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"Egitto - tesori sommersi", vista attraverso i miei occhi

Ultimo Aggiornamento: 18/04/2009 18:24
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14/04/2009 22:04
 
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Domenica, 12 aprile 2009
Quasi al pari di Howard Carter, che entrando nella tomba di Tutankhamon, nell'ormai lontano novembre 1922, esclamò "...Cose meravigliose...", varcando la soglia delle Scuderie della Reggia vien solo da esclamare "Cose mai viste!". E definirle meravigliose appare quasi riduttivo.

Complice, indubbiamente, la scenografia di Robert Watson, che con l'ausilio di giochi di luce e ombra (in alcune aree è il buio che, paradossalmente, illumina gli oggetti esposti) e musiche di sottofondo scelte da Laurie Anderson, rende omaggio a un'epoca di fasti che per noi è pressocchè sconosciuta.

Colpevole non la sabbia, questa volta.
Il custode di questi inestimabili Tesori è stato il mare, che li ha protetti per circa tredici secoli, finchè Frank Goddio non li ha riportati in superficie. Un'avventura, la sua, che dura da oltre 15 anni.

Buona parte di ciò che resta, sulla terra ferma, dell'antica Città che porta il nome di Alessandro Magno, resa magnifica dai Tolomei, si concentra nella zona di Kom el-Dikka, una collina poco distante dal centro cittadino.
Il sito è territorio archeologico Polacco fin dagli anni '60 del secolo scorso. Mezzo secolo di scavi che ha permesso di riportare alla luce soltanto pochi resti di antiche vestigia di epoca Tardo Romana: un Tempio risalente al IV secolo d. C. coi suoi tredici sedili in marmo, un grande edificio termale, poche abitazioni private e alcuni edifici scolastici della stessa epoca.

Restando in superficie, viene difficile al turista odierno, che la osserva con gli occhi del presente, classificare Alessandria come capitale archeologica. Ma non può essere altrimenti per chi ne conosce la storia e i fasti che la resero grande.
A tutti Goddio ha concesso di affacciarsi sulla costa e di poter guardare parte di ciò che il mare ha inghiottito, dopo ripetuti terremoti e tsunami, dopo che la stessa terra si è lasciata vincere dal peso della prosperità.

Passeggiando nelle sale delle Scuderie, il tempo perde il suo potere cronologico e le storie si sovrappongono. Ed ecco che accanto alle statue acefale di epoca tolemaica si ammirano stipiti e architravi che celano il ricordo di tempi più antichi e raccontano storie che riallacciano alla XIX dinastia: Seti I, Seti II e Merenptah tornano a vivere accanto a una scultura che ritrae un uomo, nello stile tipico dei Greci.
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14/04/2009 22:09
 
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Alessandria: le origini

La storia di Alessandria ebbe inizio, secondo la tradizione, il 7 aprile del 331 a.C..
Plutarco racconta che tutto cominciò con un sogno, attraverso il quale un venerabile profeta indicò ad Alessandro dove fondare la sua città sul Mediterraneo. Soltanto una tra 70, ma destinata a divenire unica per grandezza.
Alessandro aveva attraversato quel sito, su cui risiedeva l'antico villaggio di Rhakotis, circa un anno prima, durante il suo viaggio alla volta di Siwa, dove Amon, per tramite del suo oracolo, lo avrebbe accolto come figlio. Episodio in seguito al quale, Alessandro sarebbe stato incoronato Faraone a Menfi.

Quel luogo, tuttavia, possedeva già una sua storia.
Su quel suolo, quattro secoli prima era nata Heracleion (che oggi riconociamo nell'antica Thonis e la cui scoperta risale al recente 2001), il porto commerciale di Canopo (l'egizia Pekuat, di cui invece, le origini si perdono nella notte dei tempi - tutta l'area si trova nei pressi dell'attuale Abuqir), la porta che apriva la via a Kemet, la terra dei Faraoni.
La regione nell'antichità era nota come Kah Nub, il luogo dell'oro, probabilmente grazie alla sua strategica posizione geografica e, quindi, ai traffici commerciali che vi avevano corso.

Canopo ha da sempre una certa notorietà, dovuta a un particolare culto che la contraddistingueva. Un culto rivolto ad Osiride, di cui ospitava templi, ma in una forma particolare. Il dio era infatti venerato sotto forma di vaso a testa umana. Da qui l'uso di definire poi canopi i vasi preposti alla conservazione delle viscere del defunto.

Nel 331 a.C., quindi, sul tramonto Egizio sorge l'alba Occidentale. Con essa prese forma una città dalla struttra moderna, che guardava al Mediterraneo.

