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da Giorgio De Santillana: "Il mulino di Amleto"

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2008 11:10
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La maggior parte dei testi furono scritti - se pur furono mai scritti all'origine - in lingue remote e semicancellate dal tempo, provenienti da un passato lontano.Il compito di tradurli è stato assunto da una corporazione di filologi devotie altamente specializzati che di queste lingue han dovuto ricostruire grammatiche e dizionari. Sarebbe scortese respingere le loro fatiche, ma è necessario prendere in considerazioone alcuni livelli d'errore:



    1) errori personali o sistematici sorti da preconcetti dei traduttori e da ben radicati pregiudizi (psicologici e filosofici) caratteristici del loro tempo;

    2) la struttura stessa della nostra lingua, l'architettura del nostro sistema verbale, cosa di cui pochissimi sono consapevoli.



[...]

Tutto ciò si ricollega aun'altra importante fonte di errori che nasce da un atteggiamento sciettico verso i pensatori del lontano passato. Ci viene istintivo respingfere l'idea che, tra i cinque e i diecimila anni fa, potevano benissimo esserci pensatori dell'ordine di un keplero, di un gauss o di un Einstein, operanti coi mezzi allora a disposizione.
In altre parole, il linguaggio è cosa da prendersi sul serio; l'imprecisione del linguaggio rivela una mancanza di precisione nel pensiero. Abbiamo imparato a prendere sul serio il linguaggio di Archimede o di Eudosso, solo perchè è immediatamente traducibile in forme di pensiero moderne.Questo atteggiamento andrebbe esteso anche a forme di pensiero dall'aspetto completamente diverso dal nostro. Prendiamo ad esempio, la lingua dei geroglifici egizi e quella grande impresa che si concretizza nell'imponente dizionario di Erman e Grapow: per la nostra semplice parola "cielo" esso da 37 termini diversi, le cui sfumature sono lasciate al traduttore che se ne serve secondo i suoi lumi. Così le complesse istituzioni del Libro dei Morti, le quali si riferiscono al viaggio celeste dell'anima, diventano, in traduzione, un discorso 'misticheggiante' e vanno trattate come una specie di sacro abracadabra. D'altra parte i traduttori moderni sono così fermamente convinti della loro invenzione, secondo la quale l'aldilà è da ricercarsi all'interno del nostro globo, invece che in cielo, che nemmeno trecentosettanta ternini astronomici specifici riuscirebbero a farli incespicare.
Un piccolo esempoio potrà forse illustrare come avviene il 'miglioramento' dei testi. Nelle iscrizioni di dendera, pubblicate da Dumichen, la dea Hathor è detta "signora di ogni gioia". Una volta tanto, Dumichen aggiunge: "alla lettera... 'la signora di ogni circuito del cuore'" (hon-t, rer het-neb). Ciò non significa che gli egizi avessero scoperto la circolazione del sangue. il determinativo per "cuore" appare invece spesso come il piccolo peso all'estremità del filo di piombo presente in certi tipi di orologi solari o anche in un noto strumento di rilevazione topografica o astronomica, la mrt.t ("strumento con cui si misura"), che incontriamo di preferenza nei testi sulla "tensione della corda", grazie alla quale veniva determinata l'orientazione dei templi. "Cuore" aveva dunque a che fare con il peso che stava all'estremità della corda da misura. Inoltre la parola cuore (ib) serviva a esprimere in generale i concetti di "punto centrale", "centro". A proposito del peso del filo a piombo non sarà fuori luogo aggiungere che per Canopo gli Arabi, oltre al nome Qalb 'at-tayman ("cuore del sud"), hanno conservato anche quello di Suhayl 'al-wazn, reso, nelle tavole di Alfonso di castiglia, con "Canopus ponderosus", il pesante Canopo, che avrebbe potuto benissimo appartenere a un sistema arcaico in cui Canopo era il peso all'estremità del filo a piombo, come si addiceva alla sua posizione di stella pesante al polo meridionale delle "acque di sotto". Abbiamo qui una catena di interferenze che potrebbe essere o non essere valida, ma che almeno ci è prrmesso di verificare, mentre da "signora di ogni gioia" non si può inferire proprio nulla. Il testo afferma, a quanto pare che Hathor ("Casa di Horus") "regge" la rivoluzione di un corpo celeste specifico - si tratti o no di un'allusione a Canopo - ovvero (se possiamo fidarci della traduzione "ogni") quella di tutti i corpi celesti. Sull'identità della reggitrice le probabilità maggiori sono a favore di Sirio. Invitiamo il lettore a immaginare da sè a cosa debbano mai condurre migliaia e migliaia di interpretazioni pseudoprimitive o poetiche di questa fatta: a un'interpretazione sfigurata della vita intellettuale egizia.

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MerytAton Sitenjterw -
28/04/2008 22:46
 
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Kiya grazie infinite per questo frammento.......per il testo dovrò aspettare due o tre giorni......ma.... chiedo a te come ex libraia (la definizione è tua) perchè le librerie non hanno mai subito quello che cerco ?
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28/04/2008 23:02
 
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è un testo datato, ovvero non è una novità.

