Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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"Antiche civiltà del Sahara" di Massimo Baistrocchi

Ultimo Aggiornamento: 21/06/2011 14:15
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04/07/2010 23:48
 
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Titolo: Antiche civiltà del Sahara
Autore: Baistrocchi Massimo
Prezzo e disponibilità: verifica
Dati: 2008, 366 p.
Editore: Mursia (Gruppo Editoriale)



Antiche civiltà del Sahara




In sintesi

Quel pianeta di sabbia e rocce vulcaniche che si estende per otto milioni di chilometri quadrati, dall'Oceano Atlantico al Mar Rosso, un tempo fu verde e ricco di acque. Le genti che, nel corso dei millenni, lo popolarono, hanno lasciato innumerevoli tracce del loro passaggio: pietre incise, utensili, ma, soprattutto, dipinti rupestri. Opere di una tale raffinatezza stilistica da poter essere annoverate tra i maggiori capolavori dell'arte di tutti i tempi. Ce ne sono a migliaia che punteggiano, con la loro presenza solenne, l'assoluta bellezza di un paesaggio unico al mondo.
Questo libro, frutto di lunghi anni di studio e di esplorazioni, si propone come uno strumento di lettura dell'arte rupestre sahariana ed è un contributo alla conoscenza di una splendida cultura che le avverse condizioni di vita nell'immensa "regione della grande sete" non sono riuscite a cancellare.
[Modificato da -Kiya- 09/01/2011 23:18]
05/07/2010 02:37
 
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Molto interessante! Lo inserirò tra i testi daacquistare... da tempo cercavo dei testi sull'Africa, per conoscerla meglio. Questo potrebbe già essere un primo modo di approcciare ad un territorio quantomeno vagamente familiare...
07/01/2011 18:41
 
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l'ho ordinato poco fa
16/01/2011 00:47
 
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Riporto di seguito l'indice del volume:


Parte prima:
1 - L'Africa dei primordi
2 - Popolamento del Sahara e zone limitrofe
3 - La scoperta del Sahara
4 - La grande avventura artistica delle genti del Sahara: dal segno all'arte
5 - Lo studio dell'arte rupestre
6 - Le periodizzazioni dell'arte parietale
7 - La "pista dei carri"
8 - Il Tenereano
9 - Monumenti funebri preislamici del Sahara

Parte seconda:
1 - La regione del sud oranese
2 -Il Sud Marocco - Il Sahara occidentale - La Mauretania
3 - Il Tassili n'Ajjer
4 - Il Tadrart Acacus
5 - Il Sahara libico
6 - L'Hoggar e le regioni circostanti
7 - L'Adrar des Ifoghas e l'Aïr
8 - Il Djado , il Tibesti, il Borkou, l'Ennedi
9 - Le isole Canarie

Parte terza:
1- Il Sahara oggi
2 - Considerazioni finali

13/06/2011 22:01
 
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Ho finito di leggere stasera, di ritorno dal lavoro, la prima parte, e sono rimasto molto soddisfatto della scelta! Ho pensato intanto di proporvi le considerazioni (più che altro, una visione) del contenuto del libro. Ma prima di tutto, penso sia corretto delineare un ritratto dell'Autore:


Massimo Baistrocchi è nato a Karuizawa (Giappone) nel 1942. Laureato in Scienze Politiche, ha in seguito abbracciato la carriera diplomatica. Acquafortista, giornalista e fotografo, ha tenuto numerose mostre personali e collettive in Italia e all'estero, e collabora a quotidiani e periodici.



E adesso, veniamo al libro.
Nelle prime pagine del libro, l’autore inizia a fare una storia del genere umano: partendo dai primati, fino ad arrivare alla razza homo, passando per gli australopiteci (Lucy), dopodiché passa a delineare i vari tipi di cultura presenti nell’Africa: si parte dalla pebble culture (pebble erano definiti quegli arnesi, tipo ciottoli, resi acuminati dai fattori atmosferici), per poi arrivare ad elaborare i chopper tools, tutti quegli arnesi tipo (sempre) sassi, però questa volta taglienti.

