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Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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I VIAGGI DI BATA -1-

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2006 22:30
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EgiTToPhiLo/a
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31/10/2006 18:48
 
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[SM=x822715] A 25° 41’ di latitudine Nord e 32° 37’ longitudine Est, sulla sponda destra del Nilo, è situata la città di Luxor; all’epoca della dinastia Tolemaica, ovvero sotto il dominio greco, la città fu chiamata Tebe, ma il suo vero nome era UASET, la città dello scettro.
Di fronte alla città, sulla sponda sinistra del fiume, si erge, avvolta da una leggera foschia stranamente rosata, la montagna tebana chiamata dagli antichi egizi “L’occidente di Tebe”, regno di Osiride, Signore dell’aldilà.
Qui, nelle viscere della montagna tebana, furono scavate le tombe dei sovrani, delle regine e dei nobili del periodo detto Nuovo Regno, tutto intorno furono eretti i templi memoriali e gli unici abitanti del posto erano gli operai che costruirono tutto questo.
E’ in memoria di queste persone che ritengo opportuno iniziare le mie illustrazioni dal villaggio che ospitò gli operai e gli artisti che lavorarono in tutta questa area perché è anche grazie al loro lavoro che Tebe Ovest è oggi uno dei siti classificati come “Patrimonio dell’Umanità”.

TA SET MAAT, la sua necropoli, le “Tombe dei Nobili e il tempio di Hator.

In una piccola valle, ad ovest della montagna tebana, si trova il sito di Deir El Medina, toponimo arabo che significa “Il monastero della città”, a causa della presenza in loco di un tempio di epoca tolemaica dedicato ad Hathor e trasformato, da monaci copti, in monastero.
All’inizio della XVIII dinastia (1552–1295 a.c.) venne fondato, sembra a opera del faraone Thutmosis I (1506-1493 a.c.), il villaggio che ospitava la comunità di artisti e operai che lavoravano alla costruzione delle tombe reali.
All’epoca il villaggio era conosciuto come Ta Set Maat che può tradursi, con discreta approssimazione, in Sede della Verità o meglio ancora in Sede dell’Ordine.
L’abitato copriva un’area di circa due ettari e, nel suo massimo sviluppo, ospitava una popolazione di circa 400/500 persone che occupavano circa 70 abitazioni racchiuse nella cinta muraria e circa 50 situate all’esterno della stessa.
Lo studio del villaggio ha permesso di ricostruire non solo la vita di questo insediamento, ma anche l’organizzazione sociale e lavorativa degli operai dei faraoni.
Le case, di norma molto simili le une alle altre, anche se i proprietari ricoprivano cariche sociali diverse all’interno della comunità, ricordano delle villette a schiera raggruppate intorno a una strada principale e separate da stretti vicoli.
Costruite in malta e pietra fino ad un’altezza di circa un metro e per il resto in mattoni crudi con il tetto in foglie e legno di palma, erano costituite da alcune piccole stanze contigue al piano terra, ove potevano trovarsi anche una cantina scavata nel terreno e, ricavato nel sottoscala, una sorta di servizi igienici; al piano superiore c’erano due o tre camere e l’accesso a una veranda dove, nelle notti di più calde, si poteva riposare.
L’interno delle abitazioni era, in genere, intonacato e dipinto.
Uno spazio era dedicato a una cappella con una stele per il culto degli antenati e a quello della dea Mertseger, Colei che ama il silenzio, personificazione della cima tebana, protettrice del villaggio e di tutta la montagna tebana.
L’arredamento delle abitazioni era praticamente inesistente: il mobilio era essenzialmente costituito da sedie, sgabelli e panche; si dormiva su stuoie, cesti e panieri di vimini servivano per riporre oggetti, mentre le derrate alimentari e i liquidi erano conservati in vasi di ceramica.
Particolare attenzione veniva attribuita alla cura del corpo, come è d’altra parte testimoniato e confermato dal ritrovamento in tutto l’Egitto di piccoli recipienti per unguenti e cosmetici, specchi, rasoi e pinzette.
Il rinvenimento, anche nelle tombe della necropoli circostante, di cibi, bevande e residui alimentari ha permesso di delineare quale fosse la dieta degli operai e degli artigiani del villaggio, essenzialmente costituita da grano, pesce e integrata da frutti, legumi, miele e, talvolta da carne, in genere di volatili; la bevanda tradizionale era la birra ottenuta dalla fermentazione del grano.
Quando tardava la fornitura delle razioni alimentari, che costituivano per la maggior parte, il compenso per il lavoro svolto alla tomba del faraone o a un’altra opera commissionata, veniva inoltrata una richiesta urgente tramite lo scriba della tomba al visir.
Si ha notizia e documentazione che richieste più volte inoltrate e rimaste senza risposta diedero origine, durante il regno di Ramses III (1186-1154 a.c.), al primo sciopero della storia.
La comunità del villaggio viveva appartata ed isolata per evidenti motivi di segretezza imposti dal lavoro svolto nell’allestimento delle tombe reali ed era amministrata direttamente da un primo ministro del faraone (visir).
L’accesso al villaggio, sorvegliato da un corpo speciale delle guardie del faraone, chiamato Megiau, era interdetto a tutti se non muniti di particolare permesso, lo stesso accadeva per gli abitanti del villaggio nei rapporti con altre persone e comunità.
Gli artisti del villaggio, erano chiamati Servitori della Sede dell’Ordine, erano uomini liberi e formavano una vera e propria corporazione privilegiata che, tra l’altro, dava loro diritto di proprietà della casa d’abitazione, privilegio non di poco conto all’epoca.
Essi si recavano al lavoro utilizzando due sentieri che partendo dal villaggio e ancor oggi praticabili, raggiungevano due piccoli villaggi satellite situati, uno nella Valle delle Regine e uno sul crinale che separa il villaggio dalla Valle dei Re, il cosiddetto Villaggio del Colle, e vi rimanevano per un periodo di 9/10 giorni, dopo i quali venivano sostituiti da altri artigiani e potevano rientrare al villaggio.
Durante il loro tempo libero si dedicavano alla costruzione e all’allestimento della propria tomba oppure lavoravano in forma privata per altri committenti; sono loro opera, dunque, oltre le tombe della Valle dei Re e delle Regine, anche le cosiddette tombe dei Nobili che punteggiano tutti i fianchi della montagna tebana e quindi non deve sorprendere la bellezza di questi ipogei, piccole riproduzioni di quelli dei più grandi faraoni d’Egitto.
La sede dell’Ordine o Ta Set Maat rimase attiva fino alla fine della XX dinastia (1069 a.c. circa), poi fu abbandonata e la sabbia del deserto la ricoprì totalmente fino all’inizio del XX secolo, quando una missione italiana, del museo egizio di Torino, condotta da Ernesto Schiapparelli, non la riportò alla luce e con essa la sua necropoli.


