Storia e Mnemostoria dell'Antico Egitto, ossia la storia per come recepita, nel tentativo di comprendere la storia per come stata.
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Frammento di lettura: "Tutankhamen" di Howard Carter

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2012 16:16
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di ATON
Thiatj

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29/05/2012 02:24
 
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L'apertura del sarcofago
"[...]
Molti strani episodi devono essere accaduti nella Valle delle tombe dei re, da quando divenne luogo di sepoltura dei faraoni del Nuovo Regno tebano, ma forse la scena cui stavamo assistendo non era la meno interessante e spettacolare. Per noi si trattava del momento supremo e culminante, che avevamo atteso sin da quando fu chiaro che le camere scoperte nel novembre 1922 dovevano costituire il sepolcro di Tutankhamen e non il nascondiglio delle sue suppellettili, come in un primo tempo si era pensato. Ciascuno avvertiva la solennità della circostanza e l'emozione per ciò che era sul punto di vedere, e cioè in che modo venisse sepolto un faraone dell'Egitto di trentatré secoli fa. Come avremmo trovato il re? Tutte queste cose passavano nella nostra mente durante quegli attimi di silenzio.

Il paranco per sollevare il coperchio era pronto. Diedi l'ordine di procedere. Nel più profondo silenzio la lastra, rotta in due e pesante oltre dodici quintali, si sollevò, lasciando che la luce irrompesse nel sarcofago. Ciò che vedemmo ci lasciò perplessi e leggermente delusi: tutto, infatti, era completamente ricoperto da un fine sudario di lino. Mentre il coperchio era ancora sospeso a mezz'aria, svolgemmo uno dopo l'altro i vari strati di lino e, quando l'ultimo venne sollevato, un profondo sospiro di meraviglia sfuggì dalle nostre labbra, tanto superbo era lo spettacolo che avevamo dinanzi: una effige dorata del re fanciullo, di meravigliosa fattura, riempiva tutto l'interno del sarcofago. Si trattava del coperchio di una splendida cassa antropomorfa lunga circa due metri, posata su un basso cataletto a forma di leone, e senza dubbio la prima di una serie di bare inserite l'una nell'altra e contenenti i resti mortali del faraone. Due dee alate, Iside e Neith, circondavano il magnifico monumento, e la loro ricca doratura su gesso brillava come il primo giorno. Un altro elemento rendeva ancora più affascinante il secondo sarcofago: mentre tutta la decorazione era in finissimo bassorilievo, la testa e le mani del faraone erano scolpite a tutto tondo, in oro massiccio, e l'insieme era di una bellezza che superava qualsiasi nostra previsione. Le mani, incrociate sul petto, impugnavano gli emblemi reali - il bastone e il flagello - decorati con ceramica blu. Il volto era modellato in modo stupendo in lamina di oro, mentre gli occhi erano in aragonite e ossidiana e le ciglia e le sopracciglia in vetro color lapislazzuli. C'era anche un tocco di realismo in questo secondo sarcofago, poichè mentre la parte rimanente, coperta di ornamenti piumati, era d'oro brillante, il volto e le mani avevano una lucentezza diversa, come se l'oro fosse di una lega differente, dando così l'impressione del pallore della morte. Sulla fronte della figura adagiata del re fanciullo si ergevano due emblemi lavorati delicatamente a intarsio, il cobra e l'avvoltoio, simboli dell'Alto e del Basso Egitto. Forse però la cosa più commovente, nella sua umana semplicità, era la minuscola ghirlanda di fiori disposta intorno ai due emblemi, e ci piace pensare che proprio questo sia stato l'estremo saluto recato dalla fanciulla, ormai vedova, a suo marito, il giovane rappresentante dei 'due regni'.

In tutto quello splendore e quella magnificienza regale (ogni cosa luccicava d'oro), non c'era nulla di più bello di quei pochi fiori appassiti, che ancora conservavano i loro colori. Sembravano dirci che poca cosa fossero, in realtà, tremila e trecento anni: nient'altro che ieri e domani. Un piccolo segno di umana spontaneità congiungeva così un'antica civiltà a quella moderna.

Dopo la scala, il corridoio, l'anticamera e la camera funeraria, i sacrari dorati e il nobile sarcofago, i nostri occhi si posavano finalmente sulla bara d'oro, che riproduceva la figura adagiata del giovane faraone, simbolo di Osiride oppure, a giudicare dal suo sguardo senza timore, simbolo dell'antica fede dell'uomo nell'immortalità. Molte e violente erano le emozioni che quella vista aveva suscitato nel nostro animo, e per la maggior parte inesprimibili a parole. Ma a tendere l'orecchio in quel silenzio, si sarebbe quasi potuto udire i passi spettrali del corteo funebre che si allontanava.

Risalimmo, con gli occhi bassi, quei sedici gradini che dovevano riportarci ancora una volta sotto l'azzurra volta del cielo, dove il sole è signore; ma nel nostro intimo eravamo tuttora avvinti allo splendore di quel faraone scomparso, con il suo ultimo appello scritto sul sarcofago, e che era rimasto impresso nelle nostre menti: 'O Madre Nut! apri le tue ali su di me come le Stelle Imperiture!' "
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