Nel corso di questo capitolo in qualche modo introduttivo, ho trovato interessante la definizione del sistema di datazione BP, riscontrabile ogni qual volta si fa un’analisi al C14. Convenzionalmente viene preso come anno di partenza il 1950 della nostra era, poi per trovare il fattore BP, ovvero Before Present, è sufficiente aggiungere la differenza che intercorre tra il periodo considerato ed oggi. Solitamente questi riferimenti hanno sempre un margine di errore, che sia in eccesso o meno, quindi convenzionalmente si usa il segno ±.

Subito dopo, l’Autore passa ad esaminare le varie presenze che hanno popolato il Sahara nei tempi primordiali. Per fare questo, inizia a Parlare di Roma, e della guerra con Cartagine. Parlando dei vari popoli del Sahara neolitico, Baistrocchi cita autori classici, a cominciare da Erodoto, per poi passare a Sallustio, Terenzio, Apuleio etc..

Non poteva mancare, naturalmente, un discorso relativo all’arte di questi popoli. Anche in questo, Baistrocchi ha svolto un lavoro encomiabile, corredando il capitolo di numerose foto (in b/n), che danno un’idea precisa dell’arte neolitica. Ma l’autore fa anche di più: infatti stila una classificazione dell’arte di queste popolazioni. La prima cosa è definire i quattro gruppi in cui può essere suddivisa:

Primo gruppo:
Incisioni preistoriche (neolitiche)
Secondo gruppo:
Incisioni ed iscrizioni libico berbere
- Protostoriche
- Storiche o libiche
Terzo gruppo:
incisioni ed iscrizioni recenti
- incisioni ed iscrizioni musulmane
- iscrizioni e graffiti moderni (contemporanei
Quarto gruppo:
Incisioni di carattere misto (ovvero, grosso modo, la maggior parte delle incisioni sahariane)

Viene proposta anche una classificazione dei vari periodi in cui può essere divisa l’arte sahariana:

• Periodo del Bubalus antiquus (bubalus = bufalo)
• Periodo dell’elefante africano
• Fase del cavallo
• Fase del cammello

Nel primo periodo, oltre alla raffigurazione di quell’animale, venivano anche rappresentati altri animali, quali, giraffe, rinoceronti etc…; nel secondo periodo, invece, erano rappresentati anche giraffe ed animali domestici, quali: capre, asini…

Ho trovato curiosi invece gli ultimi periodi in cui, tra l’altro, entra in gioco casa nostra: l’Egitto. Infatti , il cavallo fu introdotto nell’antico Egitto dagli Hyksos nel XIV sec. a.C. La prima raffigurazione sarebbe stata rinvenuta a Buhen. Sembra, infatti, che il cavallo si sarebbe poi diffuso in terre quali la Libia dai cosiddetti Popoli del mare. Talvolta il cavallo viene dipinto in fase normale, altre volte in quello che è definito galoppo volante. Ne vedete una rappresentazione qui sotto:




Per quanto riguarda il cammello, ci sono un po’ di pareri discordi, ma tutto sommato potrebbe essere accettata l’ipotesi che si trovasse già nel Sahara nel III sec. d. C. Sembra, infatti che a Leptis Magna passasse una carovana con oltre 4000 di questi animali. Per quanto riguarda le rappresentazioni, queste rappresentano un periodo decadente della cultura, in quanto a stile, privo di sofisticazione.

Interessante è il capitolo sul Tenereano, il periodo riguardante la civiltà di Ténéré. L’arte tenereana si è sviluppata inizialmente con un’industria macrolitica, i cui strumenti avevano una forma lanceolata, la quale era stata ottenuta da grandi schegge. Una novità di questo periodo è il «peduncolo», vale a dire un arnese il cui scopo è fissare gli utensili in pietra ad un manico. Grazie a questa scoperta, l’atereano utilizza una più accurata scelta nei materiali. Anche questa periodizzazione ha le sua suddivisione in fasi: alta, media e finale. La maggior parte dell’oggettistica relativa a questo periodo è realizzata in roccia verde, tipica della zona; però non sono da meno anche oggetti in calcedonio, oppure ancora in cristallo, o quarzo. La civiltà tenereana si dissolse all’incirca nel III sec. a.C., forse con il sopraggiungere della desertificazione, ma tornerà con l’avvento degli Arabi, che affronteranno il deserto per sfruttare il salgemma.