Sopraggiunta la prematura morte, Alessandro lascia la sua città a Tolomeo, che deve governarla in qualità di satrapo. Così, fino al 305 a.C., quando Tolomeo si proclama Faraone con il nome di Tolomeo I Sotere e dando pertanto inizio alla dinastia Tolemaica.
Il divino incontra l'umano e i due aspetti si fondono insieme, dando vita a un connubio innaturale, ma unico proprio per questo.

Da Canopo, ad Heracleion, ad Alessandria, fino alla morte di Cleopatra, avvenuta il 12 agosto del 30 a.C., e ancora oltre. Finchè il mare se ne impossessò, per restituirle ai giorni nostri e raccontarci la storia di un dominio durato oltre sei secoli.
E' questo il percorso allestito all'interno della Reggia. Un percorso dal fievole sapore storico per i più, ma in grado di esaltare il gusto dell'archeologia. Un'archeologia con un forte retrogusto di poesia.
[Modificato da -Kiya- 14/04/2009 22:39]
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14/04/2009 22:13
 
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La visita
La mostra si apre con una sala multimediale. Numerosi piccoli schermi, montati sulle pareti, mostrano le fasi salienti delle operazioni di recupero, ad opera del team di Goddio. Protagonisti sono i fondali marini e i tesori in essi custoditi.





Aldilà di una semiparete si apre l'allestimento vero e proprio.
Uno stretto corridoio, immerso nel buio, prepara il visitatore all'ambiente che accoglie i reperti. In sottofondo, il rumore del mare avvolge chi lo attraversa, rendendo il tutto, nel complesso, assai vivido.
Ci siamo immersi. E l'avventura ha inizio.
Dritto davanti a noi la penombra è interrotta da uno squarcio di luce. Come questa, anche il corridoio si interrompe di fronte a una parete che accoglie una stele. Uno splendido monolito, enorme! Il testo riportato sia in geroglifico che in greco, in quest'ultima parte è fortemente corroso.
Appartiene a Tolomeo VIII, proviene da Heracleion, un mezzo di propaganda reale che rende la grandezza del Re, più di 6 metri di altezza e 15 tonnellate di peso.





Procediamo e ci troviamo immersi nella luce.
Tutto è bianco intorno a noi.
L'effetto della vista cattura totalmente la mia attenzione e mi impedisce di concentrarmi sui suoni di sottofondo. Al centro della sala capeggia un solo piedistallo. Su questo un oggetto altrettanto candido.
E' un vaso, testimone del culto di Osiride tipico di Canopo.
Il coperchio in foggia di testa di Osiride e il corpo coperto da scene sacre che raffigurano le divinità.
Khepri, con le ali spiegate, lo protegge.
Soltanto ora mi accorgo di quanto il suono di sottofondo sia lieve e dolce...


[Modificato da -Kiya- 14/04/2009 22:42]
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14/04/2009 22:20
 
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Eccoci nella sala IV. Il nome è evocativo e indubbiamente azzeccato: "Sunken Forest", ovvero "Foresta Sommersa".
E' tornata la penobra. Qui alcuni colossi paiono stagliarsi al cielo, proprio come immensi arbusti. La musica li accompagna col suo ritmo incalzante. Spicca nelle prime file il dio della Fertilità, il Nilo, è Hapi. Colui che, con i suoi 5,4 metri di altezza, accoglieva chiunque si recasse al Tempio dell'antica Heracleion:





E' qui, in questa sala che la storia si fonde e si accavalla.
L'epoca Greco-Romana indubbiamente primeggia, ma anche quei Re dovettero restare ammaliati di fronte alla grandezza del Nuovo Regno. Mentre ci muoviamo tra colossi e statue di varia natura ci imbattiamo, infatti, in stipiti e architravi che riportano cartigli di Sethi I e Sethi II.

Alle spalle di Hapi si può ammirare un colosso di un sovrano Tolemaico, rinvenuto a Canopo, rappresentato con i canoni tipici dell'arte Egizia:





più appresso, una Regina Tolemaica con il capo sormontato dalla corona Hathorica. Anch'essa rispetta le caratteristiche della rappresentazione egizia, con influenze tipicamente greche, come ad esempio il seno che si vede nettamente al di sotto delle vesti.

Al termine di questa sala si trovano i due pezzi, a mio parere, più belli. Si tratta della statua di un sacerdote che regge tra le braccia un canopo e la Stele nera di Nectanebo I, che ha permesso di trovare la soluzione a un mistero perdurato oltre 2000 anni: riconoscere nei resti della greca Heracleion l'antica Thonis egizia. La città in cui doveva sorgere è, infatti, nominata esplicitamente, si trattava di Heracleion-Thonis.
Una stele assai simile si trova al Museo del Cairo ed è attribuita a Naucrati.





