Un’ottima guida della Roma egizia, indispensabile per l’egittophilo che si appresti alla scoperta della capitale con la particolare attenzione per le tracce d’Egitto, naturalmente con l’integrazione delle informazioni contenute qui, su Egittophilia, ad esempio in questa vecchia discussione sempre utile:
Roma
Se allora, durante il mio soggiorno romano del 2007, avessi avuto questo libro sottobraccio… forse non sarebbe cambiato niente, infatti in una settimana si può solo “prendere l’aperitivo”, tale è la valenza storica e artistica della città, insita in ogni pietra e, oserei dire, in ogni buco.
Parte Prima
Il libro comincia con alcuni brevi cenni sulla cultura egizia durante il periodo classico, con particolare attenzione per quegli aspetti che saranno sviluppati in seguito, fuori dalla terra natia, quando germoglieranno come semi in terra fertile sul suolo d’Italia, quasi fosse colonia eletta alla custodia e continuazione di tale conoscenza millenaria.
Dal periodo repubblicano alla fine dell’Impero, vengono illustrate le alterne vicende della religione egizia a Roma, quale principale e più evidente manifestazione della cultura nilotica.
La principale divinità importata è Iside, già assimilata presso i Greci alla Fortuna (Tyché) e a Hera, in quanto moglie di Zeus-Amon-Osiride-Serapide.
Ben presto assume il carattere di Panthea, cioè la capacità di identificarsi con tutte le divinità femminili e di riassumere in un solo essere l’essenza del divino unico e multiforme, forse per i suoi attributi originari di madre per eccellenza e di divinità legata alla terra per tramite del marito e fratello Osiride, fraintesi, che la portano ad essere assimilata a Giunone e a Demetra, forse per le caratteristiche mutuate da Hator, già in terra egizia, che le conferiscono qualità di protettrice delle attività femminili quali la danza e la musica, ma anche le sfere celesti.
Ma risalgono ancora al periodo ellenistico le così dette aretologie, dei componimenti poetici a carattere religioso, usati in ambito liturgico, in cui si esaltano le caratteristiche universali di questa divinità. Il pensiero religioso nell’ambito mediterraneo era maturo per il monoteismo, a cui era già approdato sperimentalmente varie volte nella storia; si esprime così, e attraverso il panteismo della divinità, questa nuova esigenza della sensibilità umana.
Apuleio, con la sua opera “L’asino d’oro” o “Metamorfosi”, ci fornisce informazioni preziose e uniche sul culto della dea, sui riti e la liturgia ai tempi del II secolo d.C.
Altra divinità molto amata fu Osiride, nella figura di Osiris-Api=Serapis.
Per le sue caratteristiche, di cui era già dotato in Egitto, di padre di Horo-Arpocrate, di divinità dell’oltretomba, dell’agricoltura, fu assimilato a Zeus-Giove, a loro volta già identificati con Amon, poi con Dioniso e in qualità di divinità solare, persino con Helio-Apollo, raggiungendo anch’egli un certo panteismo.
Per completare la famiglia divina, Horo il Giovane, il figlio di Osiride e Iside, assume le sembianze di Aropocrate, ormai privo della sua valenza terrena non è più il portatore del sangue reale, cioè l’erede al trono, anche perché, teoricamente, il governo dell’Impero non è ereditario.
Nella liturgia legata al culto dei morti, in cui Osiride aveva un ruolo protagonista, compare anche Anubi, anche se il suo servizio di imbalsamatore non era molto richiesto perché l’usanza comune era la cremazione dei cadaveri.
Infine viene ricordato Bes.
La città era divisa in XIV Regioni in ognuna delle quali esistono tracce di edifici dedicati al culto egizio, conosciuti attraverso varie fonti, da quelle letterarie e storiche a quelle archeologiche.
Non si sa se per caso o per una esigenza simbolica, spesso nei luoghi del culto antico sono state erette chiese per il culto moderno…
Di ognuno dei 13 obelischi romani vengono dati alcuni cenni storici essenziali, la posizione, la descrizione, la collocazione moderna e la descrizione delle epigrafi, sia quelle in geroglifico che quelle in latino.