Infine, a conclusione di questa prima parte, si esaminano i monumenti preislamici del Sahara: il capitolo in questione è corredato da molti disegni che fanno vedere quali templi esistevano, e in quali forme erano realizzati. L’Autore prende in considerazione anche i dipinti al loro interno,ed analizza il ruolo che hanno avuto in quel momento di storia
[Modificato da Hatshepsut76 13/06/2011 22:01]
15/06/2011 23:53
 
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per comodità allego il pdf di questa prima parte di trattazione
16/06/2011 20:50
 
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La seconda parte del libro è riservata ad un’analisi più nel dettaglio delle varie città (o stazioni, come le definisce l’autore), e dei rupestri che si possono trovare in ciascuna di esse. Ciascun capitolo ha il titolo dei nomi dei posti presi in considerazione. Segue un discorso introduttivo, all’interno del quale, quando sono presenti, sono riportati, con eventuali suddivisioni dei periodi in cui collocare le rappresentazioni grafiche, e poi – come detto – le vari stazioni presenti sul luogo preso in considerazione.

Il sud oranese


La prima regione considerata è quella dell’Oranese, in cui i primi uomini preistorici africani hanno avuto i primi contatti con il mondo sahariano. La scoperta dei primi rupestri in questa zona si attesta al 1849, in occasione di una spedizione dell’esercito francese, che ebbe luogo vicino Ain Sefra. A questo punto, l’autore fa una storia delle varie scoperte, o spedizioni che si sono avvicendate. Naturalmente, in epoca moderna, nuovi studi sono giunti alla conclusione che in determinate zone - come nell’Hoggar – sarebbero esistite popolazioni neolitiche risalenti al 7000-6000 a.C.
Evidente, in questa regione, è la fase del Bubalus antiquus, che a sua volta può essere suddivisa ulteriormente in tre categorie: quella dei rupestri naturalistici a grande dimensione, quella relativa alle piccole incisioni, e per concludere, la fase decadente.
Stile bubalino a grandi dimensioni: vi si trovano rappresentati essenzialmente bufali selvaggi, ma anche – talvolta – dei rinoceronti. A questo periodo risalgono le rappresentazioni di arieti con sferoidi tra le corna. I disegni di questi due animali mi ha richiamato alla mente l’immagine di Hathor con il disco solare. I disegni appartenenti a questo periodo sono stati eseguiti utilizzando la tecnica del picchettaggio ravvicinato. Il tratto può essere a forma di U, oppure di V, a seconda di quanto sia resistente la roccia. Un’ulteriore tecnica utilizzata consiste nell’asportazione, o nella levigatura di parti, o dell’intero rupestre.
Stile bubalino a piccole dimensioni: la fauna rappresentata è pressoché identica a quella del periodo precedente; le immagini sono state realizzate con delle schematizzazioni, che presentano in sé una stilizzazione delle forme.
Stile bubalino decadente: i rupestri di questo periodo sono più concentrati in certe stazioni, piuttosto che in altre, e hanno uno stile mediocre, ed una tecnica più rozza. Dal punto di vista artistico, i lavori non presentano quelle caratteristiche (come il polissaggio) che una pittura dovrebbe avere; inoltre, il tratto è spesso incerto e incompleto. È stato riscontrato, nonché accertato, che i dipinti di questa fase sono posteriori rispetto ai primi due stili, in quanto i disegni si sovrappongono, ed inoltre sono stati fatti sulle stesse rocce.