Sui fianchi della montagna che circonda il villaggio degli artigiani, a pochi passi dalla cinta muraria, furono scavate le tombe degli abitanti della Sede dell’Ordine; la loro esecuzione, l’allestimento e le decorazioni erano, come detto, la principale occupazione degli abitanti del villaggio durante il tempo libero.
Le tipologie degli ipogei di Deir El Medina, che hanno dimensioni più modeste rispetto a quelli reali e sono differenti anche nella loro struttura sono essenzialmente due: tombe con cappella in muratura e con cappella rupeste.
Le tombe con cappella in muratura sono costituite da un piccolo cortile preceduto da un piccolo pilone e circondato da un muro.
In fondo al cortile era costruita una piccola piramide in mattoni crudi, con all’interno ricavata una cappella formata da una sola stanza decorata.
La cuspide della piramide, detta Pyramidion, era in calcare e ornata con scene relative al culto solare.
Nel cortile era scavato un pozzo che conduceva alla cripta in cui era deposto il sarcofago.
Le tombe con cappella rupestre erano utilizzate quando non esisteva lo spazio sufficiente per costruirvi la cappella; essa veniva scavata nella parete rocciosa e la piramide in mattoni crudi vi veniva costruita sopra previa spianatura della montagna.
In queste tombe il pozzo era collocato all’interno della cappella e era nascosto da una pietra del pavimento mentre una porta in fondo ad esso celava l’ingresso alla cripta e al sarcofago.
Nella parete di fondo della cappella, che era sempre orientata ad est ed era il punto di partenza della progettazione e della costruzione di tutta la tomba, era situata, in una nicchia, la statua del defunto con una stele generalmente riportante un inno al sole.
La cappella era necessaria per il culto dei defunti e al suo interno si trovava di norma una tavola per le offerte.
I defunti venivano sepolti, con un corredo funebre consono alla carica ricoperta, in camere sepolcrali scavate profondamente nella montagna e accessibili mediante una ripida scala che permetteva di scendere in un pozzo, dal quale si accedeva ad un vestibolo e quindi alla vera e propria camera sepolcrale.
Vale la pena ricordare che, per gli antichi egizi, era importantissimo preparare con cura la propria tomba perché era da questa che iniziava la nuova vita e di conseguenza sia il faraone, che chiunque potesse permetterselo, dedicava la propria vita alla costruzione e al perfezionamento della dimora eterna.
Per quanto appena esposto si comprenderà che, a parte il faraone e la sua famiglia, gli abitanti del villaggio erano le persone che più di tutte potevano permettersi di dedicarsi a ciò.
Le camere sepolcrali avevano, in molti casi, il soffitto a botte (quello a volta è esclusivamente di epoca romana) e, a differenza delle camere sepolcrali delle tombe civili di altre necropoli della XVIII dinastia (1552-1295 a.c.), che non sono quasi mai decorate, quelle del villaggio di Ta Set Maat sono finemente dipinte sia sulle pareti che sul soffitto con decorazioni elaborate, rappresentazioni del defunto e della sua famiglia intenti a occupazioni quotidiane nell’aldilà o ancora raffigurazioni di temi religiosi, rituali o parti di libri sacri.

