Diario tragi-comico di un mio viaggio in Egitto (2006)

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
-francis-
00martedì 7 luglio 2009 16:01
Diario tragi-comico delle prime due giornate.

Lunedì 20 e martedì 21 marzo 2006

Dopo il solito viaggio di andata che si prolunga per tutta la giornata, finalmente si arriva a Luqsor che è già notte. La prima cosa da fare è far avanzare di un'ora le lancette dell'orologio, che vuol dire dormire un'ora di meno. Ma non importa. Siamo tutti euforici, appena in albergo ceneremo e poi a nanna, pronti per la prima visita del mattino successivo. Ma la cena non è prevista... anche se l'unica cosa immessa nello stomaco è stato lo spuntino sull'aereo quasi 6 ore prima. Per fortuna l'albergo (il migliore di tutto il viaggio) mette in mostra una vetrinetta con alcuni dolcetti che, nella normalità, sarebbero stati ignorati sprezzantemente, ma che nell'occasione vengono accolti come la manna caduta dal cielo per Mosè e soci.
Anche se l'ora è tarda e la truppa stanca, sarebbe delittuoso non fare una passeggiatina sul lungoNilo fino al tempio di Luqsor, a poche centinaia di metri dall'hotel. Detto e fatto. Purtroppo nessuno si era premurato di avvisare le autorità che eravamo in arrivo, così il tempio era oscurato.
Al rientro tutti nelle camere non prima di aver digerito un annuncio terrificante: sveglia alle ore 5 per immergerci nel deserto sud-orientale (Uadi Hammamat) a "leggere" i petroglifi rupestri lasciati dai nostri antenati egiziani fin dal periodo protodinastico per terminare ai giorni nostri.
Al mattino, a colazione, occhi spenti, visi cerei e una domanda inquietante che si aggirava per i tavoli: tu hai dormito? Una sola risposta: NO! Ma non importa: sursum corda, inizia l'avventura. Ed ecco il primo annuncio della giornata che, se accolto dalla maggioranza del gruppo con colpevole indifferenza, lascia la sottoscritta "percossa ed attonita di fronte al nunzio". A mezzogiorno niente sosta per il pranzo, anzi, niente pranzo! Ma scherziamo? Micca siamo venuti in Egitto per mangiare! La soluzione? Intascare con indifferenza, celandosi alla vista dei solerti camerieri, il minimo indispensabile al sostentamento dei nostri corpi, visto che quello dell'anima è già assicurato da padre Alberto da Giussano (l'egittologo). E così vediamo passare sotto il nostro naso piatti contenenti grattacieli di panini, brioches, marmellate e fettine di formaggio. La nostra comitiva, all'occhio volutamente distratto dei camerieri, deve essere apparsa più una congrega di cannibali appena rientrati da un ritiro spirituale che un gruppetto di egittofili alla ricerca del sapere perduto.
Terminata l'abbuffata di stomaci e zainetti, tutti in carrozza. Insomma, proprio una carrozza no, un pullman nemmeno... trattasi di un pullmino a 20 posti... peccato che i passeggeri fossero 22! Infatti: 20 vacanzieri, la silent guida (che più silent non si può) e l'accompagnatore dal nome impronunciabile ma dalla stazza che ci ha ricordato gli antichi ippopotami che mietevano morte e distruzione lungo il Nilo nei tempi antichi. Ma i veri ippopotami stavano in acqua, cioè si lavavano...
Ecco allora riapparire gli strapuntini, che nemmeno nelle gite parrocchiali si usano più. Morale: la mummia di Tutankhamon nel suo sarcofago stava più larga!
Si parte! Ecco allora apparire i nostri angeli custodi che, per tutto il viaggio, ci hanno salvato dagli attacchi terroristici dei fondamentalisti islamici che, col passa parola, stavano proprio aspettando il nostro gruppuscolo per mettere in atto le loro rivendicazioni anti-occidentali. Ovviamente tutto questo era solo nella mente delle alte sfere governative, in quanto la scorta era più un modo per far guadagnare qualche soldino ai militari che per la nostra protezione.
