Però la discussione non era terminata. Condivido il pensiero di Diego circa l'improbabile funzionalità delle tavolozze cosiddette “cosmetiche” per il trucco e chissà, magari alcune di esse avevano proprio lo scopo di poter essere utilizzate in riti celesti.
Vorrei pertanto riaprire la discussione, avanzando qualche domanda e formulando qualche ipotesi proprio sulla funzione di questi manufatti e vi spiego il perché:
sto leggendo il libro di Natale Barca “Prima delle piramidi – alle origini della Civiltà egizia” e l'autore ne descrive diverse nella forma e nella composizione. Per completezza d'informazione, riporto qualche commento dal suo libro:
“Generalmente le tavolozze per cosmesi, nel Naqada Iabc e nel Naqada IIa, sono a forma di foglia o di losanga piuttosto allungata e sono inornate, salvo rari casi, di decorazione incisa o a rilievo. Alcune, poche, sono zoomorfe, o scutiformi. Un esemplare del Naqada Ic, romboidale, alto 34,2, largo 10 cm e spesso 1 cm, in grovacca, di provenienza ignota (proprio la tavoletta di cui parla Diego),
è decorato a rilievo con uno scorpione.”
A pagina 123 sono raffigurate altre tavolozze per cosmesi e tutte sono fornite di buchi ai lati, per poter essere appese. A pag. 181 l'autore racconta del momento in cui la società di Rango dei Naqadiani assume la caratteristica di Chiefdom, raccontando l'esplosione dell'artigianato artistico:
“
Durante il Naqada IId1, le tavolozze per cosmesi, dapprima mantengono una tendenza alla standardizzazione e alla semplificazione tipologica (gli esemplari sono a forma di animale o a forma di imbarcazione dalle estremità rialzate), quindi acquistano una forma nuova, che può essere, secondo i casi, a scudo o rettangolare con spigoli arrotondati. Le tavolozze scutiformi si distinguono per la decorazione a rilievo, per le maggiori dimensioni e per la funzione, che non è utilitaristica, ma simbolica. Sono oggetti cerimoniali. Vengono dedicate nei templi da offerenti di condizione sociale elevata e forse sono usate dai sacerdoti per la toilette quotidiana della statua del dio; non depone però a favore di questa ipotesi il fatto che lo scodellino per impastare il khol non reca tracce d'uso in alcuno degli esemplari finora documentati”.
Pertanto le tavolozze non avrebbero una funzione cerimoniale, quasi tutte hanno incisioni differenti, che riportano, al centro uno scodellino, motivo che probabilmente ha spinto gli studiosi, a definirle strumenti per la cosmesi. Aggiungo un'altra considerazione: per quanto abbia ricercato nel web e sulla base di tutto quello che ho letto finora, la creazione di questi manufatti era tipica del periodo predinastico, non mi risulta, salvo errori, che nei secoli a venire sia stata mantenuto l'utilizzo degli stessi e con la stessa funzionalità, magari potrò essere smentito.
Riguardo poi ai cosmetici, nell'antico Egitto essi avevano una profonda valenza religiosa non solo perché erano impiegati nelle cerimonie di purificazione e nella mummificazione, ma anche perché, come narra la leggenda, servivano a "ridare la vista al dio Horus".I colori utilizzati per il trucco degli occhi erano due, il verde ricavato dalla malachite e il nero ricavato dalla galena, ma particolare cura era dedicata alla protezione degli occhi dal sole e dalle infezioni.. Il bistro, oggi chiamato khol o kajal veniva mescolato con grassi, resine e linfa di sicomoro e serviva per tracciare una linea nera sulla palpebra donando agli occhi uno sguardo magnetico; aveva la duplice funzione estetica e antibatterica veniva usato soprattutto dalle donne e dai bambini. Il khol era composto da polvere di galena, un minerale a base di solfuro di piombo, ma il suo contenuto poteva variare a seconda delle stagioni, fu addirittura scritta una poesia su questo cosmetico.