Il sacerdote, in tutta la sua maestosità e bellezza:






La Sala V presenta al centro un'allestimento rettangolare.
Sono vetrine.
I lati corti mostrano da un lato monete e dall'altro piccoli monili preziosi. Bronzo, oro e piombo si alternano. Ma mentre il bronzo si è lasciato vincere dalla forza del mare, causa di fusione, l'oro gli ha tenuto testa, conservando il suo antico splendore.
Tra le monete, di ogni dimensione ed epoca, spicca, indubbiamente, un piccolo oggetto di diversa natura. E' una lamina d'oro: la piastra di fondazione, inscritta in greco, proveniente dal Tempio di Heracleion, che registra la posa delle fondamenta del tempio dedicato ad Eracle, voluto da Tolomeo III:






Particolare - Anelli in oro di varia foggia



Sui lati lunghi è la vita quotidiana la protagonista, con vasi, anfore e utensili di varia foggia, numerosi i mestoli, assai simili ai parenti moderni, disposti come in un gigantesco alveare. L'acqua non li ha risparmiati e il metallo, prevalentemente rame, risulta corroso.
Ognuno di essi è ugualmente ricco di storia. Ed è la storia del popolo quella che raccontano.


[Modificato da -Kiya- 14/04/2009 22:45]
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14/04/2009 22:24
 
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Sulla sinistra si apre l'accesso alla prossima sala.
Lo scenario cambia un'altra volta. Stiamo camminando, ma l'effetto è quello di librarsi tra i flutti, a una profondita imprecisata. Tocchiamo il suolo e la vista, riadattatasi, ci mostra ciò che abbiamo di fronte.
Sono sfingi, per metà, circa, rinvenute acefale, ma altrettante sono quelle che mostrano il capo di una Regina o di un Re, coperto dall'inconfondibile Nemes.
Tra queste capeggia una testa di Horo, il falco. La didascalia ci informa che si tratta di una sfinge con testa di falco e corpo di coccodrillo. Di quest'ultimo, però, purtroppo non resta nulla.





Man mano che procedo, scopro che esse sono state poste qui, con una fuzione precisa. Questa ricalca la loro antica natura. Le sfingi, infatti, sono i guardiani del Naos che compare al fondo della gabbia.
E' il cosiddetto Naos delle Decadi, probabilmente il reperto più bello e importante, da un punto di vista storico, dell'intera Collezione.
Appartiene al Regno di Nectanebo I e fu costruito in onore di Shu, il dio dell'aria. E' in granodiorite, decorato in bassorilievo.
Questo reperto è un testimone fondamentale delle conoscenze di astronomia fino ad allora raggiunte.

Il completamento del reperto è avvenuto in fasi distinte.
Alcuni frammenti ci sono noti dal 1776, ed erano custoditi al Louvre. Altri ancora furono rinvenuti nel 1940. Ma soltanto Goddio, ritrovando gli ultimi quattro frammenti mancanti, ha permesso di riassemblarlo. Oggi è conservato al Museo Greco-Romano di Alessandria, dal quale proviene.

Sulla pietra che compone le pareti esterne è inciso il calendario astrologico Egizio. Esso presenta l'anno diviso in decadi, ognuna delle quali ha a capo un decano, ovvero la stella identificativa di ognuna di esse.
I decani erano utilizzati anche per il computo delle ore notturne, alle quali era riconosciuto il minaccioso potere di influenzare il destino degli uomini.

Quando alle conoscenze Egizie, i Greci accorparono quelle, altrettanto, o forse più, antiche originarie degli Assiri e dei Caldei, i decani Egizi furono utilizzati come suddivisione identificativa dei dodici segni zodiacali, così come ancora oggi noti.
Le fonti indicano il Calendario Egizio inscritto sul Naos come l'unico, finora, in nostro possesso.

I decani sono raffigurati in svariate forme: uccello dalla testa umana; sfinge con testa di falco; ariete; mummia osiriaca in piedi; mummia giacente su un letto funebre. Reca testi profetici.


Il frammento superiore del Naos, così com'era esposto al Louvre


Sul lato sinistro, l'incisione riporta un testo unico che narra la Creazione del Mondo.
Il Naos custodisce una rappresentazione del dio Shu, in forma leonina. In origine era interamente ricoperta di argento e oro, affinchè la luce, colpendo il buio del naos, lo facesse brillare, restituendo la metafora del Sole che sconfigge le tenebre notturne.


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14/04/2009 22:29
 
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Abbandoniamo la Sala V, per invertire la rotta.
E' chiaro infatti che l'allestimento è strutturato a mo' di ferro di cavallo, tant'è che anche la numerazione assegnata alle Sale comincia a regredire.