Comunque sia si parte e ci si immerge subito nel deserto pietroso, formato da rocce di basalto scuro, implacabili sotto il sole e con la temperartura che, se a Luqsor era di 35 gradi, in quella landa desolata si aggira sui 50, senza ombra alcuna. Dopo oltre 120 chilometri di sconquassamenti (gli ammortizzatori o erano rotti o mai esistiti), arriviamo finalmente di fronte alle meravigliose rappresentazioni incise sulla pietra dagli egizi. Ma gli antichi, popolo assai furbetto, non le hanno lasciate al piano terra ma, in previsione di posteri curiosi e incivili che le avrebbero sicuramente danneggiate, le hanno graffite nei piani alti, senza preoccuparsi però di installare un ascensore per andarle a leggere. E così, novelli stambecchi, ci siamo arrampicati con mani e piedi su e giù per la montagna nera e assolata.
Dopo di che, tutti in carrozzella e si riparte per andare a visitare la vecchia miniera d'oro degli egizi, documentata dalla prima mappa della storia ed ora conservata al museo egizio di Torino. La mappa, ovviamente, non la miniera.
Dopo un'altra decina di chilometri (e passa), già nell'ora del mezzogiorno, con i raggi del dio Aton che implacabili benedivano il nostro passaggio (almeno le manine protese avrebbero potuto farci un po' di vento...), arriviamo in un recinto dove la cosa che più è saltata all'occhio è stata un'accozzaglia di ferri vecchi e carrelli arrugginiti.
Trattasi della vecchia miniera d'oro, sfruttata negli anni precedenti la rivoluzione nasseriana dagli inglesi, e poi dagli stessi fatta saltare quando, cacciati dalla terra occupata, se ne sono tornati nella perfida Albione.
Ma allora cosa c'era rimasto da vedere della miniera? Semplice: il buco d'ingresso! Peccato che questo si trovasse a centinaia di metri da terra e per raggiungere il quale abbiamo dovuto sorbirci ghiaia tagliente e sole cocente! Al ritorno, per riprenderci dalla faticaccia, pensiamo di apparecchiare la tavola e consumare il pasto del mezzogiorno, ovviamente metaforicamente. In sostanza, aperti i nostri sacchettini, chi aveva preso la brioscina aveva vinto un terno al lotto perché coloro che invece avevano optato per il panino col formaggino...
Tutti in macchina per il ritorno, non prima di esserci fermati ad ammirare un vecchio pozzo romano a bordo strada. Ed all'improvviso ecco comparire dal nulla alcuni personaggi che, con fare arrabbiato, pretendono di farci pagare... il biglietto! D'ora in poi sarà sempre così!
Rientrati in albergo, una mezz'oretta in piscina e poi visita al tempio di Luqsor, splendidamente illuminato nell'ora del tramonto. L'ultima visita è al museo di Luqsor: una magnificenza sia per i reperti che contiene che per l'ambientazione degli stessi.
Peccato per l'arrivo improvviso di alcune centinaia di ragazze egiziane in visita, anche loro, nelle sale museali. Ho detto peccato non perché non sia giusto che anche i locali possano ammirare questi splendori, ma perché ho avuto la sensazione (poi confermata nel prosieguo del viaggio) che a loro poco importasse il contenuto del museo - ed il suo significato - considerati la confusione, il caos, nonchè gli sghignazzamenti davanti ad una mummia reale di queste indelicate ragazze.
Ritornata la pace, l'ultimo mio sguardo è stato per i tre busti del faraone Akhenaten. La sua espressione assorta, mistica, sognante, dolce e sensuale mi ha accompagnata per tutto il resto della serata, addolcendola e mitigando le fatiche sostenute.
roberta.maat
00martedì 7 luglio 2009 16:38
[SM=g999097] [SM=x822752] [SM=g999097]

