da l'Espresso: "Egitto proibito"

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-Kiya-
00giovedì 24 gennaio 2008 19:19
Da Tanis a Qena, da Minia ad Assiout. Alla scoperta di grandi tesori dell'antichità ancora non toccati dalle rotte del turismo di massa, se non interdetti dalle autorità locali. Dove si incrociano popoli e culture. I villaggi copti, le tende dei beduini, le case berbere, le scuole dei fondamentalisti islamici. Testo e foto di di Cyril le Tourner D'Ison - Lightmediation

Il lago Burullus, che è in realtà una laguna all'estremo nord del delta del Nilo, è stata una delle scoperte più sorprendenti di questo Egitto 'proibito'. Ci siamo arrivati per caso, attratti dalla vista di decine di barche dalla forma curiosa, con grandi vele, i cui colori emblematici, rosso, verde e bianco rievocano l'epoca dei faraoni. Gli stranieri sono quasi sconosciuti nel vicino abitato di Chakhlouba, dove uomini, donne e bambini erano rimasti ovviamente stupiti dalla nostra presenza. Non avevamo trovato alcun segno di quella aggressività che il turismo di massa tende a suscitare, ma eravamo stati accolti ovunque da gente che ci sorrideva. Il capo dei pescatori, Abbas Bassiouni, fu il primo a venirci incontro con il suo caffettano marrone e ci fece visitare il villaggio presentandoci ai suoi compagni di lavoro che ci condussero poi a pesca con loro. Quando ce ne andammo, la polizia perquisì da cima a fondo la sua casa, dove ci aveva ospitato, accusandolo di traffico di antichità. Al suo responsabile locale non passava neppure per la mente che degli estranei potessero avventurarsi in questi stagni se non per scopi illeciti. Oggi questa zona è completamente interdetta ai forestieri.

Tanis è una delle meraviglie del delta. Per molti anni, la storia biblica di questo luogo ha suscitato scarso interesse. Tell San el-Hagar, come viene chiamata attualmente questa landa ostile e remota, fu la residenza dei faraoni della 21 e 22 dinastia. Secondo Pierre Montet, famoso egittologo francese, il saccheggio di Pi-Ramses, il favoloso palazzo di Ramses II, riassume la storia di Tanis, la più grande e sontuosa città del Basso Egitto. Montet dedicò la sua vita agli scavi e nel 1939 scoprì il più importante tesoro reale dopo quello di Tutankhamen. Tanis è una località troppo impervia per essere offerta come meta dai tour operator.


L'isola di Dahab è una piccola oasi rurale nel cuore del Cairo abitata da contadini e pescatori che vivono in un altro mondo, lontano dalla frenetica attività della capitale, anche se a soli pochi minuti di distanza. Un discendente della famosa dinastia dei pascià, Nauguib Abdallah, acquistò una grande fattoria al centro dell'isola dove vive accanto agli altri 5 mila abitanti di un territorio che conta due villaggi, sei moschee e due chiese. Dahab è il polmone verde di questa megalopoli, alla quale fornisce carne, latte, frutta e verdure. Ma i suoi residenti vivono sotto la minaccia che il governo possa espropriarli, in qualsiasi momento, e vendere i terreni a speculatori edili. Quando abbiamo fatto visita al regista Youssef Chahine nel suo ufficio, ci ha raccontato che aveva annunciato la sua intenzione di girare un film sul modo vergognoso in cui il governo egiziano tratta la popolazione e sulla corruzione che affligge il Paese. Una settimana dopo, il presidente Mubarak dichiarò che la terra apparteneva ai contadini. Ma gli speculatori hanno riguadagnato in seguito terreno e l'isola è di nuovo in pericolo. A sud del Cairo, Fayoum possiede alcuni siti straordinari quasi abbandonati, poiché anche questa area è rigorosamente interdetta. Nel suo circondario racchiude città dimenticate che recano ancora tracce di antiche popolazioni egizie, greche e romane che trovarono le sponde del lago Quaron un luogo ideale in cui vivere. Le sue leggendarie acque si estendono per lunghe miglia come un mare interno e costituiscono l'anima invisibile di Fayoum, i cui antichi centri sono oggi città fantasma, ma dal magnifico splendore.

Il Medio Egitto, fra Minia e Qena, luogo d'origine dell'assassino del presidente Sadat, è stato chiuso anch'esso ai visitatori dopo il tragico evento del 1981. La campagna ha conservato traccia dell'atmosfera dell'antica patria dei faraoni e i suoi siti sono stati messi al riparo dalla caotica urbanizzazione che ha segnato il degrado dei monumenti dell'Alto Egitto.

