Un’altra grande differenza tra l’Enuma Elis e la Genesi è se la materia sia eterna o meno. L’Enuma Elis afferma che la materia sia eterna, mentre la Bibbia afferma che Dio creò la materia dal nulla. Genesi, 1,1 afferma: “All’inizio Dio creò il cielo e la terra”. Se la materia fosse eterna, non ci sarebbe stato alcun inizio, poiché il tempo esiste solo quando e dove ci sia la materia. Henry Morris ha parafrasato Genesi 1,1 scrivendo: “Lo Spirito divino trascendente e onnipotente ha dato vita all’universo dello spazio-materia-tempo”
Il resoconto dell’Enuma Elis non fornisce una cronologia sistematica del processo della creazione. Non ci sono giorni che si riferiscono a ciascun evento. Al contrario, il resoconto della Genesi fornisce una sistematica cronologia dei sette giorni della creazione. Enumera gli atti creativi di Dio, per ogni giorno della settimana. L’Enuma Elis non contiene alcuna registrazione della creazione di vegetali, piante, animali, rettili, uccelli e pesci. La Bibbia descrive la creazione di ciascuno di questi, ed i giorni in cui furono creati. La vegetazione fu creata il terzo giorno (Gn 1,11-12). Pesci e uccelli furono creati il quinto giorno ( Gn 1, 20-23). Gli animali terrestri, inclusi i rettili furono creati il sesto giorno (Gn, 1, 24-25)
Secondo l’Enuma Elis, gli atti creativi di Marduk richiesero un grande sforzo, mentre la Bibbia stabilisce che Dio creò ogni cosa grazie alle Sua Parola. Il primo giorno “Dio disse: ’Venga la luce!’ E la luce fu” (Gn, 1,3) Il terzo giorno “Dio disse: ‘Che le acque sotto i cieli si riuniscano in un unico posto e appaia la terra’.E così fu.” (Gn 1, 9)

-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 02:46
"Armiamoci e partite!"

...scusate [SM=x822714] ... è che leggendo gli interventi che mi precedono mi è tornato alla mente il capolavoro con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Due grandi della storia del cinema italiano, che meritano a pieno diritto di essere citati.

Ma torniamo a noi... mi sono affidata al Prof. Oscar Botto e a quanto questi scrive nel I volume della sua opera, "Storia delle Letterature d'Oriente", pubblicato da Vallardi nel 1969. Una "chicca" che mi sono regalata nei primi anni della mia esperianza da libraia.... bei tempi quelli...

A seguire un sunto, da me elaborato, del materiale pubblicato nel testo citato in merito all'Enûma Eliš
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 02:50
Un po' di storia
Ordinariamente noto come il "poema della creazione" o come il mito di "quanto in alto", da traduzione letterale, l'Enûma Eliš è senza alcun dubbio il poema più importante della mitologia mesopotamica. Costituisce infatti la summa delle concezioni babilonesi-assire sull'origine del mondo e dell'uomo, sull'organizzazione del primo e sulla funzione che venne assegnata al secondo, nonchè sul funzionamento e sul governo dell'universo tutto.

Ci è stato possibile accostarci alla mitologia Babilonese già grazie al sacerdote Babilonese Beroso, il quale, nel III sec. a. C., redasse in greco la storia e le leggende del suo popolo. Ma si dovette attendere fino al 1875 della nostra era per avere notizia dell'esistenza dell'Enûma Eliš, allor quando un giovane studioso assirologo poté ammirare un frammento di una tavoletta custodito presso il Museo Britannico di Londra e, incuriosito, lo esaminò. Era il 4 marzo del 1875 e lo scopritore si chiamava George Smith. Approfondendo fu possibile ricostruire la storia del frammento, che proveniva dagli scavi condotti dagli inglesi a Ninive, scavi che successivamente permisero la scoperta della biblioteca di Assurbanipal, da parte del Rassam. Questo rinvenimento eccezionale, tra i più sensazionali fatti durante il XIX secolo, ci ha fornito un ampio corpus di tavolette copie del poema in questione, presumibilmente provenienti da Babele.
Successivamente furono trovati altri frammenti a più riprese, appartenenti a varie epoche e trovati in zone distinte, che consentirono di completare il poema e di poter procedere con il suo studio.