16/06/2011 20:54
 
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Il Tassili n’Ajjer



Una veduta del Tassili n'Ajjer


Il Tassili n’Ajjer (o «altopiano dei fiumi» in lingua tuareg), che qui è suddiviso in settentrionale e meridionale, è uno dei luoghi in cui sono presenti delle stazioni dove è possibile vedere dei rupestri. Per la precisione, si tratta di un altopiano situato in Algeria, dove sono stati riscontrati numerosi rupestri, studiati in modo approfondito dal francese Henry Lhote. Dopo aver fatto una sorta di cronologia delle imprese svolte dal francese, Baistrocchi inizia ad analizzare le varie zone dell’altopiano. Iniziando da quella della zona settentrionale, ne delinea i periodi in cui si possono suddividere le pitture parietali:
Periodo bubalino: i reperti sono prettamente di stile naturalistico, e presentano una caratteristica; vale a dire quella di essere incisi con un tratto ad U oppure a V. Presentano una patina molto scura, e spesso brillante. I lavori di questo periodo possono essere mediocri, ma anche di ottima qualità.
Periodo bovidiano: non è stato molto rappresentato nell’Oued Djerat; forse perché questo luogo ha le fattezze di un torrente
Periodo cavallino: non si riscontrano parietali, perché la popolazione di questo periodo non ha lasciato testimonianze grafiche
Periodo camelino: rappresenta la decadenza dell’arte sahariana; le figurine sono tracciate con trascuratezza, e con tecnica rozza Inoltre, la fauna è anche più limitata: si notano infatti alcuni struzzi, cani, e qualche bovide. Comunque sia, è possibile riscontrare – dallo studio di questo periodo – la presenza di genti che hanno abitato questi luoghi; un altro fattore che lascia supporre una simile ipotesi, sono le scritte in tifinagh.
È proprio in questo luogo che – tra tutti i rupestri trovati – ve ne sono alcuni molto curiosi: infatti sono rappresentati in atteggiamenti sessuali.
Tamrit, nel Tassili n’Ajjer meridionale, è una «stazione» caratteristica: vi si possono vedere dei cipressi millenari, che i tuareg chiamano tarout. Baistrocchi la suddivide in settentrionale e meridionale. Nella parte settentrionale, è possibile osservare un dipinto con dieci antilopi, di colori ocra, rosso e bianco. Ma ce n’è un’altra più insolita: si tratta di un’imbarcazione, con la prua e la poppa ricurve e – quasi come fossero sospese nel vuoto – alcune figurine in movimento. Secondo un’analisi effettuata dagli archeologi, si tratterebbe di un’imbarcazione egizia, risalente al periodo predinastico. Ma anche presso Jabbaren, ed Aouanrhet è possibile vedere pitture di ispirazione egizia.
16/06/2011 21:35
 
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Ecco il secondo pdf
19/06/2011 01:16
 
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Questo che vi propongo è un po' una sintesi della terza parte del libro, alla fine della quale, come di consueto allegherò il pdf.

Il Tadrart Acacus


una veduta del Tadrart Acacus


Quella del Tadrart Acacus è la terza zona presa in considerazione dall’autore. Si tratta di un altopiano di arenaria, dislocato sul versante nord-occidentale in Libia; per la precisione nella regione del Fezzan. Solo un avvallamento lo separa dal Tassili n’Ajjer, di cui presenta grosso modo la stessa conformazione territoriale. Nel corso degli ultimi due secoli, in questo territorio si sono avvicendate spedizioni francesi, tedesche ed italiane; durante tutte le spedizioni che sono state portate a termine qui, è stato riscontrato che in queste zone è evidente una notevole ricchezza di rupestri, sia per la qualità, che pi fattori culturali che, sebbene non conosciuti, per la quantità. Ma l’altro lato della medaglia fa vedere un impoverimento delle tecniche, ma anche della qualità, con il progredire delle fasi, a partire dalle più antiche fino alle più recenti. Il motivo per cui potrebbe essere accaduto questo, potrebbe essere imputato ai fattori culturali che – poiché non se ne è a conoscenza – potrebbero essere imputati a fattori magici.
Non ci sono grosse differenze sui supporti dove venivano dipinti i rupestri tra quelli dell’Acacus e quelli del Tassili; infatti, anche in questa zona molti rupestri sono nelle zone interne, in mezzo a ripari, o anfratti. Sempre come nel Tassili,talvolta le pitture vengono sovrapposte, quasi come a seguire un disegno definito, per occupare meno spazio. Durante lo studio di questi rupestri si è notata la presenza di colori che, naturalmente, differisce da periodo a periodo:
• Fase delle «Teste rotonde»: il colore è denso e corposo, tale da raggiungere quasi la lucentezza
• Fase pastorale (bovidiana): colore spesso opaco, e meno corposo
• Fase del cavallo: colore diluito
• Fase camelina: il colore è pressoché alterabile.
Poi, inizia la descrizione delle stazioni, con i rupestri trovati: naturalmente sono principalmente animali, e figurine umane. Ma è facile anche trovarne alcuni con espliciti riferimenti sessuali.