-francis-
00martedì 7 luglio 2009 17:04
Giovedì 23 marzo

Il ferale annuncio dell'ora della sveglia mattutina è accolto con rassegnata disperazione.
Addio orge notturne nei tabarin di Luqsor, addio passeggiate sul lungoNilo che servono solo per ammirare la fiancata delle motonavi che solcano le dolci acque nilotiche, addio acquisti all'ultimo sangue nel bazar della vecchia Tebe dalle Cento Porte: si va tutti a nanna. E' pur vero: la notte è piccola per noi, troppo piccolina...
Al mattino, oltre alle solite occhiaie di rigore, si vedono pure visi e braccia arrossati dal sole desertico. Più che vacanzieri sembriamo una squadra di muratori!
Da oggi, però, gli zainetti ospitano un nuovo prodotto: la crema solare! Speriamo che, nel raptus che ci prende ad una certa ora del giorno, non venga scambiata per majonnese e spalmata sui secchi e immangiabili panini!
Una volta saliti sul sarcofago a quattroruote, si scatena la conversazione che, a quell'ora del mattino, è la più sensata e intelligente possibile: il tuo solare che protezione ha?
Dopo che il nostro accompagnatore-ippopotamo ha terminato la conta, si chiude il coperchio e si parte per la Valle dei Re. La splendida Valle, con la montagna sacra che si staglia sullo sfondo di color rosa grazie ai raggi nascenti di Aton, il dio sole, è separata dal nostro albergo dal solo Nilo. Una volta si attraversava il fiume divino con un traghetto impiegando la bellezza di 5 minuti. Ma oggi no, oggi è stato costruito un ponte che scavalca il fiume per agevolarne il passaggio. E chi siamo noi per non usufruire di quest'opera dell'ingegno umano? Ma vuoi mettere la bellezza di quasi un'ora di sarcofago volante per strade piene di dossi in confronto ad una piacevole attraversata sull'acqua blu cielo del fiume più lungo del mondo? E cosa importa se al mattino avremmo potuto alzarci un'ora più tardi o effettuare le visite con più calma?
Fatto sta che alle 9 del mattino ci scaricano davanti alla prima tomba da visitare nella Valle Occidentale. Il luogo è deserto e non visitato dai turisti, ma la tomba del faraone Ay, il successore di Tutankhamen, vale bene la visita anche se, come ogni tomba faraonica che si rispetti, è già stata depredata fin dall'antichità.
Ci sediamo sotto un pergolato per ascoltare le "ultime notizie" dall'egittologo che ci fa da guida. Dentro le tombe non si può parlare e così pensavamo che ci illustrasse il significato delle pitture parietali. Niente di più falso. Inizia a parlarci della storia dell'antico Egitto dagli albori fino quasi ai giorni nostri!
Passa mezz'ora, passa un'ora, si arriva all'ora e mezza. Sono le 10.30 del mattino e tutto tace, si fa per dire, perché lui parla parla...Si iniziano a sentire sbuffi, si vedono occhi levati al cielo (di uno splendido colore blu zaffiro), i piedini battono sul selciato, qualcuno si alza (sono io) e guarda l'orologio.
Di questo passo a che ora inizieremo la scalata della montagna sacra?
Qualcuno azzarda una timida e sommessa proposta: possiamo vedere l'interno della tomba? E finalmente si entra.
