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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Divinità e imbalsamazione

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2009 15:00
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La Divina Cantatrice
- HdjetmeMaat
MerytAton Sitenjterw -
14/12/2009 00:15
 
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Prendendo un pò spunto da altre discussioni e poichè religione e miti necessitano ancora di approfondimenti da parte mia, vorrei sottoporre alla vostra attenzione una mia curiosità che riguarda la pratica imbalsamatoria delle divinità zoomorfe.
La conservazione del corpo del defunto è un atto di pietas riconoscibile che poi è giustificato dal credo in una vita successiva al trapasso, ora mi chiedo se può avere lo stesso significato imbalsamare l'espressione terrena di una divinità.
La mummia di per sè rappresenta un oggetto di culto ? Sembra che onorare le spoglie di animali sacri sia una pratica frequente ma non generalizzata.
Il gatto Bastet è imbalsamato, il toro Api altrettanto, il coccodrillo Sobeck anche ed ha un suo tempio grandioso,non mancano mummie di babbuini e di ibis però sono assenti ippopotami cobra e soprattutto è assente Seckmet, divinità doppia del male e del bene per la sua valenza di portatrice di guerra o di salute.Che dire poi di Kepri ? Impossibile imbalsamare....ma conservare ?
Potete chiarirmi le idee ed aiutarmi ad orientarmi tra dei demoni e guardiani ? [SM=g1621246] Grazie.
[Modificato da roberta.maat 14/12/2009 00:18]
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Sacerdotessa
di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
S3t n m3't -
14/12/2009 00:44
 
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In effetti non definirei l'imbalsamazione dei defunti come un atto di pietas, proprio perchè abbiamo riscontri dell'esistenza di motivazioni più radicate, legate al Credo Egizio, come tu stessa sottolinei.
Affinchè il defunto potesse tornare alla vita era, infatti, necessario che il suo corpo fosse mantenuto quanto più integro possibile, come recita anche una formula del Libro per la Venuta al Giorno: "Il mio corpo è eterno, esso non perirà nè sarà mai distrutto in questa terra".
Se ciò non fosse avvenuto il suo ba non avrebbe potuto riconoscerlo e quindi riappropriarsene. E senza il suo "spirito" il defunto sarebbe stato destinato a rimanere tale.

Per quel che riguardava gli animali, non venivano imbalsamati in quanto ritenuti "divinità" o riflesso delle stesse, ma perchè con esse avevano un vincolo di sacralità.
Non è da escludere che presso i Templi si provvedesse ad imbalsamare l'animale associato alla divinità "patrona", a scopo di offerta/sacrificio o come forma di adorazione. Insomma, per lo svolgimento di uno specifico rituale.
Sostengo questo, perchè, a differenza degli uomini, per gli animali non era previsto alcun corredo funerario, né, tanto meno, offerte di cibo, il che lascerebbe presupporre che per loro non fosse previsto un ritorno alla vita.
L'assenza di particolari animali, come leoni in riferimento a Sekhmet o cobra per Wadjet, potrebbe suggerire che siamo nel giusto nel ritenere che soltanto le divinità che possedevano un culto e una casa terrena (un Tempio ad essi votato), beneficiassero di tali sacrifici.
Da questa riflessione resta escluso Anubi, ma forse gli esemplari di cani mummificati sono stati rinvenuti presso tombe umane, nelle quali furono deposti per accompagnare il loro padrone.
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Scriba
14/12/2009 14:07
 
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In ambito religioso, mi muovo ancora a fatica...

Per continuare la propria esistenza, l'anima aveva bisogno di un substrato terreno, e fino a qui ci arrivo...ma la sopravvivenza a cui si allude era da intendersi puramente nell'Aldilà?
Per quanto ci è dato di sapere, era previsto qualcosa che somigliasse al nostro concetto di "resurrezione della carne"?

Spero di essermi spiegata bene, e ringrazio anticipatamente chi volesse darmi qualche delucidazione.
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Sacerdotessa
di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
S3t n m3't -
14/12/2009 15:00
 
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Approfondendo sul concetto di morte nell'antico Egitto, ci si imbatte nel termine "resurrezione". I testi di Egittologia (tralasciando opere a carattere magico/spirituale che non rientrano in quest'ambito) non parlano mai di "reincarnazione", questo perchè, contrariamente a quanto ritenuto dai più, questo concetto non è presente nel Credo Egizio.
Erodoto ci riferisce il contrario, ma cadde in errore confondendo le trasformazioni indicate nei Testi Funerari con la metempsicosi e la reincarnazione, concetti del tutto estranei agli Egizi.

Si riteneva che il defunto potesse rinascere e questo era indubbiamente quello a cui ogni Egizio aspirava. A questo, inoltre, servivano le trasformazioni di cui sopra. Non si trattava però di una rinascita terrena, bensì di una resurrezione nel Regno dell'Oltretomba, o forse sarebbe più corretto parlare di continuazione della propria vita nell'Aldilà.
La ragione che stava alla base della conservazione dei corpi era questa. Tuttavia non era sufficiente a garantire la vita eterna. Quindi si ricorreva, innanzitutto, a specifici riti, come quelli di purificazione, quello dell'"apertura della bocca", per restituire "il soffio di vita" e i sensi, e ancora la dotazione di amuleti, opportunamente racchiusi tra le bende in posizioni prestabilite, con specifica funzione protettiva.
Anche al defunto spettavano, poi, precise incombenze, che avrebbe dovuto espletare all'inizio del suo viaggio. Si tratta delle prove scrupolosamente esplicate nel Libro per la venuta al Giorno, ivi compresa la psicostàsia, ovvero la "pesatura del cuore", indicata anche come "Giudizio Divino".
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