Siamo nel III sec. a.C. , Alessandro Magno è deceduto da qualche anno e sull'Egitto regna il primo dei Tolomei.
I culti Egizi e quelli Greci si integrano l'un l'altro, dando vita a nuove entità divine. Tra le principali vi è Serapide.
Serapide scaturisce dall'unione tra Osiride e Api, ma le sue fattezze sono assolutamente grecizzanti, il suo volto è quello di Zeus.
Il culto di Serapide si avvale di una schiera di sacerdoti. Uno di questi è Manetone, il quale, attingendo a fonti locali, compila una storia dell'Egitto in lingua greca: l'
Aigyptiakà.
L'opera di Manetone, purtroppo, è andata in gran parte perduta. Soltanto dei frammenti sono giunti fino a noi, compresi nelle opere posteriori di Giuseppe Flavio, Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea.
Intorno al VII/VIII sec. d. C., lo storico Giuseppe Sincello riprende il lavoro di Sesto Africano ed Eusebio e compila la sua
Cronografia alla quale l'autore acclude un'
Epitome, ossia una lista dettagliata dei Sovrani che regnarono sull'Egitto, suddivisa in trenta dinastie. Ad ogni Sovrano era attribuita la relativa durata di regno.
Poichè Giuseppe Sincello attinse all'opera dei suoi predecessori, i quali, a loro volta, attinsero a quella di Manetone, fu riconosciuta a quest'ultimo la paternità della suddivisione in dinastie dei Sovrani dell'Antico Egitto.
Sebbene siano ormai trascorsi 2300 anni, la divisione proposta da Manetone rappresenta tutt'ora la base della classificazione su cui poggia la moderna Archeologia.
Va detto che non possediamo alcun riscontro che possa consentirci di far luce sull'ipotetico criterio adottato dagli Egizi per una qualche suddivisione.
Senza nulla togliere al prestigio dell'opera di Manetone e alle conoscenze dell'autore, per quanto numerosi siano i riscontri storici a favore dell'attendibilità del suo elenco, restano pur sempre forti dubbi. Occorre, infatti, ammettere che l'
Epitome, così come ci è pervenuta, presenta non pochi errori e inesattezze. Non ci è consentito escludere, ad esempio, che Manetone, in assenza di documenti comprovati e certi, abbia dovuto attingere alla tradizione orale, ai miti, la cui creazione/elaborazione è da ritenersi caratteristica peculiare della cultura Egizia antica. Non è possibile, inoltre, escludere la possibilità che, data la frammentazione e i ripetuti rimaneggiamenti, i dati pervenuti fino a noi siano il risultato di alterazioni.
La successione al trono d'Egitto era regolata da criteri specifici. Il trono si ereditava per discendenza diretta: era ritenuto Principe Ereditario il primogenito nato dal Re e dalla Grande Sposa Reale. Il Re defunto diveniva Osiride, nel suo successore si incarnava Horus. Un iter che sottintende
una continuità che non richiede alcun tipo di interruzione, tanto meno quando in assenza di un erede legittimo, il Re era costretto ad operare la sua scelta nella schiera dei suoi collaboratori. Nemmeno quando, in caso di morte inaspettata del sovrano, occorreva prendere una decisione in tempi stretti (70 giorni?) affinchè il trono d'Egitto non restasse vacante.
Ancora una volta, ci troviamo probabilmente a dover ammettere che ci accostiamo alla storia Egizia con la mente offuscata da meccanismi moderni.
La ripartizione in dinastie suggerisce effettivamente l'esistenza di un criterio di "accorpamento" tra famiglie adottata dagli Egizi o si tratta soltanto di una convenzione, una comodità, adottata a posteriori e totalmente estranea al popolo del Nilo?
[Modificato da -Kiya- 11/01/2011 04:43]