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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Gilf Kebir

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2010 18:53
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- ShemsetRa -
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14/02/2009 12:33
 
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Ecco la traduzione della pagina indicata da Kiya nel topic sul film "Il Paziente Inglese", sulla spedizione Ceca nel Gilf Kebir, avvenuta nel Novembre 2008.
Ho cercato di fare del mio meglio, col mio inglese da autodidatta, ma anche quello dei cechi non mi è sembrato molto elegante, è pieno di ripetizioni e di "che"; comunque, se trovate delle frasi non interpretate giustamente, scrivetemi.

Alla ricerca delle immagini del tempo in cui il Sahara era pieno di laghi

Rapporto esclusivo di un membro della prima spedizione ceca al Gilf Kebir.
L’archeologo Martin Tomášek descrive i 22 giorni di esplorazione della spedizione ceca nelle distese poco esplorate del Sahara Egiziano. Grazie a lui riportiamo immagini uniche da posti in cui i viaggi organizzati portano raramente.


Erano quasi le 2 del mattino del 3 Novembre 2008, quando gran parte dei membri della nostra spedizione scientifica si incontrarono all’aeroporto del Cairo. Destinazione finale era l’area remota del Gilf Kebir, situato vicino al luogo in cui l’Egitto confina con Libia e Sudan. La nostra squadra di scienziati – l’egittologo Miroslav Barta, l’ispettore Vladimir Bruna e me (l’archeologo Martin Tomasek) – fu raggiunta all’aeroporto da altri membri della spedizione. Gli altri presto arrivarono da Praga e comprendevano: l’archeologo Jiří Svoboda, esperto dell’era paleolitica, l’ispettore Václav Cílek, l'archeologo Jiří Musil, esperto del Periodo Romano, il botanico Petr Pokorný e Josef Jíša, responsabile del carico di tutti i dispositivi elettrici funzionanti a celle solari. L’ultima persona che si unì alla spedizione fu Martin Frouz, un fotografo al servizio della squadra National Geographic ceca.

Ritardo dovuto ai rapimenti.

Il fondatore della spedizione e suo leader naturale era Miroslav Barta dell’Istituto di Egittologia della Repubblica Ceca. Aveva conoscenza approfondita della regione e dei dialetti arabi parlati in Egitto ed era incaricato di fornire i necessari permessi di viaggio, così come il lato logistico della spedizione. La conoscenza dei luoghi è stata assicurata dai Beduini di Baharija. A causa di recenti rapimenti di turisti, avvenuti non lontano da Gilf Kebir, le autorità egiziane prendono tutte le precauzioni possibili per limitare l’accesso ai visitatori nella zona. A causa di ciò i nostri permessi sono stati ritardati e ci è stato accordato di avvicinarci al confine con il Sudan solo per un ristretto numero di giorni.


[Modificato da pizia. 31/12/2009 23:55]
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- ShemsetRa -
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14/02/2009 12:39
 
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Alla ricerca di insediamenti estinti.

Il giorno seguente abbiamo lasciato Il Cairo e abbiamo preso la strada verso sud-ovest. Qual era il motivo e l’obbiettivo del nostro viaggio? Gli egittologi cechi stanno lavorando in Egitto da 50 anni, principalmente in un terreno ricco di sepolture presso alla necropoli reale di Abusir. Nel 2004 una spedizione ceca uscì nel Deserto Occidentale, dove i suoi membri esplorarono ciò che rimane degli insediamenti estinti nell’area di el-Hajez nell’oasi di Baharija. Questa non è certo la sola oasi del deserto. Cinque oasi sono state abitate fino a tempi recenti (Siwa, Baharija, Farafra, Dachla, Charga). La gente viveva anche in molti altri posti in questa zona del Sahara. Anche dopo l’avanzata del deserto c’erano ancora piste di collegamento fra singole aree. Furono quegli antichi sentieri che noi decidemmo di seguire , così ci condussero ai resti poco conosciuti dell’insediamento di Gilf Kebir. La spedizione è stata organizzata dall’Istituto di Egittologia Giovanni Evangelista dell’Università di Purkyně in Ústí nad Labem e dall’Istituto di Archeologia di Praga. Sono riusciti ad ottenere la concessione e anche l’aiuto degli sponsor – oltre al media partner National Geographic della Repubblica Ceca, altri che hanno contribuito sono stati EMERAN, JÍŠA a JÍŠA RENTCAR, INSET, MIBCON e Severočeské doly.