Gli occhi di Horus rappresentavano il ciclo vitale del Sole e della Luna, della notte e del giorno, della luce e delle tenebre. E' proprio per ridare a Horus l'occhio perduto e quindi per ritrovare l'equilibrio universale che veniva usato il bistro. L'occhio nero con un lungo prolungamento a forma di goccia che si trova raffigurato su numerosi sarcofagi è, infatti, l'occhio di Horus, simbolo dell'integrità, della salute e della salvezza. Spesso Horus era rappresentato anche in forma di falco, animale dall'occhio cerchiato di nero che ha ispirato l'iconografia del dio stesso.Ora mi domando se le tavolozze non fossero utilizzate nel predinastico, in cerimonie specifiche, da parte di sacerdoti eletti per officiare antiche liturgie, via via evolute nel tempo, a seguito dei progressi intellettuali e sociali. Facile pensare che quei buchi laterali servissero per appendere al collo dello sciamano, lo strumento necessario per celebrare il proprio rito. Il cerchio potrebbe avere uno scopo funzionale, ma potrebbe anche essere una rappresentazione del sole, o della luna, o la prima stilizzazione dell'occhio di un falco, intorno al quale gli uomini in figura, insidiati da belve mitologiche, combattono per unificare e per difendere l'alto ed il basso Egitto.
Racconta Mario Tosi nel suo Dizionario Enciclopedico delle Divinità dell'Antico Egitto, che.... “
l'occhio del Sole ha avuto, nelle leggende egizie, un ruolo considerevole, ma purtroppo non molto chiaro, modificato nel tempo, a seguito delle diverse correnti di pensiero teologico succedutesi negli anni. Il dio Horus non era solamente un dio guerriero o un dio re, ma era ritenuto un dio del cielo e a tale concetto molto antico, alludono frequentemente i Testi delle Piramidi. I due occhi di questo dio, erano il sole e la luna. Tali occhi erano anche considerati come due barche sulle quali il dio sole doveva compiere ogni giorno il suo viaggio diurno e notturno. I sacerdoti di Eliopoli, non potendo sopportare che al primo posto nel pantheon ci fosse Horus e non Ra, identificarono il primo con il secondo; l'occhio del sole appartenne a Ra, mentre ad Horus fu riservato l'occhio lunare......” salto qualche riga …...”
Gli egizi hanno denominato questo occhio udjat che significa stare in buona salute e il suo ruolo sacro è notevolissimo nella religione funeraria. La leggenda dell'occhio di Horus strappato da Seth, che nella versione più antica era già contaminata dal mito di Osiri, derivava senza dubbio da un prototipo di carattere astrale. Secondo un mito solare pià recente, il dio Ra, all'origine del mondo, era stato privato del suo occhio; subito egli incaricò Shu e Tefnet di riportarglielo. Data la lunga assenza delle due divinità, Ra fu costretto a sostituire l'occhio e, quando fu finalmente riportato indietro, l'occhio stesso fu preso da una gran collera, vedendo che il suo posto era occupato, pertanto Ra trasformò l'occhio in serpente – ureo e lo posò sulla sua fronte come simbolo di potenza, con l'incarico di difenderlo dai suoi nemici. L'occhio Udjat divenne uno degli amuleti più diffusi ed il suo nome fu dato anche ad una misura di grano; la luna piena corrispondeva alla misura intera, la mezza e i quarti di luna ne costituivano le suddivisioni. L'occhio divenne sinonimo di intuizione profetica, di salute fisica e di fecondità universale.”
Le tavolozze per la cosmesi erano portate appese sul petto, alla stessa stregua dei pettorali tempestati di pietre rare e oro, un'evoluzione stilistica nei secoli? Osservate il pettorale trovato sulla mummia di Tutankhamon, ci sono l'occhio Udjat ed il Falco, preziosa rappresentazione di Horus, Dio del cielo.
Purtroppo non credo che riusciremo a capire i tanti significati ed i tanti segreti contenuti nella storia egizia che ci appassiona. Ma ciò che più mi ispira consapevolezza e tranquillità interiore, è il riuscire a capire e a condividere, senza grande merito, il pensiero dell'egittologo Wilkinson: “
lo scopo fondamentale dell'arte egizia di tutte le epoche, non è quello di registrare gli eventi quotidiani, ma di rendere eterna una visione idealizzata del cosmo e di esplorare le interazioni fra gli esseri umani, il mondo naturale e quello soprannaturale”..... mi basta e mi avanza.
[Modificato da -Kiya- 19/01/2012 12:14]