Re: I testi delle piramidi e dei sarcofagi
MassimoIzzo, 01/09/2009 17.34:
Noto con piacere che alcuni di voi sono stati stimolati dalla lettura di questo passo, ahimè, fin troppo sconosciuto. Purtroppo la mancanza di sistematiche traduzioni in italiano di TdP e TdS (scusate le abbreviazioni) limita di molto la conoscenza della profondità e dello spessore filosofico egiziano. Se questo è un danno per la diffusione della cultura, lo è anche di più per la conseguente assenza dei filosofi contemporanei nell'analisi della filosofia egiziana. Difatti avrete sentito parlare di filosofi greci ma mai di filosofi egiziani......
La questione del mancato riconoscimento delle filosofia egiziana, a beneficio di quella greca, ritenuta la civiltà iniziatrice, è decisamente annosa e non scevra di polemiche. Ironia vuole che con stretto riferimento alla civiltà egizia si parli spesso di "sapienza" e di "saggezza", ma quando si introduce il concetto di "filosofia" il discorso volge lo sguardo altrove.
Stimolata da quanto hai espresso qui, ho soddisfatto la curiosità di verificare quale fossero le definizioni dell'uno e dell'altro termine assegnate in un comune dizionario italiano.
Alla voce "sapienza" leggo testualmente:
"Dote di chi unisce una vasta e assimilata conoscenza delle cose con la capacità e l'equilibrio nel giudicarle";
alla voce "filosofia" invece:
"Attività intellettiva mirante all'indagine critica e alla riflessione sui principi fondamentali della realtà e dell'essere";
la sostanziale (si fa per dire) differenza tra le due è evidenziata in grassetto: l'una è ritenuta una "dote", l'altra un'"attività intellettiva". L'una richiede capacità ed equilibrio, l'altra criticità e riflessione. In buona sostanza, la filosofia è figlia della sapienza, potremmo affermare. Personalmente preferisco pensare che la Sapienza è Filosofia e che la Filosofia è Sapienza.
Tuttavia i sapienti egizi non sapevano filosofeggiare.
Come definire infermo un uomo perfettamente in grado di camminare.
MassimoIzzo, 01/09/2009 17.34:
Innanzitutto voglio dare un consiglio sul modo di leggere un testo sacro/filosofico egiziano, ma anche sulla semplice analisi storica di qualsiasi cosa relativa agli antichi egizi.
Non considerate mai la civiltà egiziana come un unicum unitario e coerente che si spalma su 4000-4500 anni di sviluppo da inizio a fine: è un errore clamoroso e genere analisi errate.
C'è da dire che gli stessi egiziani hanno alimentato questa falsa impressione di continuità cercando di presentare sempre un'apparente continuità che in realtà era solo un modo per "avere radici". La pratica di accentuare la continuità storica anche quando era solo apparenza è una caratteristica degli antichi, bella ma pericolosa. La moderna archeologia ha impietosamente messo in evidenza il trucco.
Sostanzialmente si deve operare una sorta di "deframmentazione" dell'apparente continuità storica, concentrandoci sul periodo specifico. Di fronte a un dettaglio/argomento, pertanto, è fondamentale partire dalla sua contestualizzazione in termini spazio/tempo e, solo successivamente, procedere nel tentativo della sua comprensione. Vedere le cose nell'ottica dell'evoluzione e non della staticità.
Un'operazione che la nostra mente moderna affronta con una certa difficoltà e che, certamente, rappresenta l'ostacolo più grande alla comprensione dell'eredità antica. E' necessario operare una rieducazione, magari rapportandoci a fatti più recenti e quindi più prossimi a noi, migliorando così la nostra percezione del tempo e della sua opera.
Sto cercando di esprimere un concetto complesso.... spero di essere riuscita a rendere ciò che intendo con sufficiente chiarezza...
MassimoIzzo, 01/09/2009 17.34:
[...] la teologia menfita è di età ben più tarda dell'Antico Regno, probabilmente è proprio coeva a Shabaka e comunque non anteriore alla 19° din.
Ciò significa che, in sostanza, la Teologia Tebana è più antica di quella Menfita?!
[Modificato da -Kiya- 02/09/2009 21:02]