La prima traduzione in italiano, con commento, risale al 1934, ad opera di G. Furlani che la riprese e l'aggiornò nel 1958, pubblicandola sotto Sansoni.
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 03:44
Contenuto del poema: le origini e il dramma


Ecco i primi dieci versi in apertura:


Quando in alto il cielo non era (ancora) nominato,
e la terra in basso non aveva (ancora) nome (1)
e Apsû, l'abisso primordiale, originatore degli dei
e Mummu-Tiāmat, che tutti (gli dei) li generò,
(ancora) mescolavano le loro acque,
né esistevano canneti, né paludi,
né alcuno degli dei era stato chiamato all'esistenza,
né aveva nome né destino alcuno era fissato,
allora si formarono dei nell'abisso,
Lahmu e Lahamu ebbero esistenza e ricevettero un nome.



Il poema ha inizio con il caos primordiale, confuso, che conteneva in esso due elementi, l'uno maschile e l'altro femminile, tuttora indistinti.
Le acque dell'abisso, ovvero quelle sotterrane, da cui si originano laghi e fiumi d'acqua dolce, e quelle del mare aperto sono ancora un tutt'uno. Da quella confusione che unisce il maschile e il femminile forse ha origine la prima generazione di dei, che segna la distinzione degli elementi.

Da cenni mitologici riscontrati in testi posteriori, si evince che Lahmu e Lahamu sono considerati mostri marini.
Dopo anni, in numero incalcolabile, ha origine una nuova generazione di dei, una coppia, Anšar e Kišar, i cui nomi sono di ceppo sumerico. Sono infatti composti da šar, "il tutto" superiore, da An, "celeste" e dal "tutto inferiore, o terrestre, Ki.
Passano ancora innumerevoli anni e la nuova coppia genera Anu, il "cielo", fatto a somiglianza di Anšar. Anu quindi genera Ea, simile a sé, detto anche Nudimmud, che si rivela intelligente, sapiente e robusto e supera in tutto il suo stesso padre e anche Anšar, restando senza pari tra i suoi fratelli.

Con le generazioni successive si assiste quindi a uno sviluppo, un progresso. Velocemente gli esseri divini si moltiplicano e si perfezionano. Dal seguito del poema si apprende dell'esistenza di altre generazioni di dei, che l'Enûma Eliš non nomina.

La pigra e statica sussistenza delle prime generazioni di dei si interrompe, quindi con l'avvento delle nuove, dinamiche e vitali. Da qui ha origine lo scontro tra le due, che degenera in lotta poichè i primi non intendono adeguarsi ai secondi, ma anzi pretendono che avvenga il contrario.

Apsû intende avviare lo sterminio delle giovani divinità per ritrovare pace e riposo. La materna Tiāmat si oppone. Mummu, in qualità di consigliere di Apsû, interviene con l'intento di far da conciliatore ed escogitando un piano che consentirà ad Apsû di portare a termine il suo disegno con l'approvazione di Tiāmat. Ma la notizia trapela e i giovani dei vengono a conoscenza delle intenzioni del progenitore.
Un primo tentativo di ribellione, perpetrato da Anu, non porta alcun risultato, quindi interviene il sapiente e astuto Ea, che, risiedendo nelle acque dell'abisso, possiede il sapere magico.
Ea esegue uno scongiuro con cui riesce a immobilizzare Apsû e fa altrettanto con Mummu, approfittando della tregua per costruire il suo Tempio-Palazzo a Eridu, all'interno del quale genera Marduk, destinato a divenire l'eroe del poema.

Marduk è di statura elevatissima, con membra robuste, quattro occhi e quattro orecchie e cresce rapidamente. Il suo soffio è fuoco, tanto egli è terribile.

Intanto una Tiāmat furiosa per la perdita del consorte si appresta a vendicarsi. Mette al mondo 11 coppie di esseri favolosi, mostri marini, scorpioni giganti, terribili e potenti sotto il comando del Generale Kingu, divenuto consorte della dea e custode delle Tavole dei Destini, che lo elevano a dominatore del tutto.

Ea deve quindi nuovamente intervenire per salvare i giovani dei e suggerisce di affidare l'onere della lotta a Marduk, il quale accetta imponendo una regola: qualora tornasse vittorioso, gli dei dovranno riconoscerlo superiore e primo fra tutti. Pur di salvarsi gli dei acconsentono e conferiscono a Marduk il potere supremo, grazie al quale egli riesce con la semplice parola a far comparire e scomparire una costellazione. Sale, quindi, sul carro da guerra trainato da quattro esseri favolosi che vomitano fuoco, e si avvia allo scontro.