Di seguito due piccole descrizioni di queste tombe.

1) Tomba di Sennegem, servitore nella Sede dell’Ordine, visse all’epoca della XIX dinastia (1295-1188 a.c. circa) sotto il governo dei faraoni Sethi I e Ramses II.
La sua tomba fu ritrovata intatta e il corredo rinvenuto è ora esposto al museo del Cairo.
La struttura della tomba risulta estremamente semplice, si accede a essa direttamente attraverso una stretta scala; di forma rettangolare, la cripta è riccamente adorna di pitture parietali di stile ramesside che traggono ispirazione dal mondo funerario; il colore di fondo è il giallo ocra e raffigurano Sennegem e la moglie Inyferti in adorazione di fronte a vari dei o intenti ai lavori nei campi.
Le scene che raffigurano il defunto sono sempre accompagnate da testi che riportano passi del “Libro dei Morti”.

2) Tomba di Inherkhau, capo degli operai della squadra di sinistra del Signore delle Due Terre nella Sede dell’Ordine, visse all’epoca di Ramses III e Ramses IV nella XX dinastia (1188-1069 a.c. circa); considerando la carica ricoperta si comprende la differenza strutturale della sua tomba, ben più importante rispetto a quella di Sennegem.
La camera sepolcrale di forma rettangolare si raggiunge attraverso una stretta scala e subito ci si rende conto dell’alto rango del defunto, raffigurato nelle figure parietali nell’atto di ricevere onori o partecipare a feste; è curioso vedere riprodotta, seppure in tono minore, la scena dell’arpista cieco presente anche nella tomba di Ramses III.
Sono, inoltre, riprodotte scene mitologiche, di offerte di cibo di ushabti (figure che riproducono il defunto e che lo sostituiscono nei lavori che deve compiere nell’aldilà) e anche di cibo e bevande a Inherkhau e a sua moglie, il tutto è accompagnato da passi trattidal “Libro dei Morti”, dal “Libro delle Porte” e da scene del mondo dell’aldilà.