Purtroppo il settore librario attualmente sta vivendo una forte crisi...
noi, qui sul forum, siamo un'isola felice, sogno di ogni appassionato della carta, ma purtroppo in Italia, in verità non si legge più... e chi legge, in gran percentuale almeno, legge testi d'evasione.
Le librerie non hanno più ossigeno, pertanto devono riuscire a far girare il magazzino con gli incassi, resi ancora più esigui dalla forte concorrenza della grande distribuzione. Naturalmente danno priorità ai cosiddetti "best-sellers" e alle novità in genere, mirate alle richieste della clientela abituale.

Ciò limita fortemente l'approvvigionamento, pertanto, per la maggiore, lavorano sul "venduto" e corrono il rischio di perdere nuova clientela preziosa a causa delle attese. Ma non hanno scelta.

Qui a Torino, posso ancora ritenenrmi fortunata. Lo sarei ancora di più, se solo il tempo giocasse a mio favore. Ho mantenuto contatti con tutti i magazzini di fornitura, ai quali potrei ancora accedere, ottenendo praticamente gli stessi privilegi di prima, ma soprattutto, l'assortimento.
Purtroppo i miei orari lavorativi sono più ampi dei loro. Quindi mi è impossibile accedervi.
Tuttavia vi sono ancora alcune librerie fornite di numerosi titoli; un tempo, parliamo solo di una decina d'anni fa, erano molte di più e Torino (per quanto ciò appaia strano) poteva essere definita una città culturale.

Ormai resta poco... molte di esse hanno dovuto optare per la chiusura, poichè il lavoro era assai impegnativo (e credetemi, lo è, soprattutto per chi segue la scolastica), ma non ripagava.

Ormai, spesso mi avvalgo delle librerie online. Attesa per attesa, almeno non devo correre e i libri mi arrivano a domicilio. Inoltre così riesco spesso a trovare molti testi che nelle librerie della città sono assenti da tempo immemorabile...

Il testo di cui trattiamo qui l'ho cercato per lungo tempo, fino a quando è praticamente stato "parcheggiato" in attesa...

Poi ho incrociato Menk, su altro circuito, e me lo ha riportato alla mente. Quella sera stessa, di rientro a casa, ho cambiato percorso. Lungo il cammino ho scoperto una libreria che conoscevo soltanto di nome. Ci sono entrata e quando ne sono uscita, stringevo tra le mani la mia copia de "Il mulino di Amleto" [SM=x822708]

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- ShemsetRa -
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01/06/2008 11:10
 
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E’ vero, non si legge più, ma non so dire se è solo un problema italiano o generale.

Si può vedere anche qui sul forum, sembra che la maggior parte delle persone intervengano per scrivere, non per leggere, come se la cosa importante fosse dire agli altri e non ascoltare, osservare quanto gli altri hanno già detto.

Avete notato quanti arrivano su Egittophilia, scrivono, scrivono per qualche giorno, innescando discussioni accese a cui non partecipano più, nemmeno per dire: “Anche io la penso così” oppure: “Non mi sembra”, segno che non hanno nemmeno letto le risposte alla discussione proposta e sono soprattutto giovani.

Alla base di ciò potrebbe esistere un problema sociale, una gran voglia di esternare sul web, come se nella vita reale fosse un’opportunità loro preclusa…

Ma lasciamo perdere e torniamo al “Mulino”.

Mi piacerebbe proprio leggerlo, lo spunto è interessante.
Mi sembra di peccare di caparbietà quando, seguendo un pensiero mio, arrivo a trarre conclusioni diverse, a volte in contrasto, con quelle di esimi nominati studiosi di fama internazionale; anche loro però, non sono integralmente concordi su tutto; da lettrice potrei anche accettare passivamente per buono ciò che mi viene proposto, ma nello stesso tempo darei comunque contro ad ogni affermazione cui da contro l’autore del libro che sto leggendo.

Non è possibile nemmeno creare una scala di valori assoluti secondo la quale un autore è più titolato di un altro e quindi più affidabile, perché sarebbe soggetta al giudizio di chi ha creato la scala di valori, io stessa oppure qualcun altro oppure l’opinione pubblica, in ogni caso soggetti estranei a quei valori, quindi praticamente non idonei.

Tanto vale sviluppare i propri pensieri anche quando risultano in aperto contrasto con un professore, con una squadra, con una scuola di pensiero e persino con l’opinione pubblica.

Non si può mai dire, magari esiste un titolato che ha già espresso gli stessi pensieri oppure li esprimerà da lì a poco anche molto meglio.

Tutto ciò per raccontare come uno di questi miei pensieri riguardasse proprio l’interpretazione dei testi antichi.

Antonio mi ha messo “la pulce nell’orecchio”, tempo fa leggendo Edwards, stesso dubbio: ma siamo sicuri anche delle cose di cui siamo sicuri?
Brani notevoli di storia egizia, dati ormai quasi per scontati, non si basano forse su osservazioni un po’ poco consistenti?

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