Macine ed incisioni

Usciamo nel deserto con un convoglio di dieci fuoristrada Toyota accompagnati da sette Beduini e un membro dell’ Egyptian intelligence service. La prima destinazione era la così detta montagna dell’acqua di Djedefra. In questo posto si possono trovare alcune incisioni preistoriche sulla roccia, assieme ad altre più recenti incisioni e pitture. Il nome del faraone costruttore delle più grandi piramidi le datano all’Antico Regno (immagine 1). Grazie alle informazioni ricevute dalla famosa esploratrice tedesca del deserto, Carla Bergman, eravamo quasi le prime persone ad aver visto questi posti contenenti arte rupestre. Questi siti erano stati scoperti recentemente dall’esploratrice tedesca, ma non ancora pubblicati. Ciò rende la nostra ricerca abbastanza unica. Le pitture risalgono a quando la terra intorno a questa parte del Sahara era piena di laghi, fiumi e animali selvatici. La gente del posto dipinse elefanti, giraffe, gazzelle ed emù in stili difficili da datare; molti di essi fatti dalla gente, dai mandriani e dai coltivatori neolitici (immagine 2). Oltre alle incisioni lasciarono anche manufatti di pietra, dal Basso e Medio Paleolitico all’Epipaleolitico, al periodo Neolitico. Ad esempio alcune belle macine che sembrano solo aspettare il ritorno della massaia (immagine 3). Questa zona del Sahara cominciò a diventare deserto attorno al sesto secolo a.C. La gente che dovette emigrare si rivolse principalmente alla valle del Nilo dove prosperarono partecipando alla crescita dell’Egitto. Di ciò tratteremo successivamente.


Seguendo i passi delle carovane di cammelli.

Come abbiamo detto stavamo seguendo le piste delle carovane. Sul percorso denominato Tarik Balas passammo presso strutture usate per immagazzinare l’acqua. In una di esse, Mahatma el-Bi, trovammo frammenti di un grande vaso di stoccaggio risalente all’Antico Regno, unica prova che gli egizi solevano vivere qui. Il vaso portava una lettera “H” incisa (immagine 4).


Storia sulle rocce.

Infine siamo entrati nell’area del Gilf Kebir. Qui si trovano ben conservati esempi unici di arte rupestre; il più famoso è la così detta Caverna dei Nuotatori, che diventò famoso grazie al film “Il Paziente Inglese”. Questo è il punto in cui siamo arrivati più vicini al confine con la Libia (circa 20 km) e al Sudan (150 km); le nostre guide beduine tengono l’occhio attento verso sud. Hanno paura di poter vedere un pennacchio di polvere sollevata dai veicoli appartenenti alle bande sudanesi. Fortunatamente incontriamo solo un gruppo di 15 turisti francesi. Nello Wadi Sura abbiamo nascosto i nostri veicoli dietro a una delle molte rocce e ci siamo affrettati con impazienza alla prossima destinazione della nostra spedizione – l’”abri” (riparo di roccia) con le sue decorazioni dipinte uniche, che mostrano i così detti nuotatori, figure giacenti in varie posizioni (immagine 5). Purtroppo i dipinti erano in cattive condizioni. Circa due terzi di essi sono stati distrutti dai visitatori, che hanno continuato ad inumidire i muri per prendere fotografie migliori. Ciò ha causato la caduta di pezzi di muro. In seguito i beduini ci condussero nelle vicinanze di Sura Gelida. Affascinati abbiamo guardato le centinaia di palme disegnate (immagine 14), centinaia di figure umane, animali selvatici senza testa, ecc. Fu qui che Miroslav Barta riconobbe le notevoli somiglianze fra le pitture rupestri fatte da antiche tribù e l’arte egizia antica delle origini dello stato.
Con ogni probabilità i così detti nuotatori sono in realtà membri di tribù nemiche uccisi; le pitture descrivono anche eventi storici, come una battaglia con altre tribù e la caccia di animali selvaggi come i leoni (immagine 6). Il fotografo della spedizione, Martinu Frouza, passò gran parte della notte per la documentazione fotografica dei dipinti. Sfortunatamente i nostri permessi non permettevano una lunga permanenza per effettuare un’analisi completa. Abbiamo dovuto tenerlo presente fino al nostro ritorno a Praga. Vedere i dipinti di persona è un’esperienza unica; eravamo sicuri che una nuova interpretazione avrebbe destato l’interesse degli esperti.


Dalle giraffe alle acacie e ad una pietra verde

La parte seguente del viaggio ci ha condotti, attraverso il Gilf Kebir (circa 1000 m. sul livello del mare) a Wadi Hamra, nel quale contammo 9 alberi di acacia (immagine 7). Il botanico della spedizione, Petr Pokorny, identificò anche altri 5 tipi di piante. Ciò prova che se dovesse cominciare a piovere, il deserto diventerebbe verde. Anche qui l’arte rupestre è stata diffusa. Per completare il mosaico di conoscenza siamo riusciti ad aggiungere un nuovo sito che non crediamo fosse già stato conosciuto. Immagini uniche di giraffe mentre sgranocchiano acacie e un bue legato furono le ultime che vedemmo a Gilf Kebir.
La sosta seguente era particolarmente importante per il nostro geologo. Questo è il posto in cui l’unico minerale di silicio, anche denominato vetro della Libia, è stato trovato. Questo silicato verdastro e quasi trasparente ha oscura origine. Può essere il prodotto di una meteora o di alghe verdi e blu. Non sappiamo. E’ una bella pietra che orna parecchi gioielli del faraone Tutankhamon.