Minia, la capitale delle industrie del cotone e dello zucchero nel XIX secolo, è una città dal fascino sorprendente. Le fabbriche hanno chiuso e il luogo è diventato famoso come vivaio di movimenti fondamentalisti, il che non costituisce certo un richiamo per i visitatori. Ma la città e il suo circondario conservano tesori storici e ambientali. Tehena el Gebel, ad esempio, un sito affacciato di fronte alla Penisola arabica, possiede grandi vestigia, compresi un tempio Speos che risale al periodo greco e i resti di una villa faraonica chiamata Dehenet, nota come Akoris in epoca ellenistica. Appollaiato in cima a Gebel el-Teir, fra antiche cave, si staglia il villaggio di Deir el-Adra famoso come il 'convento della Vergine', dove si crede che la Sacra Famiglia soggiornò durante la sua fuga in Egitto. Qui vivono 7 mila copti, che godono di un fantastico panorama sul corso del Nilo attraverso campi lussureggianti. Hermopolis, sulla sponda occidentale del fiume, era dedicata a Toth. È un sito immenso dove è nata la leggenda delle origini del Sole, che ha reso Hermopolis un luogo unico nella storia delle religioni. I ruderi sono sparsi intorno al villaggio di El-Ashmunein. Touna el-ebel, la sua necropoli, conserva monumenti che vanno dal VI secolo a. C. al III secolo d. C., un periodo che ha visto l'epoca dei saggi e liberali re Saït, l'epopea di Alessandro Magno, quindi la conquista romana e l'avvento del cristianesimo che segnò la rinascita di questi luoghi. Sulla riva opposta, fra un grande cerchio di montagne dalla cima rotonda, si staglia il profilo di Tell el-Amamam, chiamata anticamente Akhetaton, che si estende lungo il grande fiume. Tutto ciò che rimane di questa favolosa capitale è un deserto roccioso e una fitta vegetazione di palme in uno dei paesaggi più incontaminati dell'Egitto. Più a sud, i villaggi cristiani costruiti sulla scogliera proteggono il cimitero musulmano di Zaoueyt el-Mayeün con la sua miriade di cupole che si estendono per chilometri fra le montagne e le acque del Nilo.

Assiout è una città ostile ma opulenta che fu un tempo un bastione del cristianesimo. Oggi è una culla del fondamentalismo islamico, che fomenta aspri scontri fra le due comunità. Nel 1981, gli integralisti saccheggiarono Dair al-Muharraq, il più ricco e ampio monastero del Medio Egitto. Akhmim è una città dal fascino singolare, luogo d'origine di molti uomini che hanno contribuito alla nascita dei principali movimenti religiosi. La statua di una regina della 18 dinastia venne scoperta in mezzo a edifici cadenti. È un luogo che unisce lo splendore di un mondo perduto alla sporcizia e alla povertà del presente.

In una grigia giornata di dicembre ci siamo diretti in auto verso Al Arish, all'estremità settentrionale della Penisola del Sinai, fermandoci ogni dieci chilometri ai posti di blocco della polizia. Arbi, il beduino al volante, ci aveva avvertito: la strada che conduce a Gaza era sotto stretta sorveglianza, poiché i membri della sua etnia erano accusati di aiutare le persone a entrare clandestinamente in Israele. Nel Sinai è rimasta solo una tribù nomade, dopo che il governo è riuscito a persuadere la maggior parte dei beduini a insediarsi in villaggi dove è più facile tenerli sotto controllo. Anche il turismo locale è nelle mani degli egiziani che lasciano alle popolazioni autoctone ben poco spazio nella vita economica della regione.

Sharm el-Sheikh di notte è una sorta di Las Vegas egiziana con le sue mille luci, i grandi casinò e i giganteschi alberghi che fiancheggiano la strada lungo il litorale. Più in là, lungo la costa, i miseri villaggi di pescatori sono un'altra dimostrazione del profondo disinteresse del governo per le attività economiche che non portano valuta pregiata. Lo stesso vale per Qosair, una piccola località di villeggiatura sul mar Rosso. I suoi abitanti conducono una battaglia solitaria per impedire che le loro splendide case di stile ottomano vadano in rovina in mancanza di fondi per restaurarle, dal momento che il ministero della Cultura non dimostra alcun interesse a proteggere questo patrimonio.

L'oasi di Gara appare annidata sotto un dirupo nel mezzo del deserto libico. Poco visibile fra le colline di pietra calcarea è una cittadella che ricorda la fortezza di Siwa. Senza luce né acqua, venne abbandonata alla fine degli anni '80 e la popolazione locale si spostò ai piedi delle rovine. Con i suoi 380 abitanti, Gara è la sorella minore di Siwa: stesso paesaggio, stesso lago, stesso tipo di roccaforte e stessa cultura berbera, ma più affascinante e autentica. Anche perché non toccata dalla speculazione edilizia.


traduzione di Mario Baccianini
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