La necropoli di Deir El Medina è una delle tante necropoli scavate nei fianche della montagna tebana e che comprendono un totale stimato di oltre 500 tombe private comunemente conosciute come “Tombe dei Nobili”.
Questi ipogei che sono anteriori alla XVIII dinastia (1552-1295 a.c. circa) e posteriori alla XX dinastia (1188-1069 a.c. circa), per la maggior parte sono chiusi al pubblico a causa della scarsità di risorse economiche per il loro restauro e la valorizzazione turistica.
Su alcune di queste tombe sono state costruite delle abitazioni private che in molti casi incorporano la tomba sottostante o attigua e ne destinano l’uso a cantina o stalla.
Sembra però, che il fenomeno più grave che mette a repentaglio questo patrimonio mondiale sia l’enorme incremento del consumo d’acqua degli abitati del sito in quanto, per l’assenza di una rete di scoli e fognature adeguati, le acque di scarico sono assorbite dal calcare che costituisce la montagna tebana, ne aumentano l’umidità che trasuda nelle cavità sottostanti e quindi anche nelle tombe, le cui pitture parietali si staccano o si alterano.
Il danno culturale che ne deriva è essenzialmente dovuto al fatto che, a differenza di quanto si osserva nelle tombe reali, decorate di scene mitologiche e tratte dai libri sacri, sulle pareti degli ipogei privati sono raffigurate anche scene di vita quotidiana che permettono di ricostruire la vita, il lavoro, la religione e i divertimenti nell’antico Egitto.
La struttura delle tombe private varia, naturalmente, a seconda della carica ricoperta dal defunto e dell’epoca della loro realizzazione; in genere comprendono un cortile, un vestibolo con cappella funeraria per le offerte e il culto familiare del defunto e un cunicolo o un pozzo che conduce alla camera funeraria.
Il disegno della tomba tebana classica, ovvero di quelle comprese fra la XVIII e la XX dinastia (periodo detto Nuovo Regno che va dal 1552 al 1069 a.c. circa), è quello di una T rovesciata con la prima stanza trasversale detta vestibolo e una seconda allungata perpendicolarmente rispetto la prima, detta cappella, in fondo alla quale era situata una nicchia con la statua del defunto e una falsa porta che consentiva la comunicazione fra il mondo terreno e il mondo spirituale.


Come precedentemente detto il villaggio di Ta Set Maat fu abbandonato definitivamente verso la fine della XX dinastia (1069 a.c. circa) ma, probabilmente, l’area non rimase totalmente disabitata in quanto tra il III e il II secolo a.c. Tolomeo IV e poi Tolomeo VI costruirono in loco il tempio dedicato alla dea Hathor che fu trasformato in convento nell’epoca copta, ma che non subì gravi “maltrattamenti” e che in seguito ha dato origine all’attuale nome arabo del sito.
Il tempio ha una struttura architettonica molto semplice che consiste in una sala ipostila con due colonne, un vestibolo ove Tolomeo VI è raffigurato in adorazione di diverse divinità e in particolare lo si può vedere, sulla parete di sinistra, bruciare incenso davanti alla dea Hathor raffigurata sotto forma di vacca.
Infine ci sono tre cappelle situate sul fondo, delle quali solamente quella centrale è chiaramente dedicata alla dea Hathor, tanto da poter essere considerata il santuario del tempio.
Le altre due cappelle sono normalmente indicate come cappella est e cappella ovest.
In tutte e tre le cappelle i bassorilievi rappresentano scene d’offerta a divinità.
Inusuali sono le raffigurazioni della cappella ovest dove si può vedere una raffigurazione del giudizio di Osiride, normalmente riportato solo su papiri funebri o nelle tombe, sulla parete opposta è raffigurato Tolomeo VIII che compie un’offerta ad Anubi che indossa un inconsueto mantello.





Vi ringrazio di aver dedicato una parte del vostro tempo alla lettura di questa mia esposizione e vi invito ad esprimere le vostre opinioni anche in merito all’opportunità di continuare queste esposizioni che, nel caso, si occuperà prossimamente della Valle dei Re e della Valle delle Regine.

Sono, inoltre, a disposizione per rispondere a domande inerenti l’argomento.

Ciao, BATA [SM=x822715]
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Sacerdotessa
di ATON
Thiatj

- ḥtm mr r ry.t '3.t
wts rn n ՚ḫ n itn,
S3t n m3't -
01/11/2006 15:48
 
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Caro .Bata., innanzitutto voglio ringraziarti a nome di tutta la community per l'esauriente esposizione di un argomento che, troppe volte, si tende a mettere in secondo piano, dimenticando che se noi oggi, dopo più di 3500 anni, abbiamo l'inestimabile fortuna di poter ammirare le tombe della Valle e proprio agli Artisti di Deir el-Medina che lo dobbiamo.
Uomini detentori di un'arte senza tempo, non c'è che dire, che ancora oggi sanno sorprendere per la bellezza e la precisione dei loro lavori.
E grazie anche per averci sensibilizzato in merito a un problema che merita la dovuta attenzione: l'oblio a cui le Tombe dei Nobili saranno presto condannate se non verrano impiegati capitali per la loro ristrutturazione.
Certo, mi rendo conto che dovendo scegliere tra la tomba di un Seti I e quella di colui che partecipò alla sua edificazione, si è più propensi a dar priorità alla prima, in quanto tomba reale (che però è comunque chiusa dal 1988 ormai...).Ma come ben dici tu stesso, i rilievi delle tombe degli artigiani della Valle sono libri aperti che potrebbero fornire risposte a molti degli interrogativi che tutt'oggi ci poniamo.
Tenuto conto del forte attaccamento alle tradizioni e alla "classicità" tipici degli egizi, credo che le risposte che questo sito potrebbe fornire, potrebbero essere di grande aiuto anche seapplicate a quello che dovrebbe essere il villaggio della "città delle piramidi", di cui spesso si accenna, ma non molto ancora si sa....

