Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Sudan: Torna alla luce la coppa di Khaemteri, soldato di Ramesse II

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2007 01:53
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08/01/2007 01:53
 
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Una coppa in bronzo di oltre 3.300 anni fa, databile all’epoca del faraone Ramesse II, appartenuta a un capitano dell’esercito egiziano di stanza in Nubia, è stata scoperta in Sudan da una missione archeologica italiana. Sul reperto c’è un’iscrizione perfettamente conservata che narra il rapporto tra il mondo degli eroi e le divinità, precisa un articolo della rivista “Archeologia Viva’’ (Giunti editore) che annuncia il ritrovamento. La missione archeologica in Sudan dell’Università di Cassino, diretta da Irene Vincentelli, scavando una serie di tombe rupestri nella zona di Hillat al-Arab, sulle rive del Nilo fra la terza e la quarta cateratta, ha rinvenuto una coppa in bronzo con una iscrizione in caratteri geroglifici. La coppa, databile al regno di Ramesse II (XIII sec. a.C.), fu utilizzata da un capitano dell’esercito egiziano di stanza in Nubia per libare in onore delle massime divinità del pantheon egizio. Coppe del genere erano fatte per bere liquidi preziosi, certamente vino, che era importato fino nel cuore della Nubia. Il rito delle libagioni era rivolto alle grandi divinità della “sacra famiglia’ venerata a Tebe (attuale Luxor): Amon, con la sposa Mut e il figlio Khonsu, ai quali si chiedeva in genere di accordare al beneficiario un’esistenza felice.

Un rito con libagioni che fu probabilmente ripetuto anche durante i funerali del capitano egizio morto nelle lontane terre della Nubia sudanese, alla fine dei quali la coppa fu lasciata nella tomba.

«L’iscrizione di questo manufatto - spiega Alessandro Roccati, ordinario di Egittologia all’Università di Torino e autore dello studio del reperto - ci spalanca uno scenario al tempo stesso quotidiano ed eroico. Anche se non conosciamo le imprese di Khaemteri (questo il nome dell’ufficiale), la sua figura appartiene senz’altro alla storia e all’epopea. Durante tutta la sua vita infatti egli fece uso di una coppa che denota una situazione di eccellenza sociale e di rapporto privilegiato con le divinità cui egli si rivolgeva offrendo vino in occasioni importanti». Il contesto storico e alcune non casuali coincidenze accentuano il fascino della scoperta. Poche decine di anni dopo la morte di Khaemteri, agli inizi del XII secolo a.C., vi sarebbe stato l’epico scontro della guerra di Troia e anche gli eroi di Omero libano con coppe preziose invocando gli dei. «E una prova tangibile - conclude Roccati - dell’esistenza di una sorta di “globalizzazione rituale” che ormai avvolgeva il Vicino Oriente antico, dall’Anatolia fino alla Nubia profonda. I riti non facevano necessariamente parte del patrimonio comune, ma erano pur sempre osservati da individui spesso integrati negli eserciti e disseminati su un vastissimo territorio».


(fonte: www.ilmeridiano.it)
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