Medicina: I tumori maligni nell'antico Egitto e in Nubia

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-Kiya-
00mercoledì 3 maggio 2006 21:13
I più recenti studi in campo paleopatologico hanno dimostrato che i tumori maligni non sono una malattia dei tempi moderni, ma affliggevano l’uomo fin dalle epoche più remote[1].
L’antico Egitto e la Nubia rappresentano un campo di ricerca privilegiato per l’abbondanza di materiale scheletrico e mummificato venuto alla luce negli scavi archeologici e messo a disposizione degli studiosi. Nel presente articolo si intende offrire una casistica completa dei tumori maligni riscontrati in queste aree geografiche e pubblicati nella letteratura. Dopo il lavoro di sintesi di Pahl del 1986[2] il numero dei casi è aumentato in maniera significativa ed è sembrato dunque opportuno fare nuovamente il punto della situazione.
Se attualmente i tumori rappresentano la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari[3], ciò non può essere ritenuto valido per i tempi antichi.
Questa patologia era certamente presente, ma la sua incidenza era meno elevata per una serie di ragioni. Innanzitutto l’età media della vita era inferiore rispetto a quella dei tempi attuali: considerando che molti tipi di tumore si sviluppano tendenzialmente a partire dalla quarta e quinta decade di vita[4], è chiaro che nella maggior parte dei casi non si raggiungeva un’età sufficientemente avanzata che giustificasse l’insorgenza di una patologia tumorale.
Inoltre nel passato non erano presenti molti dei fattori ambientali ritenuti responsabili della trasformazione neoplastica, come l’inquinamento, il fumo di sigaretta, alcuni farmaci, ecc. Questa considerazione tuttavia non deve far dimenticare che sussistevano comunque agenti cancerogeni, quali ad esempio le radiazioni ultraviolette, sostanze chimiche presenti in natura (aflatossina B1, griseofulvina, cicasina, safrolo, noci di Betel) e virus oncogeni[5].
Occorre poi considerare il fatto che solo recentemente l’attenzione degli studiosi si è rivolta alla ricerca di patologie neoplastiche nei resti umani antichi. In precedenza gli antropologi non avevano la preparazione necessaria per individuare i segni della malattia ad un esame macroscopico; inoltre prevaleva l’interesse per gli studi craniologici e razziali. Perciò è possibile che molti casi non siano stati identificati e registrati correttamente.
Un elemento da non trascurare è il fatto che si possono diagnosticare solamente i tumori primitivi o metastatici che abbiano lasciato un’evidenza a livello scheletrico. Si potrebbe obiettare che l’abbondanza di resti mummificati proveniente dall’antico Egitto può ovviare il problema, ma i tumori diagnosticati nei tessuti molli sono in effetti molto rari. Ciò è comprensibile se si considera il trattamento subito dai corpi durante il processo di imbalsamazione, consistente nell’eviscerazione toracica e addominale: fatta eccezione per il cuore e spesso per i reni, tutti gli organi interni venivano asportati, eliminando la possibilità di un’osservazione da parte degli studiosi moderni.
Dall’esame della letteratura sono stati registrati 44 casi di tumori maligni individuati in reperti provenienti dall’antico Egitto e dalla Nubia. In un recente contributo Strouhal3 ha affermato che i casi sarebbero 60, ma in questa cifra vengono compresi anche alcuni casi non ancora pubblicati[6].
Nel presente lavoro i tumori maligni sono stati suddivisi in sei categorie diagnostiche: osteosarcoma, mieloma multiplo, carcinoma metastatico osteolitico, carcinoma metastatico misto (osteolitico e osteoblastico), carcinoma nasofaringeo e altri tipi di tumori non assimilabili alle categorie precedenti.
I tumori sono stati diagnosticati su scheletri o parti di scheletri, fatta eccezione per 5 casi, che si riferiscono a reperti mummificati.





[1] E. STROUHAL, Malignant Tumours in Past Populations in Middle Europe, Proceedings of the XIII the European Meeting of the Paleopathology Association, Chiety, Italy 18th-23rd September 2000, p.265.
[2] W. M. PAHL, Tumors of Bone and Soft Tissue in Ancient Egypt and Nubia: A Synopsis of Detected Cases, International Journal of Anthropology 3(3), 1986, pp.267-276.
[3] S. L. PARKER et al., Cancer Statistics, 1996, Cancer Journal for Clinicians 65, 1996, pp.5-27.
[4] Si veda ad es. R. S. COTRAN – V. KUMAR – T. COLLINS, Le basi patologiche delle malattie, Città di Castello 2000, p.314.
[5] R. S. COTRAN – V. KUMAR – T. COLLINS, op.cit., pp.359-367.
[6] Comunicazione personale, aprile 2004.




Autori: Valentina Giuffra, Rosalba Ciranni, Gino Fornaciari

fonte: www.paleopatologia.it
-Kiya-
00mercoledì 10 maggio 2006 18:48
Alcune immagini che ripropongono "attrezzatura" medica del tempo dei faraoni:




Strumenti medici raffigurati su una parete del Tempio di Kom-Ombo,
in prevalenza dedicato a Sobek, il dio coccodrillo
-francis-
00domenica 23 novembre 2008 13:56
Ricordo bene quelle incisioni. Il tempio di Kom Ombo, anche se poco citato e del quale poco si parla, a me è piaciuto molto.
Ricordo che la guida ci portò all'interno di esso e ci fece vedere il cunicolo sotterraneo sotto il quale si introduceva l'oracolo per poi far uscire la sua voce quando veniva interpellato.
Inoltre, mostrandoci una serie di nemici incisi sulle pareti (molto rovinati perchè tutti portavano su di essi una sorta di concavità), ci disse che tutte le mattine i sacerdoti passavano lì davanti e con un mazzuolo li colpivano, per neutralizzarli.
Non so se sia vero, però la guida era un sacerdote copto e si dimostrò molto ben informata e aliena a fare del sensazionalismo.
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