Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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III sec. a.C: Nave egizia naufragata a sud del Pacifico?

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2009 00:23
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di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
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S3t n m3't -
12/05/2009 15:01
 
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Nel 1870, Richard Taylor, studioso di mitologia maori, pubblicò un volume dal titolo "New Zealand and its inhabitants".
All'interno di questo testo trattava anche di un'iscrizione rupestre rinvenuta sull’isola di Pitcairn, situata in un Arcipelago omonimo, nell'Oceano Pacifico, verso Sud.

A quel tempo, la trattazione fu alquanto sommaria poichè non vi era nessuno in grado di decifrarla. Tuttavia si avanzarono già all'epoca ipotesi che consideravano si trattasse di geroglifici egizi.
Da allora, fino agli anni 70 dello scorso secolo, nessuno ha più studiato le incisioni in oggetto, le quali hanno subito col tempo forti danni provocati dalle popolazioni locali.
Dagli ultimi studi effettuati ne scaturì che potesse trattarsi di dialetto libico, trascritto in un misto tra geroglifico egizio e sillabe libiche, con l'aggiunta di vocali mediante punti.

La particolare forma a spirale dell'iscrizione è la caratteristica che ha indotto ad associarla con iscrizioni di pari entità rinvenute nel Mediterraneo vicino alla Libia.
Nello specifico le lettere si dividono in:

1) Geroglifici monumentali del tipo egizio standard, utilizzati nel sistema abbreviato. Lo stesso sistema impiegato, ad esempio all'epoca di Ramesse III. In pratica il solo utilizzo del determinativo, valrebbe il senso della parola. Nel testo preso come riferimento, dal quale riassumo il contenuto (che si rifà a studi eseguiti nel 1974) si individua come prima lettera, l’arco pedet, a cui si attribuisce il significato di "ciurma2, generalmente composta di mercenari stranieri.
2) Segni sillabici libici simili a quelli delle iscrizioni numidiche del sec. II–I a.C.




che ooportunamente rettificata con i giusti segni diventa:




In base all'interpretazione eseguita, la parte sottolineata sarebbe una precisa citazione proveniente da una Scrittura Sacra. Sarebbe proposta in lettere libiche con i punti in luogo delle vocali. Iscrizioni dello stesso tipo sarebbero state rinvenute in Polinesia, a Giava e anche in India, rislalenti al III sec. a.C.
Si ritiene pertanto che l'iscrizione di Pitcairn possa essere datata più o meno alla stessa epoca ed appartenere al Regno di Tolomeo III.

La cosa più sorprendente è che tale iscrizione assuma pari significato, letta in duplice lingua: egizio e maori.
Per ragioni che non mi sono note, e che vorrei fossero approfondite, infatti, pare che molte radici di parole maori siano riconducibili al libico o all'egizio di epoca tarda.

Proseguo riportandovi esattamente il frammento dell'articolo pubblicato sul sito dell'Associazione Culturale Liutprand, che pubblica l'argomento associandolo a un possibile naufragio di una nave Egizia sull'isola del Pacifico, avvenuta nel III sec. a.C. o ancora prima:


Le radici equivalenti della moderna lingua maori sono (nell’ordine sopra esposto):
1. Putere pone hau natu, uta, tua (matou), Tu–pu–na Manu nono.
2. Tua (matou) Ra, mono tuhi: “Mira ra, ke”.
Letto in egiziano, la traduzione è:
La nostra ciurma, naufragata in una tempesta, è approdata a terra, grazie a Dio. Siamo gente della regione di Manu. Adoriamo Ra in accordo con la scrittura: ”Crediamo al Sole e gli diamo voce”.
Letto in maori, la traduzione è:
La nostra nave si è trovata in difficoltà in una terribile tempesta, siamo approdati ed abbiamo offerto oblazioni. Proveniamo da Manu. Offriamo sacrifici a Ra in accordo con quanto si canta nella scrittura: ”Onora il Sole e gridalo forte”.
Le iscrizioni spiraliformi caratterizzano i documenti più antichi dei Popoli del Mare e dai documenti egizi sappiamo che i Popoli del Mare colonizzarono la Libia.
Questa è l’unica iscrizione a noi nota, della Polinesia, in cui il geroglifico monumentale è combinato col più corrente alfabeto sillabico libico (o mauro), e la sola iscrizione in cui si trovino i punti vocalici in associazione col geroglifico monumentale.
La frase “Ta–pa–nu M3nw” (siamo gente di Manu) ricorre, in lettere libico–puniche, su un uccello inciso in legno, proveniente dall’Isola di Pasqua, ora conservato nel Museo Americano di Storia Naturale (S 5309). Manu indica gli altipiani della Libia orientale, e la parola è designata dal geroglifico del piccione (M3nw in antico egiziano, manu, uccello, in moderno maori).
Una frase simile alla citazione strutturale, ma in cui da–ra (raggi del sole) si sostituisce a Ra (il Sole), ricorre anche nell’iscrizione della piramide Suku a Giava, scritta in alfabeto sillabico libico.
Sembra qui di trovare un linguaggio formale, legato al culto solare, e rimasto persistente in Polinesia dai tempi dell’Egitto classico sino alla rivoluzione religiosa dei sec. XII e XIII.
Sembrerebbe anche che i primi coloni giunti da Manu fossero gli stessi “Manshune” che, secondo la tradizione, costruirono i grandi templi nelle isole Hawaii. Il termine Manu–hunu significherebbe “pioniere Manu” in moderno maori.



Sono curiosa, inoltre, di conoscere il vostro parere in proposito. Per quel che mi riguarda, un certo numero di forzature nella ritrascrizione dei segni, mi lasciano alquanto scettica...
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