Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Miti Egizi: "Ra e la distruzione del mondo"

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2006 04:36
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Sacerdotessa
di ATON
Thiatj

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27/08/2005 01:18
 
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Il mito del Diluvio Universale riportato nella Bibbia, trova riscontro in ambito sumero e babilonese; i testi riportati sulle tavolette in carattere cuneiforme narrano di un dio che comandò al protagonista della vicenda di costruire un’arca per evitare di perire durante il profondo sconvolgimento al quale il mondo sarebbe stato sottoposto.
Anche nella cultura egizia si ritrova un mito che alcuni studiosi hanno voluto avvicinare a quello del Diluvio. Nel racconto qui presentato, conosciuto come “Il libro della Vacca Celeste” e inciso sulle pareti delle camere sepolcrali di Sethi I, Ramesse II, Ramesse IV e sul tabernacolo di Tutankhamon, il dio Ra vuole punire il genere umano colpevole di aver tramato contro di lui. Egli, dopo aver chiesto consiglio ad altri dei, comanda alla dea Hathor-Sekhmet di uccidere tutti gli uomini ma, pentitosi, fa inondare la terra con birra colorata di rosso: la dea scambia per sangue, del quale è avida, la bevanda e se ne sazia ubriacandosi.
Il mito del Diluvio, così come lo si trova nella Bibbia e nella cultura mesopotamica, differisce da quello egiziano per spirito e particolari. Ra, ad esempio, al contrario del Dio ebraico, non è sicuro di se stesso ed ha bisogno, per agire, del consiglio di tutti gli dei. Particolarmente interessante è anche la seconda parte del racconto nella quale è spiegata l’origine del mondo secondo il mito nato nella città di Eliopoli. Va notato che la narrazione di come il Cielo venne separato dalla Terra scade in un episodio quasi satirico; alcuni studiosi perciò, hanno voluto leggere in questo testo l’intenzione di ridicolizzare lo schema eliopolitano della creazione.