Tornando all'argomento principale, ossia Deir el-Medina, a proposito dei loro culti, c'è un aspetto che mi incuriosisce da tempo, ma di cui ho trovato ben poche informazioni. Si tratta dei culti del Pantheon locale, nello specifico quelli di Ahmose Nefertari e Amenhotep I, suo figlio, di cui abbiamo iniziato a discutere qui:


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cosa sai dirci in proposito?
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EgiTToPhiLo/a
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01/11/2006 17:35
 
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So abbastanza poco e quello che conosco lo avete già trattato.
E' sicuramente un argomento interessante e, visto che mene dai lo spunto cercherò di trovare qualche cosa (fermo restando il tempo a disposizione).

Per quanto riguarda l'argomento cosa dici? Continuo???? [SM=x822741]

Ciao, BATA [SM=x822715]
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- ShemsetRa -
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01/11/2006 22:03
 
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[SM=x822753]
Continua, continua, sarà divertente andare a cercare con il topic stampato tutte le cose di cui parli! [SM=x822708]
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EgiTToPhiLo/a
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01/11/2006 22:13
 
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Cara Pizia, ce la farai a leggere la seconda puntata????? [SM=x822741]

Sarebbe interessante perchè ti condurrei nella Valle dei Re per l'antico sentiero degli artigiani, cosa che ti ho, peraltro, già consigliato di fare.

Vorrei sapere come hai fatto a inserire il titolo di "Architetto Reale" e soprattutto dove.

Ciao, BATA [SM=x822715]
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- ShemsetRa -
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01/11/2006 22:47
 
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Se tutto va bene lo farò!

Il titolo di architetto reale me l'ha dato Kiya, quando ho iniziato a lavorare con lei al forum.
Ciao!
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- Waenra,
MerytWaenRa, Semenet -
02/11/2006 10:23
 
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Sai, Bata, che quel sentiero me lo sogno ancora la notte?
Non per il sentiero in se stesso, ma perchè c'è un passaggio veramente difficoltoso, specialmente per me che temo le vertigini. Hanno dovuto sostenermi in tre per poterlo passare...
A suo tempo Kiya ha inserito anche alcune foto.
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EgiTToPhiLo/a
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02/11/2006 18:21
 
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Quel sentiero lo conosco molto bene, l'ho percorso non meno di tre o quattro volte e sempri mi ha riservato sorprese bellissime, posti che non avevo notato la volta precedente, piccoli siti archeologici (il posto di guardia dei Megiau in cima alla montagna) e molti altri.

Conto di ripercorrerlo anche l'anno prossimo , è troppo bello!!!!

Approfitto per invitare tutti coloro volessero aggiungersi a me e mia moglie di farmi sapere, il mese è agosto.

Ciao, BATA. [SM=x822715]
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EgiTToPhiLo/a
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02/11/2006 18:27
 
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Re:
ma non fa troppo caldo ad agosto?

[SM=x822712]
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EgiTToPhiLo/a
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Colui che divenne Re
per onestà
02/11/2006 18:41
 
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In aprile le temperature sono presochè simili, il caldo è secco e l'umidità assente; da informazioni assunte da altri viaggiatori che frequentano il posto so che le uniche precauzioni da aggiungere sono quella di usare un cappello a tese larghe e avere sempre una scorta d'acqua un po' più abbondante.

A grandissime linee informo che mi fermerò una settimana a Luxor, cercando di uscire presto e essere in albergo a mtà pomeriggio (il periodo più caldo) e nella seconda settimana andare sul Mar Rosso (vi siete mai chiesti come mai tanta gente va in vacanza proprio in medio oriente nonostante si dica che in nel periodo di agosto : faccia CALDISSIMO??? [SM=x822741] ???).

Ciao, BATA [SM=x822715]

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