Sono le 11, il sole impietoso rende inutili gli strati di crema solare che i più accorti hanno portato con sè. Ci scaricano all'ingresso della Valle dove un orrendo e blasfemo trenino colorato ci fa dimenticare che stiamo entrando in un suolo sacro, dove hanno riposato i regnanti di una grandiosa e unica civiltà. Nell'ultima mia visita, due anni prima, mi sono rifiutata di prenderlo percorrendo a piedi i circa duecento metri di strada che ci dividono dalle tombe, ma oggi non è possibile: dobbiamo fare presto!
Una volta scesi da quel trenino da luna park, inizia la spartizione. Il biglietto di ingresso alla Valle consente la visita, a scelta, di tre tombe.
Prende avvio il gioco che da bambini facevamo con le figurine: ce l'ho, mi manca. L'ho già vista ma la voglio rivedere, non l'ho vista ma non mi interessa...
Comunque, ognuno per la sua strada. Appuntamento alle ore 12 davanti alla tomba di Tut.
Dopo la visita alla tomba più famosa della Valle che, nonostante fosse la quarta volta che la vedevo, mi ha dato un'emozione difficilmente spiegabile, inizia il clou della giornata: la scalata alla montagna sacra.
Sono le 12.30, il sole picchia più che un pugile suonato, ma bisogna andare. Il sarcofago ci aspetta dall'altra parte: chi è dentro è dentro... ma noi siamo fuori!
Inizia la salita. I più freschi (?) partono baldanzosi e in breve spariscono su per il ripido sentiero. Io mi fermo, con la scusa di ammirare la Valle sottostante ma con l'ignobile e inconfessabile necessità di dare aria ai polmoni. All'improvviso sento dei passi dietro me... ah, non sono l'ultima, penso con malcelata soddisfazione. Magari! Vengo attorniata da venditori di cartoline e falsi reperti che mi fanno spendere l'ultimo fiato residuo per scacciarli, ma senza riuscirci. Minaccio di buttarli di sotto, si mettono a ridere. Morale: per liberamene ho dovuto comprare delle cartoline che non spedirò mai.
A metà montagna ci sono due possibilità: fermarsi o continuare per la vetta. Assieme ad altri mi fermo, ma alcuni avventurieri continuano. Ci sediamo con santa pazienza all'ombra di una roccia per aspettarli, qualcuno inizia il lauto pranzo, alcuni sonnecchiano, io mi sdraio per terra ignara che il giorno dopo ne avrei subito le conseguenze (il corpo pieno di punture di invisibili insetti). L'ombra sta sparendo, fra pochi minuti saremmo completamente al sole e dei novelli Messner nemmeno l'ombra.
Dopo un'ora e mezzo ricompaiono. Mi sembrano dei diavoli scappati dall'inferno! Si siedono per riposarsi. Io non ce la faccio più. Inizio da sola la discesa. Ad un certo punto l'invisibile sientierino a picco sul baratro di centinaia di metri sparisce contro una roccia: non si può proseguire. Penso di aver sbagliato strada e torno indietro.
Ma che sbaglio: è da lì che si deve proseguire. Mi rifiuto. Non ce la faccio, è una pazzia. Allora uno mi prende per il braccio sinistro e mi tira in avanti, un altro per il destro e mi spinge, un terzo mi branca per la vita ed io proseguo, dove, non so, come non so, ad occhi chiusi, contro la roccia e sostenuta dalla parte del baratro dai miei tre angeli custodi.
Ancora adesso, quando chiudo gli occhi, sento un brivido e mi assale un attacco di vertigine.
-francis-
00mercoledì 8 luglio 2009 10:28
Sabato 25 marzo

