Dalla Presentazione di Silvio Curto
Chi si addentri nel Grande Tempio di Amon a Kamak incontra, dopo il grandioso IV Pilone d'ingresso e il V pure imponente, il VI, invece alquanto minore, che fu lelevato da Tuthmosi III: incisi sulle pareti di questo sono gli emblemi del-le genti da lui sottomesse - a sinistra quelle del Sud, della Nubia, a destra quelle "del Retenu Superiore (cioè dell'attuale Siria) che S.M. fece prigioniere nella miseranda città di Megiddo".
Più oltre, il visitatore percorre la Prima e la Seconda Sala degli Annali (in questa è inserita una cappella in granito di tempi tardi), così chiamate perché sulle loro pareti corrono incisi gli Annali - appunto - delle diciassette campagne di guerra condotte dal sovrano in Oriente, dal 1457 al 1437 a.C., in marcia da Suez verso nord fino a Tunip per 750 km, e poi da Tunip sino all'Eufrate per altri 50.
Si tratta di un testo già ben noto agli egittologi e agli storici dell'età antica -uscì pubblicato integralmente nel 1906, tradotto nel 1907 - che qui, però, Giacomo Cavillier per la prima volta ripercorre passo passo, per estrame intera la sostanza più sua, che è quella di un Giornale di guerra, testimone di una tecnica e arte della guerra elaborate sino a livelli finora insospettati.
L'analisi porta quindi l'Autore a sondare meglio, altresì, i motivi e gli esiti dell'impresa, quali presenti in più ampio scenario, egiziano e altresì orientale.
I motivi: nel XVI sec. si era addensata ad oriente dell'alto Eufrate una poten-za guerriera di caucasici; gli Khurri; questi avevano poi impreso a estendere domi-nio nell'alto Levante, allora formato di città libere e in buoni rapporti con l'Egitto. Di qui, e in definitiva, la minaccia per lo stesso Egitto di una nuova invasione stra-niera, come quella degli Hyksos, respinta da non molti anni in durissima guerra.
Gli esiti: Tuthmosi respinse alla fine gli Khurri al di là del loro antico confine, e ristabilì eccellenti rapporti con i principi locali dell'intero Levante, consolidan-doli in una sorta di protettorato.
L'esegesi del Cavillier tocca tuttavia un secondo traguardo. Per renderne conto vale una serie di considerazioni.
Il tono degli Annali è quello, appunto, di un Giornale di guerra, anche del giorno d'oggi, men che descrittivo, allusivo ai fatti. Gli Egiziani, avvezzi per loro forma mentale a tutto memorizzare, tanto più, quindi, curarono simili registrazioni di eventi così importanti. Un'altra fra le diverse testimonianze in proposito è il Bol-lettino di Qadesh di Ramesse II. Ad esse vanno accostate le menzioni ricorrenti nel Nuovo Regno di un "comandante-scriba dei soldati", molto probabilmente incaricato appunto fra l'altro, di redigere siffatti documenti. Il che esso faceva, ovviamente,
vergando il testo rapidamente, sul campo, su papiro - altrettanto fanno, m un rilievo conservato a Firenze, dei "reporter" in piedi dinanzi ad Horemheb.
Tuthmosi III volle però che il suo Giornale venisse riportato dal deperibile papiro sulla durevole pietra - secondo una prassi, peraltro, non rara nell'Egitto antico, da noi desumibile secondo i casi da diversi indizi, e attestata esplicitamente nella ben nota Stele di Shabaka o testo di Teologia menfita. Nel caso presente, il riporto è rivelato, se dal tono del testo cui si è accennato, dalla forma grafica, soltanto funzionale alla fissazione delle notizie, diversa da quella dei testi egizi costruiti appositamente per essere incisi su una stele o simili, secondo norma di arte epigrafica.
Tutte queste osservazioni non esimono, tuttavia, lo storico dal guardare agli Annali col sospetto, sistematico dinanzi a documenti del genere, che essi non contino omissioni o enfasi intese alla maggior gloria del rè. Sospetto legittimo, che però si attenua dinanzi alla collocazione degli Annali nel vestibolo del tempio tuthmoside, e dunque non alla vista al pubblico, ma quasi, semmai, presentandoli al dio protettore del sovrano. Sospetto che poi cade definitivamente dinanzi alla salda concatenazione delle notizie dei momenti operativi, messa in luce dal Cavillier.
Dalla Presentazione di Stefano de Martino
L'età di Tuthmosi III è un momento di grande importanza nella storia egizia-na del Nuovo Regno; infatti, in questo periodo, l'Egitto, da un lato, manifesta, una forte volontà di espansionismo e di affermazione della propria superiorità militare e politica in territorio asiatico, dall'altro deve fare i conti con la realtà intemazionale e deve accettare il principio dell'interazione con gli altri Grandi Regni del Vicino Oriente.
Tuthmosi III è il faraone che porta a pieno compimento la politica di imperia-lismo inaugurata dai suoi predecessori e assicura all'Egitto il dominio di una vasta area della Siria. Per fare ciò, egli è costretto a scontrarsi con quella che era la principale potenza della regione, cioè il regno hurrita di Mitanni. Le fonti su questo regno sono, purtroppo, ancora scarse ed è proprio la documentazione egiziana quella che ci da maggiori informazioni.
La battaglia di Megiddo, nella quale Tuthmosi dovette affrontare la resistenza di Mittani è, insieme a quella di Qadesh, una delle battaglie più ampiamente documentate della storia antica preclassica. La pace che seguì alle conquiste egiziane e che segnò una fase di cooperazione tra l'Egitto e Mittanni, analogamente a quanto avvenne successivamente tra l'Egitto e Khatti all'indomani della battaglia di Qadesh, assicurò prosperità a tutta la regione mediterranea e vide l'Egitto inserito pienamente nel contesto intemazionale del tempo.
La documentazione egiziana fornisce una ricca messe di dati sugli eventi di questo periodo; come è noto, però, le fonti antiche deveno essere sempre sottoposte ad un'accurata analisi, cercando di distinguere tra ciò che è frutto della volontà di propaganda e di autocelebrazione del sovrano estensore di ogni singolo testo e quanto, invece, può effettivamente rispondere alla realtà dei fatti. In questo caso, tale operazione risulta particolarmente difficile, perché non possediamo fonti mutamene da porre a confronto con quelle egiziane.
Il volume di Giacomo Cavillier si segnala per l'equilibrio con il quale l'autore ripropone una lettura delle fonti egiziane, offrendo una sintesi chiara e efficace ad un pubblico non solo di specialisti. La battaglia di Megiddo viene studiata sia con lo sguardo di un esperto di storia militare, sia con l'interesse dell'egittologo e dell'orientalista.
Leggendo le pagine di questo libro si può seguire il percorso che, grazie ai pri-mi sovrani della XVIII dinastia, ha portato l'Egitto a divenire un grande impero e, al tempo stesso, si viene a conoscere il principale rivale dell'Egitto, cioè il regno di Mittani, che, nonostante abbia avuto una notevole importanza a livello politico e culturale nel Vicino Oriente del Tardo Bronzo, è ancora poco noto al di fuori della cerchia degli studiosi di Orientalistica.
[Modificato da -Kiya- 11/01/2011 03:25]