Ultimo giorno – attraverso le oasi estinte, ritorno al Cairo

La parte seguente della giornata ci portò verso nord, all’oasi di Siwa. Dovemmo aspettare qui che i permessi di viaggio fossero emessi, cosa di cui avevamo bisogno per il viaggio verso le oasi estinte di Areg e Bahrayn. Questa zona fu insediata durante la fine del periodo romano. Siwa è piena di monumenti e facilmente accessibile. Alessandro il Grande visitò il suo famoso tempio oracolare dove si presume fu nominato dal dio Amon come figlio di Zeus-Amon. Il tempio è circondato dai resti della città medioevale fatta con mattoni d’argilla, distrutta nel 1926 da un acquazzone. Un destino simile afflisse un’altra città medioevale, Shali (immagine 8 e 9). Lasciammo Siwa e prendemmo la strada verso il vero obiettivo del nostro viaggio, le oasi Areg e Bahrayn. Un’antica strada ci condusse a un tempio ellenistico, prova di un antico insediamento (immagine 10).
Passammo l’ultima notte nel Deserto Bianco (immagine 11), e tornammo al Cairo attraverso Baharija, dove la nostra spedizione terminò il 22 Novembre. Ciascuno di noi darà contributo ad un libro sul Deserto Occidentale che dovrebbe essere pubblicato il prossimo anno. Il nostro geologo ricavò preziose informazioni sulla storia geologica del Sahara; il botanico sui tipi di piante e animali viventi lì e gli archeologi sugli insediamenti neolitici e paleolitici di quest’area. Gli altri hanno ricavato più conoscenze attestanti il declino radicale degli insediamenti che cominciò nel IV sec. D.C., continuando nel Medioevo e nella prima Età Moderna. Ciascuno di noi contribuirà con nuove conoscenze che non avremmo potuto raggiungere senza la spedizione.


Nuovi risultati da trasformarsi in un libro.

La spedizione fu interessante per ciascuno di noi per differenti ragioni. Abbiamo avuto l’opportunità di incontrarci almeno brevemente con il mondo di dune di sabbia e pianure dove si può guidare fino a 100 km/h. Abbiamo visto zone di deserto pietroso con stupefacenti formazioni rocciose e sperimentato i tramonti e le albe più splendide (immagine 12). Per tutto il tempo siamo stati accompagnati da sette beduini che si presero molta cura di noi. Hanno procurato abbondante acqua, benzina e cibo per il viaggio. Era giusto il tonno con la cipolla di cui eravamo infine piuttosto stanchi. La spedizione non avrebbe avuto luogo se Miroslav Barta e Vladimir Bruna non avessero lavorato duramente per un anno (immagine 13). Noi non abbiamo partecipato alla preparazione, ma speriamo di ripagarli con il nostro contributo al libro.

Il Cairo, 21 Novembre 2008

Aggiornato: 1° dicembre 2008 da Martin Tomášek, Istituto di Archeologia del ASCR, Praga.

[Modificato da pizia. 17/02/2009 03:09]
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- ShemsetRa -
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31/12/2009 23:49
 
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Un articolo sul Gilf Kebir, da scaricare
Egitto - Gilf Kebir
Emozionante [SM=g1361793]
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= Useret mes en Ra,
Sepet em-bah Aton =
01/01/2010 09:27
 
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Grazie pizia!!!veramente interessante [SM=x822713]
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Suddito
01/01/2010 22:02
 
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Grazie davvero intrigante!
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03/01/2010 22:39
 
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Sono passati (purtroppo) molti anni, ma mi ricordo ancora quando mio padre mi raccontò che , un tempo, il Sahara era un mare verde...avevo sei o sette anni, ma non gli volevo credere!Poi ne ho avuto conferma a scuola...
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- ShemsetRa -
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04/01/2010 10:00
 
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Per completezza riporto il link al sito degli studiosi cechi anche qui:
https://www.praha.eu/jnp/en/extra/archaelogy_/a_search_for_pictures_from_the_times_when_the_sahara.html
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06/01/2010 13:31
 
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Quante belle ed appassionanti informazioni! Grazie Pizia!
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06/01/2010 18:53
 
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Grazie a voi, in fondo ho fatto ben poco, una traduzione casalinga... [SM=x822720]
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