Se qualcuno, in preda al delirio, avesse minimamente pensato che il peggio fosse passato, si è dovuto subito amaramente ricredere.
In effetti i primi cinque giorni egizi sono stati solo una prova generale in preparazione della giornata più lunga dell'anno, quella del trasferimento da Luqsor a Minia.
La truppa, abituata ad alzarsi a mattina inoltrata (per la cronaca le sei del mattino), rimane muta come un pesce muto all'annuncio della levata del giorno dopo: le 4.30.
Qualcuno avanza la proposta di non andare nemmeno a scomodare il letto, ma è subito bocciata. Allora tutti in camera a fare le valigie e a nanna con le galline, sperando che il contatto con questi pollastri non ci procuri un'aviaria anticipata.
Inutile descrivere le facce che si sono presentate a colazione: nonostante l'ora buia tutti portavano gli occhiali da sole!
Il buffet, data l'ora, non era certo quello delle grandi occasioni: giusto qualche brioscina, le solite fettine di formaggio, uova sode e marmellatine, il tutto intascato sotto l'occhio incazzato dei camerieri costretti, pure loro, a questa alzata antelucana.
Una gradita sorpresa ci attende però una volta usciti dall'hotel: hanno ingrandito il sarcofago. Oggi, per la grande occasione, non più la bara che conteneva la mummia di re Tut, ma quella più esterna, quella che conteneva le altre due.
Finalmente abbiamo potuto allungare le gambe, appoggiare gli zainetti sul seggiolino accanto senza doverlo tenere per tutto il viaggio sulle ginocchia, fare due passi fra un chilometro e l'altro. Ma la gioia ha breve durata: una volta partiti abbiamo iniziato a sobbalzare ad ogni granino di polvere che c'era sull'asfalto. Ammortizzatori, questi sconosciuti! Iniziano le lamentele: non si può fotografare, quelli nei sedili posteriori accusano male alla schiena e senso di nausea. Invertiamo alcuni posti.
Ed inizia l'agonia della scorta. Ma cosa vuol dire avere la scorta? Vuol dire che eravamo alla loro mercé, non ci si poteva fermare senza il loro consenso, ma, in particolare, dovevamo sottostare alla velocità da loro decisa.
Però la scorta era sempre diversa: ad ogni provincia cambiava. Ecco allora che un pezzo di strada lo percorrevamo con i nostri angeli custodi a sirena spiegata, che facevano accostare a destra chi ci stava davanti e fermare gli automezzi che venivano in senso opposto, fra la meraviglia generale ed una domanda che sicuramente avrà riempito il cervello degli egiziani: ma chi sono quei cretini scortati?
Ma il divertimento è stato breve perché, all'ennesima staffetta, la scorta si attesta sulla velocità di 40 chilometri orari. E' già buio, la truppa stanca ed affamata, nessuno ci avvisa del perché di quella strana velocità e perché ogni tanto ci si ferma senza motivo alcuno. Chiediamo ma, come sempre, non ci viene risposto.
(Abbiamo poi appreso che la scorta è pagata ad ore...).
Minia ci sembra un miraggio. Dovevamo arrivare all'ora di cena ed invece, alla fine, siamo entrati nell'albergo alle 22.30. Facciamo un po' di conti: 4.30 l'alzata, 22.30 l'arrivo. Nel mezzo la visita al tempio di Dendera, Abydos, Akhmin e, dulcis in fondo, quella a due monasteri copti. Perché due? Ma per la par condicio, ovviamente. Uno era il monastero Bianco e l'altro Rosso.
Davanti al primo, seduti all'ombra di un cortile, ci viene propinata una bella infarinata sulla nascita del monachesimo, che ebbe i natali proprio in Egitto. I locali ci guardano, si chiedono cosa siamo andati a fare fin laggiù. Me lo chiedo anch'io. Passa il Pope, tutti gli baciano la mano ed entrano nella cappella per la funzione. Entriamo anche noi, non prima di esserci tolte le scarpe e allineate con quelle degli altri fedeli. Le scarpe sono al sole, la puzza si materializza sotto il nostro naso... sarà stata la fame, ma mi è sembrato che qualche scarpa cambiasse posto...
Prendiamo la via per l'altro monastero, allontanandoci dalla strada maestra fra dossi e fossi... Non mi va di ritogliermi le scarpe, la pipì esige di uscire dal suo loculo. Chiedo un bagno. Uno mi porta di qua, un altro di là, ma di bagni nemmeno l'ombra. Poi arriva la soluzione: mi fanno entrare nel convento ed utilizzare il bagno di un prete copto. Il bagno più pulito di tutta l'avventura egiziana.