RA E LA DISTRUZIONE DEL MONDO

Molti e molti anni fa, quando gli antichissimi sovrani che da millenni dormono all’interno delle loro piramidi non erano ancora saliti sul trono di Horus, Ra, il dio grande di Eliopoli, autogeneratosi all’inizio del mondo, regnava su uomini e dei.
Egli, però, invecchiò, pur se le sue ossa erano ancora simili all’argento, le sue carni all’oro, la sua chioma era come il lapislazzuli e gli uomini, credendo non fosse più in grado di governarli, cominciarono a complottare contro di lui. Quando il dio ebbe sentore di ciò che stava accadendo, sentì il cuore gonfio di tristezza; amava molto i suoi figli ed essi avevano da sempre immolato per lui vittime sugli altari e innalzato canti e preghiere. Il complotto, però, andava represso, perciò Ra fece un cenno ad alcuni servi.
“Andate a chiamare gli dei che mi sono fedeli. Fate che venga qui il mio Occhio, Shu, Nut, Geb e Tefnet; anche Nun voglio vedere e che porti con sé coloro che sono al suo seguito. Ricordate - continuò Ra - dite loro di venire di nascosto affinchè gli uomini non possano vederli.”
Così come il loro signore aveva comandato, i servi corsero dagli dei e portarono il messaggio del loro padrone. Essi si presentarono al suo cospetto, toccarono il suolo con la fronte davanti a lui e si misero ai suoi fianchi nella grande sala del palazzo, addobbata con splendidi tendaggi alle finestre e con pavimenti ricoperti da magnifici mosaici che ricordavano scene di vita palustre.
“Che cosa succede? - domandò Nun, il dio degli abissi, dal quale erano nati il Nilo e la pioggia - perché ci hai riuniti qui?”
“Che cosa ti preoccupa?” - chiese a sua volta Shu.
Con il viso tirato, Ra esitò qualche secondo prima di parlare - “Nun prediletto e voi tutti dei nati ai primordi quando ancora la terra non esisteva. Purtroppo è giunta alle mie orecchie una notizia che ha riempito di tristezza il mio cuore, e mai avrei creduto potesse verificarsi una simile situazione. Gli uomini nati dal mio occhio tramano contro di me, dicono che sono vecchio e non posso più governare con giustizia. La loro sete di potere li ha accecati ed i loro cuori sono diventati insensibili. Per questo vi ho riuniti qui: voglio da voi un consiglio su come sia meglio agire. Finchè voi non mi direte come sia meglio comportarsi, io non farò nulla contro gli uomini.”
Gli dei ammutolirono. Poi, Nun, le acque primordiali dalle quali era nata ogni cosa che esiste, prese la parola e parlò con voce ferma e sicura: “Ra, figlio mio, che sei più grande di me seppur ti ho generato, più forte di chi ti ha creato (1) . Siedi sul trono e sia prospero e stabile il tuo regno: grande è il terrore che regna quando il tuo Occhio, il Sole, marcia contro coloro che complottano contro di te.”
“Sono fuggiti nel deserto - ribattè Ra - terrorizzati ed evitando di ascoltarmi per paura delle mie parole”.
“Invia il tuo Occhio, - dissero in coro tutti gli dei - affinchè egli possa punire coloro che complottano contro di te. Nessun occhio è migliore del tuo per portare a termine questo compito. Lascia che si trasformi in Hathor e perlustri il deserto per te.”
Ra, agendo secondo i consigli degli dei, lasciò che il suo occhio, in forma di Hathor, si staccasse da lui. La dea con il capo sormontato da due splendide corna era sempre stata benevola e dolce. Ma quella volta ella si trasformò in un essere dalla collera terribile, che accolse con piacere l’ordine di Ra di punire gli uomini. Hathor andò nel deserto e compì inesorabile la vendetta su coloro che avevano complottato contro il suo signore. Seminò la morte e il terrore, dilaniò i corpi senza pietà, assetata di sangue ed in preda ad una incontrollabile voglia di uccidere. Lei stessa si stupì del cambiamento che stava avvenendo in lei, ma non smise nemmeno quando vide la terra coperta di cadaveri. Poi tornò da Ra e gli riferì circa l’esito della missione che lui le aveva affidato.
“Ora sii benvenuta nella pace, o Hathor; - disse il dio - per me hai portato a termine il compito che ti avevo dato e mi hai dimostrato la tua fedeltà. Per questo sarai chiamata Sekhmet, colei che è potente, e tutti dovranno temerti.”
“Mio signore, padre mio, che amo più di me stessa. Ho vinto gli uomini come è vero che tu vivi per me; ma sappi che non ho patito dolore nel compiere una simile strage, né ho provato pietà per il genere umano. Anzi, l’ho fatto con piacere, ho goduto alla vista del sangue, mi sono entusiasmata per ciò che ho fatto.”