Nella prima battaglia gli avversari non riescono a reggere lo sguardo terrificante di Marduk e fuggono via. Interviene Tiāmat, con tutta la sua potenza di mostro terrificante, e questa volta in un primo momento è Marduk a cedere alla paura. Ben presto riacquista padronanza di sé e risponde alle provocazioni di Tiāmat con ardire e iniziativa, brandendo "l'arma divina", la gran rete, nella quale la dea resta inevitabilmente impigliata. Infine Marduk spezzerà con un dardo il cuore di Tiāmat e ne frantumerà le ossa, calpestandola.

La vittoria è completa e definitiva.
Marduk afferra la carcassa di Tiāmat e ne fa due parti.
Una la solleva in aria a formare la volta del cielo e l'altra la distende a costituire la superficie della terra.




(1) quando non esistevano né cielo né terra


[segue -->]
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 04:19
Contenuto del poema: la scienza cosmologica e la creazione dell'umanità

[ <-- continua]

Sconfitti i nemici e pronto ad essere riconosciuto al di sopra di tutto, Marduk può dedicarsi all'opera di organizzazione del mondo. Dapprima ne sistema il cielo, il corso delle stelle e dei pianeti. Tenuto conto dell'importanza che il mondo astrale riveste in ambito religioso per ciascun mesopotamico, questa parte è di importanza radicale.
E', quindi, la volta della terra, dove Marduk crea le piante e gli animali, proponendo infine agli dei di creare l'uomo, mescolando ossa e carne.

A questo punto , però, occorre innanzitutto stabilire quale debba essere la sorte dei vinti.
Ucciderli significherebbe ridurre pesantemente la schiera delle divinità, renderli schiavi avrebbe disonorato il privilegio della natura divina. Si opta, quindi, per una punizione esemplare, suggerita da Ea, a scapito di Kingu che viene giustiziato per aver capitanato le forze avversarie. Un'esecuzione rappresentativa della sorte meritata dai vinti.

L'uomo sarà impastato con il sangue di Kingu, così da avere un essere che, grazie al suo elemento divino, potrà sostituire gli dei nel lavoro materiale, sentendosi legato agli stessi.
Ecco dunque comparire l'uomo, con il fine preciso di essere al servizio degli dei, atto a soddisfare tutte le loro necessità mediante l'organizzazione del culto.

Questi i versi originali che racconta della creazione dell'uomo:



Quando Marduk intese le parole degli dei
il suo cuore lo spinse a creare un'opera d'arte.
Aprì la bocca e parlò a Ea,
lo mise a parte di ciò che in cuore aveva pensato:
"Voglio legare del sangue e far sussistere ossa,
metterò in piedi un essere selvaggio, 'uomo' sarà il suo nome,
sì, voglio creare l'uomo selvaggio.
Su lui graverà il servizio degli dei ed essi potranno posarsi.
Muterò destramente le vie degli dei,
pur uniti dagli onori, siano divisi in due gruppi".
Gli rispose Ea dicendogli a parola,
per il sollievo degli dei proponendogli un altro piano:
"Sia consegnato un solo dei loro fratelli,
quello sia ucciso affinchè l'umanità sia formata.
Si raccolgano gli dei grandi,
sia consegnato il colpevole affinchè essis sussistano."
Marduk convocò i grandi dei in assemblea.
Presiede con bontà e impartisce ordini.
Alle parole della sua bocca fan caso gli dei;
il re rivolge la parola agli Anunnaki...



omissis


Marduk ricorda quindi agli dei la promessa che gli avevano fatto prima della lotta. Chiede loro ubbidienza e si fa consegnare Kingu:


[...]
Lo incatenarono e lo condussero alla presenza di Ea
imposero su di lui la colpa (di tutti) e ne recisero le vene.
Con il suo sangue formarono l'umanità
e imposero su di essa il servizio degli dei perchè essi fossero liberi.




Gli dei "salvati" sentono di dover essere riconoscenti a Marduk, pertanto stabiliscono di costruire un tempio degno di lui per ricompensarlo della sua benevolenza. Costruiscono l'Esagila, il tempio più imponente di Babele e di tutta Babilonia, che per essere ultimato richiede un anno di lavori. Marduk ne prende possesso mentre gli dei lo inneggiano celebrando i suoi cinquanta nomi gloriosi.