FINE
-Kiya-
00mercoledì 8 luglio 2009 13:23
Complimenti per il resoconto, condito con una sana ilarità.
L'altra faccia dell'Egitto, quella moderna, quella odierna, quella che di tutto ciò che è antico impara soltanto qualche brano da sciorinare al turista, ritenuto più "ignorante".
Eppure anche questo Egitto ci entra dentro e ci sfiora l'anima, intermezzo obbligato, porta di accesso alla soglia senza tempo.
E allora tutto passa in secondo piano. Le levatacce, i brontolii dello stomaco, la pelle bruciata e la gola arsa dal sole. 50 gradi a marzo, che vuoi che sia per noi che a casa abbiamo lasciato il cappotto, lottando con il dubbio di portarlo via fin sulla porta?
E' un altro mondo l'Egitto, quello di oggi come quello di ieri. Un mondo che ti entra dentro e che non ti abbandona più.
pizia.
00mercoledì 8 luglio 2009 15:11

sveglia alle ore 5 per immergerci nel deserto sud-orientale (Uadi Hammamat) a "leggere" i petroglifi rupestri lasciati dai nostri antenati egiziani fin dal periodo protodinastico per terminare ai giorni nostri.



Invidiaaaaa!

A proposito di levatacce: visto che la maggior parte degli egiziani si alza al levar del sole e non certo con la sveglia e non va a dormire assolutamente col buio perché continua a girare per i vicoletti delle città, non si potrebbe proporre all'autorità statale di avanzare il fuso orario di due ore?
In fondo è solo questione di abitudine, basterebbe approvare una legge: quando il sole sorge sono le otto. Sarebbe graditissima anche da noi!
pizia.
00mercoledì 8 luglio 2009 15:14

A mezzogiorno niente sosta per il pranzo, anzi, niente pranzo! Ma scherziamo? Micca siamo venuti in Egitto per mangiare!



Ossignore! Per una cosa del genere "qualcuno" mi avrebbe chiesto il divorzio! [SM=g1361799]
-francis-
00mercoledì 8 luglio 2009 16:27
Questo infatti è stato l'unico aspetto negativo della spedizione.
Quando pubblicammo il programma sull'altro forum tutti ci dissero che era massacrante, e che difficilmente saremmo riusciti a mantenerlo.
Non fu così, anzi, strada facendo si aggiungero alcuni siti fuori dal programma, e non aperti al pubblico.
La visita al Cairo non era prevista e così, mentre un gruppo (me compresa) si recò a Tanis, un altro che era la prima volta che visitava l'Egitto, fu accompagnato al Cairo, alle piramidi, al museo, al Khan Khalili.
Col senno di poi quanto l'ho invidiato!
Tornando al pranzo, è proprio per il programma difficoltoso che una sosta di mezz'ora per mettere un po' di calorie nello stomaco era doverosa. E' vero, ci fermavamo, ma solo per bere e acquistare dai loro botteghini patatine e biscottini secchi. Tutto questo mentre l'autista e l'accompagnatore si recavano nel retro e mangiavano il loro pranzo normale. Perchè noi no? Il tempo era lo stesso.
Ma non c'era molta democrazia, il programma non lo prevedeva e... basta.
Io non sono abituata a stare tanto tempo senza mangiare, e dopo due o tre giorni iniziai a stare male. Non si poteva stare in piedi, al caldo, mangiando una brioscina o una fetta di pane rubata al tavolo della colazione!
Mi ci volle un mese di cure per rimettermi a posto lo stomaco.
Ecco spiegata l'ironia del riassunto.
pizia.
00mercoledì 8 luglio 2009 17:27
Ma secondo me ne è valsa la pena!
Se potessi lo farei anche io un viaggio così, anche saltando colazione, merenda e pranzo, ma non posso, almeno finché girerò l'Egitto in coppia!
Secondo me questo è impagabile:


Non fu così, anzi, strada facendo si aggiungero alcuni siti fuori dal programma, e non aperti al pubblico.


A volte si riesce ad improvvisare qualcosa in cui non si poteva proprio sperare...
-francis-
00mercoledì 8 luglio 2009 19:17
Un resoconto completo, e serio, e molto particolareggiato delle zone visitate, lo puoi leggere qui:

www.cisonostato.it/page.php?id=1215
www.cisonostato.it/page.php?id=1216
www.cisonostato.it/page.php?id=1245
www.cisonostato.it/page.php?id=1598

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 00:28.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com