Ra rimase sconcertato. Non desiderava la distruzione dell’intera umanità, ma solamente dare un avvertimento agli uomini, affinchè essi non scordassero chi era il loro signore. Così il dio fece venire i suoi messaggeri più veloci.
“Presto! - ordinò - andate nella città di Elefantina e portatemi un carico di ocra rossa e brillante.”
Furono subito approntati i cavalli più veloci e in ogni stazione di cambio puledri scalpitanti e robusti attendevano i messi; questi in poco tempo raggiunsero Elefantina ed organizzarono affinchè tutto fosse pronto nel minor tempo possibile per trasportare l’ocra che Ra aveva richiesto. Quando i messaggeri tornarono con la merce, il dio chiamò il Primo Sacerdote di Menfi.
“Dovrai pestare quest’ocra finchè non sarà diventata polvere - gli ordinò - solamente così potremo fermare Sekhmet preda di un insaziabile desiderio di morte.”
Le ancelle, nel frattempo, avevano messo a fermentare una gran quantità di orzo per ricavare buona e gustosa birra e, quando tutto fu pronto, l’ocra venne mescolata alla bevanda che assunse il colore del sangue. Infine furono riempite settemila brocche con il rosso liquido che vennero disposte in un grande magazzino all’interno del palazzo di Ra.
“Versate la birra nel luogo dove la dea ha intenzione di eseguire la carneficina, - comandò Ra quando, il giorno dopo, Sekhmet ricominciò la strage di uomini - affinchè io possa proteggere gli uomini dal suo furore.”
Così come il dio aveva ordinato, una fila interminabile di servi versò il contenuto delle settemila brocche sui campi, sulle sabbie del deserto, sugli alberi e sulle acque dei canali; ogni cosa assunse il colore del sangue e fu coperta per un’altezza di tre palmi.
Puntuale, Sekhmet si presentò; era assetata di sangue, desiderava continuare la sua strage per appagare quello strano impulso di morte che sentiva agitarsi al suo interno e, giunta sulla terra e vedendo ogni cosa coperta con la rossa bevanda, scambiò la birra per sangue.
Tratta in inganno, Sekhmet cominciò a bere con insaziabile piacere; la bevanda, però, cominciò a produrre l’effetto desiderato e la dea, ebbra, non fu più in grado di riconoscere gli uomini e nemmeno di infliggere loro la punizione.
Quando, trascorsi alcuni giorni, Sekhmet si rese conto che con gli effetti prodotti dalla birra anche la sua furia omicida ed il suo desiderio di sangue erano venuti meno, andò da Ra che la accolse presso di sé.
“Sono felice che tu sia tornata - le disse il dio - ora, finalmente, potrai nuovamente essere il mio Occhio e, come sole, darai la luce agli uomini. Da oggi in poi, inoltre, comando che in tutte le feste dell’anno le ancelle preparino per te bevande inebrianti affinchè sia appagato il tuo desiderio di sangue.”
E, come il dio aveva ordinato, accadde. Da allora, ogni anno, prima di celebrare le feste in onore di Hathor-Sekhmet, le ancelle cominciarono a far fermentare l’orzo, pigiarono le uve per il vino e Hathor fu riconosciuta come dea della birra e del vino.
Con il passare del tempo, però, Ra si accorse di non essere soddisfatto di come si era conclusa la vicenda. In fondo, gli uomini avevano tramato contro di lui ed egli, non avendo permesso ad Hathor di distruggere il genere umano, nutriva ancora verso di loro risentimento e rancore.
“Mi spiace, figli miei, - disse agli dei nuovamente riuniti nel grande salone del suo palazzo - per la collera che ancora alberga in me. Un dio che gli uomini hanno amato e al quale mai hanno scordato di portare offerte, dovrebbe dimostrarsi più clemente, lo so; ma purtroppo non posso fare nulla, né, tantomeno, voglio nascondervi che cosa prova il mio vecchio cuore ormai sopraffatto dal risentimento.”
Gli dei tacquero. Fu Nun che, dopo qualche istante, prese la parola: “Tu sei onnipotente, Maestà. Rassicurati.”
“Mio buon Nun, ti ringrazio. Le tue parole sono sempre gradite ed è dolce l’ascoltarti. Purtroppo, però, il mio corpo è debole come lo era ai primi tempi quando ancora non ero nato e non potrò essere così potente come ero, finquando non ricomincerà il ciclo della mia esistenza ed io non potrò rigenerarmi (2) .”
Nun amava moltissimo il suo signore e poiché il suo cuore soffriva terribilmente nel vederlo così afflitto e pensieroso, andò da Nut, la dea del cielo.