Enlil, che fino ad allora era praticamente il Re degli dei, dichiara Marduk "Re dei paesi", "creatore della terra e dei continenti" e gli cede ogni suo privilegio.
Il poema si conclude rivolgendosi a tutti i fedeli affinchè celebrino con entusiasmo i privilegi del nuovo Re degli dei.
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 04:51
Significato
Tenendo conto del contenuto generale, il poema vuole essere una spiegazione all'origine e alla struttura dell'universo. Il tentativo di trovare una risposta alle domande spontaneee che il mesopotamico si pone in riferimento a tutto quanto lo circonda.

Ma ad un'analisi più approfondita, si può anche affermare che lo scopo principale dell'Enûma Eliš sia quello di celebrare l'elevazione di Marduk e, di conseguenza, l'origine e la costituzione del mondo, quale opera eroica e meritoria del dio. Così si troverebbe una spiegazione all'uso liturgico del poema, che veniva letto per intero nel quarto giorno di festa del rituale del nuovo anno.
Dalle fonti storiche, inoltre, appuriamo che Marduk venne eletto a divinità principale di Babele durante la I dinastia babilonese, mentre prima di allora era praticamente ignoto. A Babele il suo culto crebbe fino a soppiantare quelli di Anu ed Enlil.

Pertanto è possibile concludere che si tratta sia si un poema dottrinale, che spiega l'orgine del mondo in linguaggio mitico, sia un poema celebrativo della divinità che in un dato momento viene eletta a capo del Pantheon.

Sussistono, tuttavia, altri punti di vista, che riconoscono nei versi del poema, ad esempio, un mito del sole, incarnato nel giovane eroe che conquista e domina rinascendo in primavera, dopo il declino invernale. Un'altra ipotesi è quella che vuole inglobare il poema in un disegno più vasto, che coinvolge l'intero ciclo stagionale, rispecchiando in esso tutte le fasi della natura che muore e rinasce, simboleggiate dalla morte e risurrezione degli dei.

La creazione dell'uomo potrebbe essere parte di un rituale divino di espiazione, composto di tre fasi distinte:

a) la confessione del peccato;
b) il transfer del peccato su un capro espiatorio;
c) la distruzione del peccato mediante la distruzione dell'essere su cui lo si è trasferito.

Va inoltre evidenziato che Kingu viene sì giustiziato perchè colpevole, ma dal suo sangue gli dei creano l'uomo. Il peccato di Kingu viene quindi trasferito all'uomo. Gli dei lo creano mortale, affinchè possa "sostituirsi" ai vinti ed espiare la loro colpa, attraverso la morte.
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 05:12
Datazione

A questo proposito occorre sottolineare immediatamente che tutti i testi letterari Babilonesi ci sono pervenuti in copie. Qualora anche fossimo in possesso di una prima stesura non saremmo in grado di rilevarlo e di documentarlo.
Abbiamo, pertanto, la sola opportunità di datare le tavolette in nostro possesso, attraverso l'analisi dei caratteri cuneiformi, facilmente distinguibili di periodo in periodo e secondo la provenienza dei testi. La loro evoluzione continua ci consente di assegnare un testo ad una data epoca in modo piuttosto preiciso e con una buona dose di sicurezza. Ma occorre comunque tener conto della possibilità dello scriba di avvalersi di arcaismi, sia morfologici che stilistici, che potrebbero indurci comunque all'errore.

Con stretto riferimento ai frammenti e alle tavole contenenti il testo dell'Enûma Eliš si constata che nessuno di essi risulta antecedente all'XI sec. a.C. Se ci si basasse esclusivamente su questa stima, occorrerebbe affermare che il poema non esisteva ancora nel 1200 a.C. Ma come già sottolineato, nessuna delle tavole in nostro possesso è un'originale, il che anticipa la composizione del poema a una data precedente.

Inoltre, abbiamo già preso atto del fatto che storicamente Marduk fu elevato in vetta al Pantheon in corrispondenza della I dinastia Babilonese (1894 - 1595 a. C. circa) . Un dettaglio che renderebbe plausibile ritenere che il poema risalga a quella stessa epoca. Occorre, però, mantenere qualche riserva, suggerita dallo studio dell'onomastica, che evidenzia che il nome di Marduk diviene frequente soltanto successivamente a quel periodo.

