Sovrano della IV Dinastia, figlio di Khufu (Cheope)
I testi non gli hanno riservato grande spazio, giustificati dalla scarsità di informazioni pervenute fino a noi.
Ciò, tuttavia, non ha impedito a molti studiosi di intessere la sua storia, per mezzo di ipotesi, il più delle volte non supportate da alcuna prova.
L'immagine che la storia ha reso di Djedefra, secondogenito di Khufu, il costruttore della Grande Piramide, è quella di un usurpatore, fraticida e traditore, artefice di un complotto famigliare, rinnegato dallo stesso padre e, per questo, "costretto" a scegliere per la sua Dimora Eterna un luogo diverso dalla Piana.
Il recente ritrovamento della sua cosiddetta "Piramide perduta", i cui resti sono stati localizzati su una collina situata ad Abu Rawash, e gli studi condotti nel sito, hanno permesso di rivedere tali convinzioni e di restituire a Djedefra tutta un'altra vita, indubbiamente più degna di un sovrano della magnifica IV Dinastia egizia.
A questo Sovrano era dedicata la puntata di "Atlantide" andata in onda questa sera su La7, che con una costruzione chiara, lineare e molto ben documentata ha inteso far luce sulla sua figura. Una ricostruzione interessante da cui Djedefra risulta finalmente riscattato.
Del suo complesso funerario e della sua piramide oggi restano solo le rovine, attraverso le quali è stato, però, possibile risalire a numerose informazioni.
Dallo stato in cui si presenta oggi la collina su cui poggiava il suo monumento funebre, si è tratta, in passato, l'errata convinzione che Djedefra ebbe un Regno breve che gli impedì di portare a termine i lavori di costruzione. Conclusione supportata anche da quanto attestato nel Canone Regio di Torino. Il Papiro Reale, infatti, attribuì a questo Re soltanto 8 anni di Regno.
Ma così non è stato. Djedefra regnò a lungo, portò a termine la sua Piramide e la stessa rivaleggiò per lungo tempo con quella di suo padre. Nei pressi della sua Dimora, dove probabilmente fu sepolto, è attestata l'esistenza di un Tempio Funerario, posto a est, presso il quale ebbe luogo un culto al Re tributato e perpetrato fino a tutta la V dinastia.
Djedefra, in vita, favorì il culto del Sole e a partire dal suo Regno la Titolatura Reale si arricchì dell'epiteto
Sa Ra, ovvero "figlio di Ra".
La scelta del sito si basò sull'intenzione di costruire un monumento che potesse eguagliare, se non superare, la maestosità e la bellezza della Piramide paterna.
Per erigere la Piramide di Djedefra, gli studiosi ritengono che fu necessario costruire una rampa lunga 1, 5 km. La stessa è stata individuata per mezzo di foto satellitari che mostrano avesse origine presso una cava di calcare, tuttora attiva, per terminare sulla collina che ospitò il monumento, fornendogli una base adeguata. Così facendo Djedefra non costruì una piramide più alta di quella di Cheope, ma fece in modo che, grazie al suo posizionamento, risultasse tale. Tracce di un porto nell'area confermano che nei paraggi dovrebbe trovarsi anche la cosiddetta "città della Piramide", che ospito coloro che furono impiegati nella sua costruzione. Ed è quanto il team impiegato nell'area sta cercando.
Ciò che sorprende raggiungendo il sito, è la presenza di granito in gran quantità. In passato si è ritenuto che potesse trattarsi di pilastri che, posti orizzontalmente, avessero il compito di rinforzare la struttura del monumento, ma si è poi dovuta rivedere questa teoria, confermando piuttosto che il granito fu impiegato quale rivestimento per un'ampia fascia che partiva dalla base della Piramide.
Djedefra deve quindi essere riconosciuto quale iniziatore della tecnica successivamente adottata da Menkaura (Micerino), per la costruzione del suo monumento, ospitato a Giza, dove il rivestimento per mezzo di granito sulla fascia della Piramide è tuttora presente.
Nelle immediate vicinanze dei resti della Piramide di Djedefra sono stati rinvenuti numerosi frammenti di statue che probabilmente rappresentano il Re. Molte di queste hanno sembianze di sfinge, o almeno così pare da quanto rimane. Ciò ha portato ad avanzare l'ipotesi che Djedefra possa essere stato il Sovrano che commissionò anche la Sfinge di Giza e che fece scolpire il volto della stessa con le sembianze del padre, quale omaggio. L'assenza della barba e il particolare nemes con cui la sfinge è stata rappresetata, renderebbero il suo volto assai simile a quello proposto dall'unica statuetta raffigurante Khufu in nostro possesso.
Recentemente è stato anche accettato che la Sfinge si trovava già lì quando Chefren eresse la sua Piramide. Fatto dimostrato dal repentino cambio di direzione del viale processionale che unisce la Piramide al Tempio della Sfinge, il quale, nei pressi della medesima, subisce un brusco cambiamento di direzione, giustificato appunto dalla preesistenza del monumento.
Allo stesso modo, Djedefra sarebbe colui che fece costruire la Barca Solare in onore di Cheope, rinvenuta in una delle gallerie situate nei pressi della Grande Piramide, come testimonierebbe il cartiglio recante il suo nome e la data del suo XI censimento (che si traduce nel 22/23° anno di Regno del Re, poichè i censimenti avevano luogo ogni due anni) scoperto da Hawass nel tunnel che conteneva la Barca.
Il nome di Djedefra è stato rinvenuto anche su una parete della tomba di Meresankh, figlia del defunto primogenito di Cheope, Kawab. Lo stesso che Djedefra avrebbe ucciso.
Come spiegare, allora, il nome dell'assassino del padre, onorato sulle pareti della tomba della Principessa?
L'unico effettivo enigma che persiste a riguardo di Djedefra è quello che riguarda la sua Piramide. Non si giustifica, infatti, lo stato in cui è giunta fino a noi, in netto contrasto con quello che caratterizza il monumento del suo predecessore.
Della Piramide di Djedefra oggi resta solo qualche traccia a testimoniarne l'antica esistenza.
Molte le ipotesi che tentano di giustificare una tale sorte, compresa quella che riferisce di un'eccessiva pendenza. Ma nessuna di quelle finora proposte è risultata convincente.
Alla luce dei recenti studi si ritiene che la Piramide di Abu Rawash resistette a lungo, prima di essere parzialmente distrutta dai Romani di Ottaviano, in seguito alla morte dell'ultima Regina Egizia, Cleopatra. In tempi moderni fu poi completata l'opera di smantellamento, a beneficio delle moderne costruzioni del Cairo.