“Dovrai trasformarti in una grande vacca - le disse - così grande che coprirai con il tuo corpo ogni terra e quando le tue zampe anteriori si poseranno sull’orizzonte occidentale, quelle posteriori dovranno essere su quello orientale. Poi, prenderai sul tuo dorso il nostro signore nella sua forma di disco solare.”
“Come vuoi”, rispose la dea.
Quando gli uomini videro ciò che stava accadendo, si infuriarono con coloro che avevano tramato contro il dio: il sole si stava ritirando e scompariva all’orizzonte occidentale. Le tenebre cominciarono ad impadronirsi della terra, la avvolsero, ed ogni cosa sprofondò nel buio. Non si sentirono più le melodie degli uccelli, gli ibis non sostarono più nei campi; ogni luogo divenne insicuro, ogni angolo di strada fu territorio di briganti, i latrati dei cani portavano il terrore nei cuori.
Ma Ra riapparve all’orizzonte orientale e gli uomini, resisi conto della sua potenza e di quanto loro fosse necessaria la sua presenza, cominciarono a scagliare frecce e lance verso coloro che avevano tramato contro il dio. In breve, tutti i cospiratori furono identificati e uccisi.
Ra guardava soddisfatto dall’alto ciò che avveniva sulla terra. Si sentì nuovamente potente, avvertì la forza che scorreva nelle sue membra, la gioia traboccò nel suo cuore.
“Guarda, Nun: gli uomini mi amano ancora e mi hanno vendicato.”
L’altro dio sorrise compiaciuto: “Ne sono felice”:
“Voglio ricompensarli per ciò che hanno fatto; - continuò Ra - creerò le stelle e gli astri affinchè illuminino la notte e la loro luce permetta agli uomini di seguire il cammino anche quando le tenebre avvolgono la terra.”
Agli inizi tutto andò bene; ma poi il dio si accorse che le stelle e gli astri non erano così luminosi da poter vincere le tenebre. Nut, inoltre, a causa dell’altezza, cominciò a soffrire le vertigini e la testa prese a girarle. Ra, allora, chiamò altri esseri divini per aiutare la dea.
“Tu - disse rivolto a Geb, la Terra - ti distenderai sotto tua moglie e la sosterrai affinchè non abbia più vertigini. - Poi Ra chiamò Shu, l’Atmosfera - Tu invece, ti collocherai fra loro due; appoggerai i tuoi piedi su Geb e con le tue forti braccia sosterrai Nut.”
Gli dei si disposero così come il dio aveva loro comandato e Nut non ebbe più paura. Non tutto, però, era ancora sistemato. Occorreva dare la possibilità agli uomini di vedere durante le ore notturne, affinchè potessero seguire il loro cammino. Ra fece cenno a un servo e gli comandò di andare da Thot, il patrono degli scribi, colui che sa fare i conti, che calcola il tempo.
“Mio buon amico, - gli disse Ra andandogli incontro - ti ho fatto chiamare perché ho bisogno del tuo aiuto. - Il dio narrò a Thot quanto era accaduto - vedi, ora mi sono sistemato nel cielo; ma, poiché fornisco la luce all’aldilà, di notte ho privato gli uomini della luce del mio Occhio ed occorre provvedere. Inoltre non sono tranquillo quando non li posso vedere, poiché temo possano ancora complottare contro di me. Perciò ho pensato a te.”
“Dimmi ciò che devo fare, mio signore.”
“Mio buon Thot, ti ringrazio della tua disponibilità e devozione. Voglio che tu operi sulla terra al posto mio mentre io illumino l’aldilà; dovrai vegliare sugli uomini affinchè possano seguire il loro cammino e dovrai reprimere ogni nuova ribellione. Dovrai essere vigile, nulla dovrà sfuggirti e dovrai risolvere ogni controversia che potrà venirsi a creare; poi, al mattino, quando io tornerò, dovrai riferirmi ciò che è accaduto.”
“Ma come potrò essere presente in ogni luogo? Come potrò vincere il buio, mio signore?”
“Ti trasformerai in un magnifico ibis dalle piume nere come la notte, un becco lungo e stretto e gli uomini loderanno le tue azioni, ti porteranno offerte e ti eleveranno inni e preghiere. Avrai ali grandi e forti con le quali ti solleverai raggiungendo la parte più alta del cielo e potrai spostarti rapidamente. Come babbuino, invece, illuminerai la notte ed anche per questo gli uomini ti saranno grati. Mi rappresenterai e quando apparirai nel cielo gli uomini potranno ancor vedere attraverso le tenebre.”


(1) Nun, le acque primordiali, sono il “Padre” di Ra, ma Dio come Essere Primordiale è colui che creò se stesso.
(2) Ra, per rigenerarsi, deve nascere al mattino.

Fonte bibliografica:

Luvino - "La signora delle stoffe - Racconti e poesie d'amore dell'Antico Egitto" - L'angolo Manzoni Editrice

[Modificato da -Kiya- 12/05/2006 4.36]

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