La Sala IVB, denominata "Liquid Space", "Spazio liquido", accoglie numerose teche e composizioni in vetro. L'intenzione è
quella di rendere l'effetto di acquari, entro i quali sono disposti reperti di varia natura.
Ancora una volta è la vita quotidiana, quella del popolo, a regnare sovrana, attraverso specchi bronzei, lucerne, utensili vari.
Non mancano gli oggetti rituali: statuette bronzee di Iside e Arpocrate, sistri, bruciaincensi, frammenti di statue di
divinità in genere, stendardi e barche votive:




Particolare - Specchi


Particolare - Stendardi


Arpocrate


Ma la vita quotidiana comprende anche la guerra. Ed ecco, a testimoniarla, un elmo con ciò che resta del suo guanciale:

[Modificato da -Kiya- 14/04/2009 22:48]
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Lasciamoci travolgere ora dalla "Potenza delle onde"... "Waves Power" è infatti il nome della prossima Sala.
Una serie di serpentine, avvolte in rete a simulare proprio quelle onde che per lungo tempo le hanno cullate, ci mostra alcune teste
appartenenti a statue o sfingi, alcune tavole d'offerta e una pietra cava, contenete frammenti d'oro grezzo.





E' tra questi volti che possiamo ammirare quello del giovane Cesarione, Tolomeo XV, figlio di Cleopatra VII e Giulio Cesare.
La testa, in granito, misura 80 cm e si ritiene facesse parte di un colosso, alto all'incirca 5 metri. E' stata rinvenuta nell'antico porto di Alessandria, di fronte all'isola di Antirodi




Sempre qui, sembra davvero adagiata sul fondo marino la testa in marmo di Serapide, enorme... imponente, il volto serafico del Dio che riassume l'incontro tra la cultura Egizia e quella Ellenistica:





Poco distante da lui, un richiamo alla sua Sposa. E' Iside, nella forma di Isis Thermoutis, ovvero con sembianze di serpente:


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14/04/2009 22:33
 
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Il sogno procede e ci immettiamo in un tunnel.
Il buio ci inghiotte ancora una volta. Ma notiamo sprazzi di flebile luce provenire dalle pareti, attraverso degli oblò.
Mi incammino, come ad attraversare il corridoio di una nave che concede di ammirare l'esterno.

Frammenti di statue, di cui restano soltanto i piedi e alcune iscrizioni sul basamento, poggiatesta, parti di imponenti colonne, piccoli resti che appartenevano a statuette raffiguranti divinità, tra cui Min è immancabile.

Siamo ad Alessandria, la città del Magno. Chiavistelli e parti di battenti di porte ricordano, ancora una volta che la storia non è fatta soltanto di sovrani, sontuosi palazzi, templi o dèi. Ma anche e soprattutto di uomini e donne comuni.





Alzo gli occhi e seguo la luce che sfocia dal termine del corridoio. Mi accorgo che il sogno volge al termine.
Soltanto varcando la soglia che porta nell'ultima sala mi rendo conto che quel sogno non era mio, ma appartenenva a qualcun altro.
Era il sogno di una Regina, il cui corpo si trova lì per accogliere e ringraziare tutti coloro che, seppur dopo secoli, le hanno permesso di concretizzarlo.
La sua statua, purtroppo priva della testa, capeggia al centro dell'ultima sala.
E' sola.
E' solenne e misteriosa.
La sua posa, tipicamente egizia, rivela trattarsi di una Regina, ma è prima di tutto una splendida donna avvolta in un abito finissimo, che ne tradisce le origini greche.
Non sappiamo chi fosse, si ipotizza trattarsi di Arsinoe II, ma possiamo concedere un pizzico di libertà alla nostra mente e ritenere di trovarci al cospetto di Cleopatra VII (la cui assenza, in questa mostra, si accusa fortemente, se non per la sua effige riprodotta su qualche moneta), l'ultima Regina d'Egitto, che oggi ha voluto renderci partecipi di un sogno. Del suo sogno di dominazione, con un Impero potente e immenso






Maria Sansalone (-Kiya-)




Nota:
Preso atto del divieto di scattare fotografie durante la visita, mi ci sono attenuta. Pertanto le immagini qui presentate non sono di mia proprietà, bensì reperite dalla rete e modificate nelle dimensioni o nello sfondo, secondo i criteri impostati su www.egittophilia.tk
In proposito, ringrazio i seguenti siti, che hanno messo a disposizione le immagini originali e di cui restano i legittimi proprietari:

www.egitto-tesori-sommersi.it
www.comune.torino.it
www.linternaute.com
www.kangofu.livejournal.com/3798.html
www.archeologiaviva.it
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La Divina Cantatrice
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MerytAton Sitenjterw -
14/04/2009 22:43
 
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Grazie !!!!!
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15/04/2009 02:58
 
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e di cosa, cara Roby?

Scrivendone il testo e cercando le foto da allegare, ho rivissuto ancora più intensamente, e con maggiore consapevolezza, le emozioni che ho provato nel percorrere quelle sale ;)
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