Il Sahara libico


Il Sahara libico


Tra il 1933 ed il 1939, Graziosi conduce tre spedizioni in questo territorio, ed in questo modo riesce ad ampliare le conoscenze di questa zona che si avevano fino ad allora. Le stazioni che si trovano qui non presentano caratteristiche, o figure particolari. La stazione che forse è opportuno ricordare – e di cui abbiamo parlato spesso – è il Gilf Kebir:


Un'immagine del Gilf Khebir


in questa stazione, infatti è opportuno ricordare una pittura del periodo bovidiano, dove compare un personaggio con una maschera (forse di antilope, o forse di asino), e le braccia in alto, il cui corpo è trapassato da frecce.


L’Hoggar

Una caratteristica di questa regione è quella di non avere molti dipinti rupestri. Il motivo potrebbe essere da attribuire alla sua conformazione: infatti, sarebbe contenuto tra due catene montuose. Anche l’Hoggar si trova in Algeria, più precisamente a sud. Le pitture che vi si possono trovare non sono così accurate come quelle che è possibile incontrare nel Tassili n’Ajjer: infatti presentano una tecnica molto più rozza e meno sofisticata.


Una veduta dell'Hoggar in fiore


L'Adrart des Ifoghas e l'Air


l'Adrart des Ifoghas


La prima zona in questione presa in esame è un altopiano malese. Finora non è stata riscontrata una gran quantità di rupestri, forse perché – anche a livello geologico – non ha mai suscitato un interesse notevole. Un certo interesse suscita la stazione di Arli, dove si trova raffigurato un carro, che poi è stato scoperto essere trainato da una coppia di buoi. Nella parte occidentale del massiccio si trovano delle stazioni in cui sono rapresentati molti bovidi, che hanno caratteristiche in comune con quelli dell’Oued Djerat. Nel complesso, le stazioni di questo massiccio presentano elementi che fanno risalire le pitture al periodo cavallino.


Il massiccio dell'Aïr


Anche l’Aïr è un altopiano; geograficamente è situato nel nord-ovest, sul confine tra Algeria e Nigeria. Le pitture rupestri (peraltro molto scarse) di quest’area presentano differenze rispetto a quelli riscontrati nelle altre zone. Ci sono rupestri che risalgono al periodo bovidiano. Nell’Aïr i rupestri risalgono a fasi protostoriche dell’era cavallina, e alla fase storica del periodo camelino. Tra queste pitture, scarseggiano quelle dei carri, così come quelle dei cavalli, mentre – al contrario – prevale la figura del guerriero appiedato.

Il Djado, il Tibesti, il Borkou, L’Ennedi


La regione che comprene queste zone è situata tra Niger, Ciad e Libia. Dal punto di vista rupestre, questa zona è stata poco studiata, forse perché è isolata rispetto a tutte le altre. Il francese Huard ha avuto l’ardire di spingersi in questa zona, e di caratterizzare quattro periodizzazioni di arte parietale:
fase pastorale arcaica: a questo periodo risalgono alcuni esemplari di Bubalus antiquus
fase pastorale antica: compaioni i primi cacciatori/pastori, e le prime figurine di fauna, incluse alcune raffigurazioni di bovidi
fase pastorale media: fanno la loro comparsa le raffigurazioni di antilopi, gazzelle, giraffe e struzzi, ma si trovano ancora rappresentazioni di elefanti. I buoi, che è ancora facile trovare rappresentati, in questa fase hanno un motivo rituale
fase pastorale tarda: tende a scomparire la fauna “pesante”, e a restare solo quella composta da gazzelle, antilopi, giraffe…

Le Isole Canarie


Appartenenti all’Africa, sebbene distanti da questo continente dall’oceano, rientrano anche le Isole Canarie, in quanto similari sotto il profilo geografico, nonché quello culturale. In queste isole è facile trovare dei rupestri; sia incisioni,ma anche pitture. Questi lavori sono antichi, ma ce ne sono anche di più recenti: alla fase più antica, corrispondono i lavori di forma geometrica, per esempio spirali etc… Ad un’ epoca più tarda appartengono le figure umane stilizzate, accompagnate da scritte tifinagh.
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