Allo stato attuale la versione più accreditata afferma, comunque, che l'epoca di Hammurabi (1792 - 1750 a.C. circa) possa effettivamente aver gettato le basi per la stesura del poema, se non addirittura averlo redatto nella sua interezza.
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 05:13
Augurandomi che il mio scritto risulti esauriente e apprezzato, mi appresto ad andare a dormire....

....è l'alba ormai :)
Hatshepsut76
00domenica 25 luglio 2010 09:46
Complimenti, Kiya! L'ho apprezzato tantissimo! Anzi, adesso mi hai incuriosito molto di più! [SM=g999103]
Biceleon
00domenica 25 luglio 2010 22:21
Significato politico

«Oggi sappiamo che in realtà il racconto delle origini del cosmo, come nelle disputationes o in molti esorcismi, funge da inquadramento generale della materia che sarà narrata: in questo modo lo scopo è quello di esaltare la figura del dio Marduk, cantandone le gesta che lo hanno condotto a divenire, al posto del dio Enlil, sovrano degli dei e dell'universo. In questo senso esso costituisce la proiezione in cielo di un dato politico di fatto: la centralità egemonica di Babilonia.

Nella credenza del succedersi di ere, secondo gli dei che ne erano stati sovrani, era possibile che si aprisse una nuova era, in cui un nuovo re dell'universo avrebbe regnato. Da questo presupposto il clero di Marduk sviluppò un'operazione culturale molto complessa. Il periodo storico, quello della II dinastia di Isin (1154-1047 a.C.), è caratterizzato dalla liberazione dalla dominazione elemita della Babilonia ad opera del re Nabucodonosor I (1125-1104 a.C.). Egli conquistò la capitale elemita Susa, in cui era stata portata, all'epoca della conquista elamita di Babilonia, la statua del dio Marduk: il ritorno trionfale della statua a Babilonia è verosimilmente l'occasione in cui materiale letterario e mitico più antico venne a coagularsi in una nuova composizione in onore del dio.

In effetti già all'epoca della I dinastia babilonese, con l'espansione del regno sotto Hammurabi (1792-1750 a.C.), il dio poliade della città, Marduk appunto, era assurto a un alto rango nel pantheon, e la sua posizione s'era consolidata anche sotto la dinastia kassita, la cui capitale era appunto Babilonia.

Tuttavia, il re degli dei e dell'universo restava Enlil, il cui centro sacrale era la città di Nippur; Marduk, anche se assimilatosi col dio esorcista Asalluhi, figlio del dio Enki/Ea, restava un dio di secondo rango, che conservava i suoi caratteri originari di dio del tuono e della pioggia, cui aveva potuto aggiungere la funzione di esorcista. Un cumulo di ruoli che saranno decisivi per la sua ascesa, richiesta dalla realtà politica della posizione egemonica di Babilonia nella Mesopotamia meridionale: di pari passo, il prestigio di Marduk si consolidava, tanto da indurre il suo clero, nell'XI secolo, a ritenere che il momento fosse giunto per riconoscere che non più Enlil, ma Marduk era il re dell'universo e degli dei. (...) e il passo conclusivo, la sostituzione di Nippur con Babilonia come sede dell'assemblea degli dei, poté esser compiuta.» - Pietro Mander La religione dell'antica Mesopotamia, pp. 116-117
-Kiya-
00domenica 25 luglio 2010 23:12
Niente di diverso da quanto accadde a Tebe, con i Principi Tebani che diedero vita alla XVIII dinastia. La capitale fu trasferita da Menfi a Tebe e ritennero necessario elevare Amon, fino ad allora dio locale, al di sopra di Ptah, il Demiurgo Menfita.

Amon abbraccia Ra, il cui culto (più diffuso) gli avrebbe garantito di attecchire più velocemente e viene stilata la cosiddetta Cosmogonia Tebana... Amon-Ra è il nuovo Demiurgo e i Principi Tebani possono regnare sotto l'egida di un dio riconusciuto da tutto il Paese.
ACUSinpw
00lunedì 26 luglio 2010 11:15
Gran bel lavoro, Kiya... grazie mille!
Hatshepsut76
00lunedì 26 luglio 2010 11:34
Grazie anche da parte mia! Ho salvato tutto, per poi leggerlo con calma...
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